L’artista veneto in mostra alla VII The Wrong Biennale, selezionato per 7 padiglioni internazionali tra intelligenza artificiale, mostre virtuali e ambasciate fisiche
L’artista multimediale, residente a Fossalta di Piave e originario di San Donà di Piave, Enrico Dedin è tra i protagonisti della settima edizione di The Wrong Biennale, la manifestazione internazionale decentralizzata riconosciuta come la più estesa biennale dedicata alla cultura digitale e alle nuove estetiche del contemporaneo.
Dal 1° novembre 2025 al 1° marzo 2026, The Wrong nº7 presenta un ecosistema diffuso di padiglioni online e mostre fisiche in diversi paesi del mondo, con l’obiettivo di promuovere un dialogo globale sull’arte nell’era dell’intelligenza artificiale.
Dalla sua prima edizione nel 2013, la Biennale ha riunito oltre 10.000 artisti e curatori, ha ricevuto la menzione d’onore S+T+ARTS della Commissione Europea, è entrata a far parte dell’International Biennial Association ed è stata ospitata da istituzioni come il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Britain di Londra, il Centre del Carme di Valencia, lo ZKM Zentrum für Kunst und Medien di Karlsruhe, il Centro de Cultura Digital di Città del Messico e il SESC di San Paolo.
In questo prestigioso contesto, Enrico Dedin prende parte a ben sette padiglioni internazionali, con opere che spaziano dalla videoarte all’AI Art sino a installazioni virtuali immersive, delineando una riflessione profonda sul rapporto tra umano, tecnologia e ambiente.
Padiglioni e opere

Nel padiglione The Distance of Blue, curato da Ping Ho, Dedin presenta The Photo Hunters, un lavoro audiovisivo che indaga l’atto del guardare e la costruzione dell’immagine in un contesto in cui la visione, contaminata dall’overtourism, è costantemente mediata da dispositivi digitali. L’opera si inserisce in una riflessione corale sul senso della distanza — fisica, percettiva e culturale — che caratterizza la contemporaneità iperconnessa.
Nel padiglione The Doughnut (W)Hole Pavilion, ideato da Kim Shaw con la collaborazione di Sarah Jane Field, l’artista espone NR Code, un lavoro che riflette sulla sovrainformazione e sulla de-realizzazione del paesaggio urbano attraverso azioni concettuali reiterate metodicamente. L’opera è stata presentata anche nella mostra fisica presso Hapex Living Room a Londra, sottolineando la dimensione intermediale e partecipativa della manifestazione.
Il suggestivo padiglione Prima Materia, curato da Xristina Sarli, accoglie Fungi-Fi, un progetto cross-mediale che immagina, in un futuro distopico, la rete micorrizica come nuovo canale di connessione wireless, evidenziando il vizio antropocentrico dell’umanità di pensare l’ambiente solo come risorsa da sfruttare. Per l’occasione, Fungi-Fi è presentata in una nuova veste immersiva, in un esplicito cortocircuito tra arte, comunicazione e branding. Questo padiglione si configura come un labirinto vivente, un ground zero elementare dove i miti si mescolano al calcolo e le intelligenze non umane gesticolano verso storie di origine e rigenerazione che trascendono l’umano.
Nel padiglione Ghosts in the Machines, curato da Matteo Campulla, Dedin presenta F.A.Q. Frequently Art Questions, un video sviluppato in dialogo con un chatbot di intelligenza artificiale, che riflette sull’importanza di porre domande piuttosto che cercare risposte. Il padiglione è visibile online e presto anche in mostra fisica a Milano, confermando il legame tra spazio virtuale e reale al centro della Biennale.
Con The Last Supper, esposta in première mondiale nel padiglione Coded Feelings curato da Yichun Yao, Dedin rilegge in chiave postmoderna il simbolismo dell’Ultima Cena, interrogandosi sui miti e i vizi della contemporaneità attraverso un pasto rituale in cui la necessità biologica di nutrirsi si equipara all’azione del pensare.
Nel padiglione Flow, curato da Bela Balog e ospitato presso la David Art Gallery di Budapest, è invece presentata Socialhenge, anch’essa in première mondiale. L’opera video mostra come l’iconico sito di Stonehenge, durante il solstizio d’estate, si trasformi da osservatorio astronomico neolitico a iperluogo del turismo di massa nell’Antropocene.
Infine, nel padiglione Compost, curato da Ricardo Bodini, Camila Jordan e MarkleSparkles, l’artista partecipa con materiali di ricerca e contenuti AI scartati da progetti precedenti come The Last Supper, utilizzati come riflessione sul valore dell’errore e sul riuso creativo del dato generato artificialmente.
Un percorso in evoluzione tra Arte, Umanesimo e Intelligenza Artificiale
Con oltre settanta esposizioni all’attivo tra musei, gallerie, festival e spazi indipendenti in Europa, Africa, Asia e Americhe, Enrico Dedin si conferma tra le voci italiane più attente al dialogo tra arte e tecnologia.
Quest’anno infatti è stato incluso nel libro di storia dell’arte contemporanea “L’arte del XXI secolo. Temi, linguaggi, artisti” a cura di Viviana Vannucci, che ne riconosce la capacità di coniugare ricerca estetica e riflessione critica sulle trasformazioni digitali del presente.
Nel 2024 è stato invece invitato a rappresentare l’Italia alla prima storica Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Durazzo, anch’essa dedicata al tema dell’AI, confermando la sua rilevanza all’interno della scena artistica contemporanea legata al digitale e alla sperimentazione critica dell’intelligenza artificiale.
La partecipazione a The Wrong Biennale nº7 si inserisce in un percorso coerente e in continua evoluzione, che posiziona Dedin come una delle figure emergenti nel panorama dell’arte digitale internazionale, capace di unire profondità concettuale, sperimentazione tecnologica e visione umanistica del futuro.
