Il 28 febbraio scorso la Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia e il Comune di Monfalcone hanno approvato l’accordo con A2A per investire decine di milioni di euro in un nuovo impianto che brucerà combustibili fossili per i prossimi decenni, in barba all’emergenza climatica. Ipotecando per decenni l’utilizzo più razionale dell’area per l’estensione di attività portuali e per creare un distretto per le energie rinnovabili, continuando ad imperversare con un grande impianti industriale a ridosso delle abitazioni e a meno di 2 km dal centro della città.
Il programma prevede la sostituzione della centrale a carbone con una nuova centrale termoelettrica a gas metano e alcune opere di compensazione e allude alla possibilità di utilizzare “idrogeno verde”. Legambiente intende precisare che:
● La chiusura di una vecchia centrale a carbone è chiaramente una notizia positiva per tutti coloro che abitano nei dintorni (almeno 30.000 persone nel raggio di pochi km) e per l’ambiente (il carbone è uno dei peggiori combustibili fossili in termini di emissioni climalteranti e di polveri sottili). Però la Regione non può attribuirsi il merito di questa operazione. La chiusura è dovuta principalmente a ragioni industriali (l’impianto è ormai obsoleto e la chiusura è ampiamente programmata dal Piano Nazionale Energia e Clima – PNIEC) e dalla scadenza dell’autorizzazione ambientale che non potrà essere rinnovata;
● Le opere di dismissione, che richiederanno almeno 4 anni, con ingenti investimenti a carico di A2A, non sono merito di alcuno ma sono la normale chiusura di un progetto industriale;
● È privo di senso definire questa operazione Transizione energetica o decarbonizzazione (che significa eliminazione dei combustibili fossili, gas naturale compreso!). La costruzione di una nuova centrale termoelettrica a gas è un’operazione anacronistica, inutile e anzi dannosa. Il gas metano è un combustibile fossile, la sua estrazione, il trasporto e la combustione causano emissioni che contribuiscono enormemente al cambiamento climatico. Inutile perché l’Italia non ha bisogno di nuova capacità di generare energia elettrica con il gas metano: esistono numerosi impianti sottoutilizzati e ci sono più di 100 gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione. Infine, il progetto è stato concepito alcuni anni fa, contando su forniture di gas metano dai metanodotti che arrivano dall’Est e su prezzi molto più bassi di quelli attuali o prevedibili per il futuro. Il danno, non immediatamente percepibile ma reale e persistente, è che un nuovo impianto a gas verrà finanziato con gli incentivi pubblici del “capacity market”, l’unico strumento in grado di rendere queste centrali climalteranti e inquinanti convenienti dal punto di vista economico, che costerà ai cittadini di questo Paese 15 miliardi di euro nei prossimi 15 anni; questi investimenti sono del tutto anacronistici rispetto alla direzione che sta prendendo il Mondo visti gli obiettivi climatici, ma anche nei confronti della crisi sociale ed energetica, oltre a rappresentare una mancata opportunità per Monfalcone di sviluppo sostenibile ed innovazione per il territorio;
● Le opere di compensazione (si parla di edifici e piccoli impianti fotovoltaici sono sempre dovute a fronte di investimenti che causano danni ambientali e sociali. Sono appunto una piccola parziale compensazione (non certo un merito di chicchessia);
● Il comunicato stampa della Regione contiene due goffi tentativi di “greenwashing”, cioè di attribuire al progetto delle caratteristiche ambientali positive che non ha. Si legge che la nuova centrale termoelettrica a gas potrebbe in futuro accogliere una quota di idrogeno verde. Il condizionale, la mancanza di dati e la frase sibillina “ compatibilmente con la disponibilità sul mercato” indicano che si tratta di un’ipotesi campata in aria, non più che uno specchietto per le allodole per far passare nell’opinione pubblica un impianto enormemente dannoso per il Clima: sarebbe stato più sincero dire che, se sarà economicamente conveniente, tra 10, 15 o 20 anni, questo impianto brucerà oltre al dannoso gas metano, anche pregiato idrogeno prodotto a caro prezzo con contributi pubblici. Oltretutto, sarebbe opportuno indicare quale dovrebbe essere l’utilizzo finale di questo vettore
energivoro.
Vogliamo, infine ricordare ad A2A e Regione che non si può prendersi gioco così platealmente della Transizione energetica, usando questo termine a casaccio. Esempi veri e non farlocchi di Transizione energetica in Italia ce ne sono quanti se ne vuole: il più grande impianto in Europa di produzione di pannelli fotovoltaici a Catania da parte di ENEL, vari impianti di recupero di preziosi materiali dai pannelli fotovoltaici a fine vita, grandi potenzialità, in particolare proprio per questo sito, di realizzare sistemi di accumulo dell’energia…insomma, proprio quel distretto delle Rinnovabili e dell’Economia circolare invocato da anni da Legambiente, ignorato da A2A e Regione, che lasciano ad altri soggetti industriali e ad altri territori il ruolo guida per una reale transizione energetica.
Fonte : Legambiente del Friuli Venezia Giulia