Domenica 23 novembre unica data veneta per “La Milonga del Fútbol”. Al Teatro Sociale di Rovigo Federico Buffa inaugura Musikè, la rassegna di musica, teatro, danza della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con un viaggio tra emigrazione, tango e calcio insieme a Mascia Foschi e Alessandro Nidi.
Al Teatro Sociale di Rovigo il calcio non si guarda, si ascolta. Con La Milonga del Fútbol Federico Buffa ha inaugurato, domenica 23 novembre, la nuova stagione di Musikè, la rassegna di musica, teatro, danza della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, portando in scena, come unica data veneta, un vero e proprio ritratto teatrale del calcio argentino, dove il pallone diventa lo spunto per parlare di emigrazione, identità e sentimento collettivo.
Guidato dalla regia di Pierluigi Iorio, Buffa è affiancato sul palco dall’attrice e cantante Mascia Foschi e dal pianista e arrangiatore Alessandro Nidi, già collaboratore di Paolo Conte. Voce, musica e canto costruiscono una partitura scenica in cui le vite di Renato Cesarini, Omar Sivori e Diego Armando Maradona si rincorrono come traiettorie incrociate, con continui salti in avanti e indietro nel tempo che mettono in dialogo tre epoche diverse del calcio argentino.

La struttura dello spettacolo è quella del viaggio. Si parte da Buenos Aires, città “di tutti e di nessuno”, dove sbarcano i migranti italiani con un bagaglio minimo e una vita da reinventare. Nei conventillos affollati i letti sono condivisi e le lingue si mescolano. In questo ambiente nasce il lunfardo, un gergo ibrido che combina dialetti italiani, spagnolo e parole inventate. Sono gli stessi ambienti da cui nascerà anche il tango, la musica degli ultimi, destinata a diventare uno dei simboli dell’identità argentina e della sua cultura popolare.
Su questo stesso terreno di incroci e mescolanze prenderà vita anche il calcio. Portato dagli inglesi e subito “riscritto” dagli argentini, il gioco esce dai circoli britannici e si diffonde nei quartieri popolari, riempiendo cortili, piazze e campi polverosi: come il tango, diventa una lingua comune, fatta di stile, colpi inventati e del gusto di fare le cose in un altro modo. Buffa ricorda che «gli inglesi hanno inventato il calcio, gli argentini l’amore per il calcio», ed è da qui che prende avvio il cuore sportivo della serata.
Si comincia con Renato Cesarini, ragazzo dei quartieri popolari di Buenos Aires e acrobata di circo, poi mezzala della Chacarita (la squadra con il campo vicino al cimitero, che perciò è chiamata la squadra dei funebreros, cioè dei becchini), fino al trasferimento alla Juventus del barone Mazzonis: viaggio in prima classe, completo impeccabile, cappello Borsalino e il motto “Non basta vivere, bisogna vivere alla grande”, con cinque scudetti consecutivi e il gol all’ultimo minuto che darà origine alla celebre “zona Cesarini”. Una espressione sportiva passata in proverbio anche fuori dallo sport.
Buffa tratteggia quindi Enrique Omar Sivori, nato a San Nicolás e cresciuto nei potreri, dove si impara a dribblare tra pietre e buche: un allenatore in camice ne intuisce il talento, l’esordio con il River Plate con quattro goal lo consacra fenomeno, il carattere resta insieme geniale e imprevedibile. Il racconto prosegue con gli anni italiani, la Juventus e Gianni Agnelli, il soprannome Cinémon, i figli battezzati con nomi legati alla sua storia calcistica e un legame quasi filiale con Cesarini.
Il cuore emotivo della serata è dedicato a Diego Armando Maradona. Buffa ricostruisce la nascita in un ospedale intitolato a Evita Peron, i primi passi nel barrio, la ferita dell’esclusione dal Mondiale del ’78, l’abbraccio simbolico con Sivori che lo consola e lo consacra, fino agli anni di Napoli. Qui il racconto si sposta idealmente sotto al Vesuvio: le donne che all’alba preparano frittate di pasta e polpette per la domenica allo stadio, i bar che conservano ciocche di capelli in una teca, una città intera che vive e si esalta per un Numero Dieci venuto dall’altra parte dell’oceano. Il tono si fa infine più cupo e struggente per ricordare gli ultimi giorni di Maradona, la sua morte in una casa più simile a una stanza d’albergo che a una clinica, l’umanità disarmante del suo ultimo messaggio vocale.
Lo spettacolo intreccia continuamente le tre storie, alternando episodi e punti di vista e tornando più volte su passaggi chiave per metterli in relazione tra loro. La regia di Pierluigi Iorio accompagna questo movimento con un impianto scenico sobrio: giochi di luce e proiezioni con foto d’epoca, video e immagini legate al racconto in un insieme che ne sottolinea i momenti più evocativi.
Le canzoni di Mascia Foschi, i commenti pianistici e gli interventi musicali di Alessandro Nidi non sono semplici intermezzi, ma parti integranti dello spettacolo: evocano il tango, i cori da stadio, le atmosfere delle milonghe e dei quartieri popolari di Buenos Aires, amplificando la dimensione emotiva di una serata che unisce parola, canto e memoria. La platea del Teatro Sociale segue in silenzio i passaggi più intimi, esplode in risate nei momenti più ironici e accompagna con un lungo applauso finale la chiusura della serata.
Ne esce il ritratto non solo di tre icone del calcio argentino, ma di un intero Paese e del suo legame profondo con l’emigrazione italiana. Perchéil calcio è, prima di tutto, un racconto popolare: un modo per tenere insieme destini, nostalgie e sogni collettivi, che Buffa consegna al pubblico con la precisione del cronista e la libertà del narratore.
Musikè è un progetto della
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Direzione artistica
Alessandro Zattarin
Organizzazione
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
IMARTS – International Music and Arts
Comunicazione
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
