È boom di bollette luce e gas con prezzi fuori controllo: l’ing. Mirko Sitta, esperto di controversie in questo campo, spiega come reagire e richiedere al gestore lo storno di quanto non dovuto.
Livorno, 22 aprile 2024 – Negli ultimi due mesi, il fornitore luce e gas più grande, a livello nazionale, è assurto agli onori delle cronache per parecchi casi, segnalati da utenti finali, in cui ha applicato alle loro bollette del gas un aumento del costo della materia prima eccessivo, rispetto alle condizioni di mercato. Da allora, è stato un crescendo di nuovi casi di tariffe “anomale”.
Anche a SagMe (www.sagme.it), società leader in Italia nella gestione professionale delle utenze luce e gas, sono giunte segnalazioni in merito da parte di vari clienti, sia per il gas sia per la luce.
Per questo vogliamo spiegare come fare per reagire a questa situazione intollerabile con l’aiuto dell’ingegnere Mirko Sitta, amministratore e fondatore della SagMe, nonché esperto di lungo corso nel settore delle forniture energetiche e delle controversie con i fornitori.
Ing. Sitta, innanzitutto di che importi stiamo parlando, giusto per capire?
«Il primo caso a me noto dai media è stato quello di un’anziana residente a Scorzè (VE), che ha ricevuto due bollette del gas da “infarto” relative ai mesi invernali per un totale di circa 6.500 euro, con importi più che quadruplicati rispetto all’inverno precedente. Un secondo caso è stato quello di una “nonnina” di Padova che ha ricevuto una bolletta di 2.452 euro di gas per un consumo identico all’anno precedente, quando la fattura emessa dal gestore fu di poco più di 600 euro. Altri casi eclatanti ci sono stati segnalati da persone che ci hanno contattato e da nostri clienti».
Dunque non si tratta affatto di pochi casi isolati…
«No perché, a parte i casi limite citati, ci risulta – come peraltro confermato da varie associazioni di consumatori già alcune settimane fa – che siano davvero numerose le famiglie italiane ritrovatesi quest’inverno a passare da una tariffa molto conveniente proposta dal fornitore a un prezzo a metro cubo totalmente fuori mercato, causato da una decisione unilaterale da parte dello stesso fornitore. Una signora, addirittura, ci ha inviato le bollette del gas dei suoi genitori over 75 – e quindi clienti “vulnerabili” – che mostrano un aumento di circa 4 volte del prezzo della materia prima nel bimestre novembre-dicembre 2023 rispetto al medesimo bimestre dell’anno precedente».
Ci spiega come mai si sta verificando una situazione del genere?
«Si tratta di offerte commerciali che il fornitore in questione, come altri suoi competitor, ha posto sul mercato nel 2021-2022 senza andare a fare le corrette previsioni sugli andamenti energetici. All’epoca, ha così acquisito grandi quote di mercato soprattutto fra i clienti domestici, applicando dei prezzi che stavano nella parte bassa del mercato a livello di costi della materia prima. Via via, però, allo scadere dell’offerta contrattuale hanno aggiornato i prezzi, ha comunicato – ma non per raccomandata né per PEC, bensì attraverso uno dei canali permessi da Arera, cioè su una pagina della bolletta – ».
Peccato, però, che nessun cliente abbia fatto caso a questi avvisi…
«Già. Il punto è che nessun consumatore va a vedere la terza o la quarta pagina della fattura luce o gas, dove vengono sempre elencate tutta una serie di voci di costo, le modalità di rateizzazione, nonché aggiornamenti vari; tutte cose che poi, periodo per periodo, sono quasi sempre le stesse. Il problema è che a un certo punto, proprio nel periodo successivo a novembre 2023, tutti questi consumatori si sono trovati un costo della materia prima che è totalmente fuori mercato».
È una pratica normale quella applicata dal fornitore in questione?
«No. Per quanto riguarda il gas, il fornitore corre seriamente il rischio di venire accusato anche dall’Authority di guadagni illeciti perché, quando il costo del gas metano è andato a valori compresi tra gli 0,25 e 0,28 €/Smc del periodo gennaio-febbraio 2024, ha fatturato la materia prima fino a 3 €/Smc, e quindi c’è stato un guadagno spropositato rispetto al mercato. Questa non è marginalità, è qualcos’altro, e non può essere tollerato né dai clienti finali né dalle autorità che devono vigilare il mercato e che, in tale occasione, sembrano avere candidamente dormito».
Ci sono stati casi analoghi anche per la luce?
«Purtroppo sì. Posso citare ad esempio il caso di un nostro cliente, al quale il fornitore in questione ha fatturato l’energia elettrica a un valore pari a 408,16 €/MWh, fisso e invariabile sul periodo contrattuale e su tutte le fasce di consumo. Ma nel mese di gennaio il Prezzo Unico Nazionale (PUN), che è il prezzo di vendita dell’elettricità praticato sulla Borsa di riferimento, in fascia F1 era di 109,65 €/MWh e in fascia F3 di €/MWh 89,06; per cui, su quest’ultima fascia, il rialzo del prezzo da parte del fornitore è stato del 458,30%, ovvero di circa quattro volte e mezza».
Ciò di cui si parla riguarda solo un grosso fornitore o anche altri?
«In realtà, anche altri. Che lo sappia, infatti, altre società di vendita dell’energia hanno avuto grandi problemi sulle piccole Partite IVA, alle quali nel 2021-22 hanno fatto offerte commerciali inarrivabili per tutti gli altri, in quanto avevano previsto un rialzo dei mercati. Però quando, dall’ottobre 2022 in poi, i prezzi sono schizzati in alto, quelle società di vendita hanno dovuto mantenere le proprie offerte commerciali a quei prezzi, e quindi ci hanno rimesso un sacco di soldi».
Il tipo di contratto sottoscritto dai clienti coinvolti era indicizzato o a prezzo fisso?
«Erano contratti a prezzo fisso a prezzi interessanti per il cliente finale. Anche noi a suo tempo ne avevamo opzionati alcuni per i nostri clienti, perché avevamo previsto un rialzo dei prezzi nel tempo, e quindi quei contratti erano effettivamente molto buoni per gli utenti. Non si tratta perciò di un’incapacità dei fornitori di leggere il mercato: avevano la necessità di aumentare il numero di clienti, dovevano arrivare a un loro obiettivo di budget e pertanto non potevano che presentare offerte di quel tipo al fine di espandere la propria clientela».
Alcune associazioni di consumatori puntano sul fare ricorso all’Acquirente Unico per transare queste posizioni con il fornitore. Cosa ne pensa?
«È una strada percorribile, ma a mio avviso sarà più facile che ci possa essere un intervento di Arera stessa verso la posizione assunta dal fornitore per fare in modo che questi clienti possano riavere indietro i soldi spesi in eccesso rispetto ai valori di mercato. Il punto, infatti, è che hanno pagato la materia prima a un prezzo dalle 6 alle 10 volte più alto di quello del mercato e quindi, secondo me, si configura un guadagno eccessivo da parte del fornitore. Nel frattempo, però, le bollette devono essere pagate, purtroppo: questo lo dice il Codice Civile e lo prevede anche Arera; una fattura emessa può essere impugnata, ma deve essere sempre prima pagata».
In pratica, il cliente finale come dovrebbe comportarsi?
«Bisogna inviare al fornitore una lettera appositamente costruita perché il pagamento sia un pagamento all’interno di un livello di prezzo del mercato, reclamando quindi una nota di credito sulla parte rimanente. È quello che noi, avendo ormai un’esperienza pluriennale su questo tipo di problematiche, stiamo per cominciare a fare sui clienti che ci hanno chiesto un aiuto in tal senso, che purtroppo non sono affatto pochi; ma, a mio avviso, questo problema riguarda quanto meno parecchie migliaia di utenti a livello nazionale».
Dunque ci sono i presupposti per richiedere la revisione delle fatture…
«Sì perché, a differenza di quanto accaduto nel 2022, in questo periodo non vi sono stati eventi o fattori preventivabili che potessero incidere sull’accordo raggiunto fino a farlo diventare sconveniente per una delle due parti. Inoltre, la variazione di prezzo è stata applicata unilateralmente, privando di fatto il cliente finale della possibilità di giudicare l’applicazione dei nuovi costi da parte del fornitore. In caso di risposta insoddisfacente o addirittura assente alle proprie motivate richieste, è possibile far pervenire l’intera documentazione ad Arera, e richiedere alla stessa un intervento per vedere tutelati i propri diritti nelle sedi opportune».
A tale proposito, esiste sempre l’istituto della “conciliazione”…
«Certo, la conciliazione è sicuramente una possibilità prevista da Arera e ben vista anche da un eventuale giudice successivamente. Il piccolo consumatore è protetto pure dalla normativa, dalle leggi legate proprio a coloro che non hanno la capacità di trattare una fornitura: non sono infatti clienti industriali che consumano gigawattora di energia elettrica. E se il fornitore – cosa assai probabile – non ha esplicato chiaramente le conseguenze dell’aumento di prezzo su quel dato cliente finale, a mio avviso il codice del consumo arriva in suo soccorso».
Cosa possono fare i lettori che non sanno se la loro bolletta è “onesta”?
«Bisogna che trovino qualcuno che gli controlli il costo della materia prima della bolletta domestica o aziendale, cosa che noi di SagMe facciamo gratuitamente se ci vengono inviate, così da valutare in dettaglio il caso specifico. Inoltre, ri-simuliamo una fattura ad un prezzo comunque alto ma plausibile con i livelli di mercato e scriviamo al fornitore dicendo: “caro fornitore, fin qui io arrivo a pensare che possiamo darti, ma oltre no…”. Anche perché ci sono padri di famiglia, come qualcuno che ci ha chiamato in questi giorni, che non stanno dormendo la notte perché magari si sono trovati fatture da migliaia di euro quando in casa loro entra uno stipendio solo».
Insomma, far valere le proprie ragioni contro certi soprusi è possibile…
«Sì, ma serve la mano di un esperto in termini energetici che ri-simuli le intere bollette, le intere fatture, come facciamo noi di SagMe; e dopodiché sia in grado, come facciamo con i nostri legali – che sono formati su questa parte del “codice di servizio”, del Codice Civile e dei codici secondari definiti da Arera – di stabilire delle linee di difesa per i nostri clienti finali. Proprio grazie a questa nostra competenza ed esperienza specifica succede, specie se la controparte sa di essere in difetto e di aver agito in modo abbastanza “prepotente”, che tante nostre pratiche si risolvono in realtà prima di arrivare in giudizio, per la soddisfazione dei nostri clienti».