“Un progetto sbagliato per il Paese, sul piano industriale, e per il Friuli-Venezia Giulia per l’impatto ambientale e le ripercussioni sul tessuto socio-economico del territorio.”
I presidenti nazionali, Stefano Ciafani e Luciano Di Tizio e regionali, Sandro Cargnelutti e Maurizio Fermeglia, delle due associazioni scrivono ai Ministri delle Imprese e del Made in Italy e dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per esprimere preoccupazione per il metodo, e soprattutto il merito, con cui si sta affrontando la proposta di costruzione di un polo siderurgico in Friuli-Venezia Giulia.
Sul piano industriale, si propone la costruzione di una nuova acciaieria, di rilevanti dimensioni, quando le crisi degli stabilimenti siderurgici di Taranto e di Piombino non vedono alcuna soluzione, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione diventata oramai cronica e tanti soldi pubblici buttati.
Il sito di Taranto, considerato impianto di interesse strategico nazionale, aspetta dal luglio 2012, anno del sequestro senza facoltà d’uso degli impianti a caldo, un Piano industriale che concretizzi le reiterate promesse di uno stabilimento capace di dare garanzie sul fronte ambientale, sanitario e lavorativo. Eppure, lo stabilimento jonico che è gestito da una società pubblico-privata, produce ancora inquinamento, la manutenzione degli impianti è carente mentre le perdite economiche le copre lo Stato. A Piombino l’acciaieria giace nel limbo da circa dieci anni, nonostante le continue manifestazioni e scioperi dei lavoratori e i finanziamenti pubblici erogati.
Un impianto siderurgico non è un piccolo supermercato, va ad incidere non poco sulla politica industriale di un paese manifatturiero come l’Italia. Per tale ragione le associazioni pongono ai rappresentanti del Governo italiano, due semplici domande: “E’ coerente con la politica industriale siderurgica di un paese industrializzato costruire una nuova e grande acciaieria senza aver risolto le due annose crisi degli stabilimenti di Taranto e Piombino? E, ancora, può il Governo non occuparsene e lasciare decisioni così importanti ad una sola Regione, visto l’impatto che avrebbe sui mercati dell’acciaio prodotto in Italia?
Per tali ragioni le associazioni ritengono che il progetto di acciaieria a San Giorgio a Nogaro sia sbagliato per il paese: si promettono circa mille posti di lavoro in Friuli-Venezia Giulia quando se ne mettono a rischio molte migliaia negli stabilimenti pugliesi, liguri e toscani.
Quanto all’impatto ambientale e alle ripercussioni economiche sul territorio, il progetto che andrebbe ad occupare oltre 70 ettari della zona industriale, nella cosiddetta Punta sud è confinante con la laguna di Marano e Grado, ambiente tutelato da norme comunitarie, regionali e dalla convenzione internazionale di Ramsar sulle zone umide.
L’assenza di una politica industriale e la contiguità con la Laguna, dovrebbe suggerire l’esclusione a priori di un insediamento di così grande taglia. Senza considerare inoltre le criticità, già denunciate dalle due associazioni, quali, ad esempio, l’impatto dei dragaggi che metterebbe in soluzione nell’ambiente lagunare i metalli pesanti presenti nei sedimenti e faciliterebbe la progressione del cuneo salino in un contesto già sottoposta a forte stress causato dal cambiamento climatico (c.d. marinizzazione della laguna). Il processo industriale produrrà inoltre una quantità importante di polveri sottili, scarti di lavorazione e rifiuti e un consistente produzione di CO2 che metterebbero definitivamente in mora l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica al 2045 decisa dalla Regione FVG.
Va anche segnalato l’insediamento, sull’asta del fiume Corno, di numerosi circoli nautici, porti turistici e cantieri navali, attività non secondarie per l’economia di tutto il territorio, che sarebbero in aperto conflitto con la realizzazione di un impianto siderurgico in stretta prossimità.
Si rende quindi quanto mai necessaria l’implementazione del PTI (Piano territoriale infraregionale) del Cosef (Consorzio per lo Sviluppo Economico del Friuli) con una chiara visione sostenibile dell’ecosistema logistico-industriale, una rideterminazione dei vincoli e delle aree di tutela tra laguna, linea di costa e area industriale (Feraul) e di una robusta gestione sostenibile per l’area, con servizi ambientali avanzati, innovazione e superando definitivamente il concetto di “vocazione siderurgica” per la stessa.
Legambiente e il WWF auspicano che il Governo faccia subito chiarezza sul progetto a beneficio delle comunità territoriali interessate e di tutto il Paese e si dichiarano disponibili a una interlocuzione sul tema.