Presentato il volume di Cargnelutti e Santoro che, con testi e immagini, racconta 100 anni della siderurgia regionale
«La sede di CrediFriuli è stata costruita su parte del sedime delle ex Officine Bertoli e, inoltre, tanti degli 800 operai della fonderia provenivano da molti Comuni dove operava la banca e si relazionavano, economicamente e finanziariamente, con la stessa», ha detto Stefano Fruttarolo, presidente di CrediFriuli, aprendo la serata svoltasi presso la sede della banca, dedicata alla presentazione del prestigioso volume: “Officine Bertoli. Una famiglia, un’azienda, un territorio”, edito da Gaspari (seconda edizione), per sottolineare lo stretto legame tra l’Istituto di credito friulano e i luoghi dove operava un’industria che ha segnato la storia della manifattura regionale.
Prima delle autrici, Liliana Cargnelutti e Mariagrazia Santoro, il professor Andrea Cafarelli, ordinario di Storia Economica e Prorettore Vicario dell’Università di Udine, ha sottolineato come l’acciaio sia stato e sia tuttora un materiale strategico per la crescita economica mondiale essendo il secondo prodotto più diffuso, dopo il cemento. In Italia, priva di materie prime, la siderurgia ha avuto successo grazie alla creatività dei suoi imprenditori, alla ricerca e alla qualità del prodotto finale, inserito in una filiera circolare. Difatti, il 90% dell’acciaio prodotto nel nostro Paese proviene dal recupero del rottame ferroso. Un’intuizione determinante anche per il successo della Bertoli che, non a caso, veniva definita l’”acciaieria senza ciminiere”.
L’archivista Cargnelutti ha esposto la storia familiare dell’impresa, partita con un battiferro di Molin Nuovo, acquistato da Rodolfo Bertoli nel 1880, per poi espandersi fino all’attuale strada statale Pontebbana. Una crescita continua, gestita dal figlio e capitano d’industria Rinaldo, con in tasca la laurea di ingegnere acquisita nel 1949. Un convinto europeista, molto impegnato in politica e nel sociale, che aveva creato un mercato internazionale per i manufatti che uscivano dalle sue Officine, a nord di Udine. Dopo il terremoto del 1976 e il decesso dell’ingegnere, avvenuto nel novembre del 1979, il destino delle Officine, però, è segnato.
L’architetto Santoro ha preso in esame l’evoluzione immobiliare del sito il quale, al momento della sua massima espansione, su 32 ettari di proprietà ne contava ben 10 coperti da edifici vari. Un’area che, nel tempo, ha cambiato decisamente destinazione, passando da industriale (sull’asse della Pontebbana, fino alla fine degli anni Settanta del Novecento, non era operativa solo la Bertoli), a commerciale, com’è attualmente.
Alla presentazione della pubblicazione, erano presenti le due figlie di Rinaldo Bertoli, Francesca e Caterina, oltre a molti Sindaci di un territorio che ha tratto ampio giovamento dai flussi occupazionali generati dall’acciaieria della quale rimangono, oramai, solamente pochi manufatti visibili.
