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ASSOMUSICA, SPERA: “Di questo passo la filiera della musica dal vivo rischia il collasso”

DiRedazione

Lug 13, 2021

La denuncia dell’Associazione, che chiede alle Istituzioni risposte in tempi brevi

RIAPERTURE CONCERTI

L’Associazione chiede alle Istituzioni riposte in tempi brevi e più certezze su tutto il territorio nazionale per poter programmare le attività

IL PRESIDENTE VINCENZO SPERA

“Di questo passo la filiera della musica dal vivo rischia il collasso”

Dall’inizio della pandemia, Assomusica, l’Associazione degli Organizzatori e Produttori di Spettacoli di Musica dal Vivo, ha portato avanti un costante confronto con le Istituzioni, condividendo le principali esigenze del settore della musica dal vivo sul tema delle capienze degli eventi e sull’assoluta necessità di avere meno deroghe e più certezze regolatorie su tutto il territorio nazionale. Certezze, tuttavia, che tardano ad arrivare, come sottolinea la stessa Associazione.

«In queste ultime settimane stiamo assistendo alle riaperture totali delle attività: di fatto non esistono regole, non ci sono disposizioni controllabili ed applicabili nel rispetto delle norme in vigore o dei DPCM. Gli unici che sono soggetti ad autorizzazioni specifiche per ciascun evento sono proprio gli operatori del settore della musica dal vivo. Questa situazione sta provocando delle gravi conseguenze» dichiara Vincenzo Spera.

«In ogni Regione, in ogni Comune, vengono adottati provvedimenti completamente diversi che rendono assolutamente problematico poter lavorare. A questo si aggiungono le difficili condizioni in cui ci siamo trovati ad operare fino ad oggi, a causa dei limiti di capienza, che consentono a stento di riuscire a sostenere i costi, costringendoci, purtroppo, anche a ridurre il più possibile la forza lavoro che può contribuire alla realizzazione degli spettacoli» denuncia il Presidente di Assomusica.

«In alcuni contesti, nelle piazze o addirittura nell’ambito di manifestazioni gratuite promosse dagli Enti Pubblici, si festeggia senza restrizioni, mentre chi fa impresa e rischia in prima persona, è costretto, probabilmente, a fermarsi di nuovo. Un tale stato di anarchia generale non può di fatto consentire l’effettuazione di tournée, provocando, inoltre, un completo senso di disorientamento nel pubblico che confuso dalle diverse modalità di partecipazione stenta ad acquistare i biglietti. Infine, non si comprende perché nelle zone gialle può esserci una deroga, e quindi un aumento di capienza, mentre nelle zone bianche, che dovrebbero essere più sicure, c’è un limite imposto che non prevede né provvedimenti né richieste in deroga, secondo molte Regioni.

Già da oltre un anno abbiamo sottoposto dei protocolli, adottati anche con successo la scorsa estate, ma purtroppo, per questa stagione, non abbiamo trovato risposte dalle istituzioni e dalle pubbliche autorità, la nostra voce è rimasta inascoltata, determinando pertanto l’attuale difficile e confusa situazione generale.

La discussione di una norma che tuteli il welfare dei lavoratori intermittenti, privi di tutele, non può essere l’unica soluzione prevista dallo Stato per risolvere le problematiche del mondo dello spettacolo dal vivo: bisogna anche pensare a chi pagherà di fatto questo welfare se le aziende che impiegano questi lavoratori non hanno i soldi per poter assumere il personale o non possono pagarlo o non hanno modo di farlo lavorareIl rischio è di arrivare a un collasso totale della filiera.

Non dimentichiamo che dall’1 gennaio fino a questi giorni siamo stati costretti ad una chiusura totale, come pochi, ma nessuna misura di “risarcimento” è stata ancora annunciata.

Riteniamo opportuno che il prima possibile si proceda ad una programmazione delle nostre attività anche in previsione della stagione autunnale e che, come sta avvenendo in molti paesi europei, venga messo a disposizione del settore un fondo di garanzia per eventuali perdite economiche in caso in cui le attività legate ai concerti vengano improvvisamente sospese/annullate e a coprire i costi sostenuti a causa della limitazione capienze » conclude Spera. «Il nostro settore non è finanziato dalla Stato e, proprio per questo motivo, abbiamo bisogno di una risposta in tempi brevi da parte delle istituzioni».

Di Redazione

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