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Voce del NordEst

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ALLA SCOPERTA DELLA MOLDAVIA E DELLO STATO FANTASMA DELLA TRANSNISTRIA

DiLuigi Ferraro

Lug 25, 2025

Per questo nuovo viaggio ho scelto un paese nell’estremo est dell’Europa, la Moldavia e una meta finale insolita che pochi di voi conosceranno e molti neanche l’avranno mai sentita nominare, Tiraspol, capitale della autoproclamata Repubblica Moldava di Pridnestrov’e. Un lembo di terra sottile che si estende oltre il fiume Dnestr (Nistro), che separa di fatto la Moldavia dall’Ucraina. Dovevo arrivarci a tutti i costi, nonostante le raccomandazioni di non recarsi in quella zona. Il fatto che fosse considerata come la Nazione fantasma, unita alla sua romantica visione di un passato Sovietico, mi ha portato ad addentrami in quel luogo. 

Tutto a inizio da Chisinau, capitale della Moldavia. Città ancora non nota dal turismo, i pochi stranieri che incontro si riconoscono a pelle, sono i classici viaggiatori off-grid che vanno in cerca di posti da scoprire, dove le grandi masse ancora non sono arrivate, cercano il contatto con il territorio, le persone e la cultura locale in quella che sarà un’esperienza per arricchirsi interiormente. A dire la verità mi rispecchio non poco in questo movimento di piccoli esploratori solitari. Ho passato due giorni in città prima di dirigermi verso nord-est girando in lungo e largo per viverla intensamente, tra musei, parchi curati in modo maniacale e angoli segreti, alla ricerca delle radici della città, dove tracce del passato Sovietico sono ancora indelebili lungo gli immensi viali con i tipici condomini, palazzoni alveari. Il più imponente e famoso, al punto di diventare uno dei simboli della città, si trova lungo il Boulevard Dacia, all’ingresso della zona urbana arrivando dall’Aeroporto Internazionale: questa imponente struttura architettonica di cemento armato fu realizzata, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 per simboleggiare la porta di entrata della città. Dire immenso è riduttivo.

Il percorso verso la Transnistria, come immaginavo, mi fa godere di un paesaggio vario e affascinante. Distese immense di campi di grano, e girasoli che si perdono a vista d’occhio circondati qua e là da boschi e morbide colline che gli fanno da corollario, arricchite dalla presenza di laghi di un verde brillante e fiumiciattoli, sembra di camminare lungo una tela dipinta tanto è la bellezza che sprigiona. Attraverso piccoli villaggi con la classica architettura Moldava, piccole case sparse con tetti spioventi, con giardini e orti curati, in giro poche persone, con quelli che incontro ci salutiamo con un cenno della mano e via ognuno nella sua direzione. Arrivato alla frontiera oltrepasso la famosa terra di nessuno, passo un check point di soldati russi, dietro di loro nascosto nella boscaglia un vecchio blindato, non chiedono niente si va avanti fino allo sbarramento gestito dalle autorità separatiste. Il controllo per poi ottenere il visto di entrata qui è rigoroso, mi accodo alla fila in attesa e aspetto il mio turno, consegno il passaporto alla guardia addetta al controllo, in pochi minuti lo sfoglia pagina per pagina, minuziosamente come se cercasse qualcosa, per poi rilasciare un visto cartaceo di 12 ore. Alcune raccomandazioni e via posso entrare: eccomi in Transnistria la “Nazione Fantasma” la terra degli Sheriffi. Autoproclamatasi nel 1990 dopo una breve ma feroce guerra, come Repubblica Moldava di Pridnestrov’e assumendo come lingua principale il russo ed il rublo transnistriano come moneta.

Mi rendo subito conto che l’attraversare la frontiera per entrare in una zona non riconosciuta a livello internazionale potrebbe essere vista come una sorta di riconoscimento della stessa, tuttavia la Transnistria continua a funzionare come un’entità autonoma di fatto. In questo lembo di terra il tempo sembra essersi fermato, la sensazione è quella di trovarmi in un posto sospeso tra il passato e il presente. L’architettura fredda, imponente e grigia, tutto intorno è silenzio. Lungo le strade e le piazze dominano i monumenti di memoria sovietica dedicati per lo più a Lenin, dai cui occhi marmorei o bronzei ti senti veramente osservato in ogni angolo della città. Le ampiezze hanno invece il sapore dell’archittettura del razionalismo socialista che ha ispirato per anni tutta l’Europa dell’est. Un tempo lontano, che noi “occidentali” abbiamo ormai dimenticato qui diventa presente e mi restituisce la sensazione di stare davvero viaggiando nel tempo, sospeso in questa regione fantasma che, di fatto , poi mi ha letteralmente rapito. La prima città che incontro è Bender con la sua magnifica Fortezza, una roccaforte del XVI secolo, fa eccezione geograficamente essendo l’unica sulla sponda ovest del fiume Dniester a far parte della autoproclamata Repubblica. Oltrepassato il Dniester, visitato il primo memoriale con tanto di carrarmato, “stando attento a non riprendere la base russa sul lato opposto della strada” dedicato alle vittime della guerra del 1992. Arrivo a Tiraspol, passeggio lungo Lenin Street, dove piccoli locali alla moda stridono vicino a grandi edifici tipici delle capitali della vecchia Unione Sovietica rimasti gli stessi dell’era precedente il crollo. Qualche foto all’onnipresente statua di Lenin davanti al palazzo del primo ministro. Quello che mi colpisce è trovare ovunque affiancata alla bandiera verde e rossa con la falce e martello della Transnistria quella della Federazione Russa.Vedo poca gente in giro ed in gran parte sono anziani. La città inverosimilmente tranquilla, considerando che a 20 km da lì c’è un Paese impegnato in una guerra di cui loro non sembrano preoccuparsi. Il tempo è tiranno le ore passano e si avvicina il momento di uscita, non si può sgarrare altrimenti si rischia grosso. Prima di intraprendere la via del ritorno comunque ho il tempo per una breve sosta in uno dei ristoranti tradizionali lungo il viale, per rifocillarmi e assaggiare la cucina locale. Più che in un ristorante sembra di entrare in un museo dedicato al passato russo, appeso ai muri in ogni dove cimeli, foto e manifesti della propaganda del partito comunista della CCCP. A servire due ragazze anche loro vestite rigorosamente in stile sovietico. Sulla strada del ritorno vengo attratto da un altro mausoleo dedicato questa volta alle battaglie dell’armata russa nella seconda guerra mondiale, con tanto di foto serigrafate su enormi lastre di marmo nero. Arrivato al posto di confine in congruo anticipo, inizio la trafila dei controlli, al mio turno consegno il passaporto e permesso cartaceo tra le mani che escono da una finestrella del box degli addetti al controllo con vetri a specchio, non so quanto sia durato il controllo ma il fatto di non vedere il passaporto e il mio interlocutore, mi hanno fatto passare cinque minuti molto intensi. Ripassato il check point di soldati russi, rieccomi di nuovo in Moldavia, rasserenato.

Ritornato a Chisinau e con due giorni a disposizione mi sono preso il lusso di visitare le famose cantine di Cricova. Chiamarla cantina sarebbe riduttivo, con i suoi 200 km di gallerie e con una profondità di 90 metri, dove riposano più di 10 milioni di bottiglie provenienti da tutto il mondo: Cricova è a tutti gli effetti una città sotterranea. Stupefacente come la degustazione finale. Ora non mi resta che preparare lo zaino e lasciare questa magnifica terra. Vorrei chiudere il racconto di questo mio ultimo viaggio con una piccola ma significativa citazione di William Burroughs. “La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili”. Parole che mi spingono sempre a cercare sempre nuovi stimoli, per viaggiare e scoprire ogni angolo del Mondo.