Ghigni tirati
Se fosse stata sua madre,
suo padre,
il cielo si sarebbe strappato
come un tendone da circo incendiato,
e il mondo avrebbe tremato
nella sua porcellana di nuvole.
La sua morte è accaduta
e in silenzio una moneta nera rotola
sotto l’armadio del destino.
La fabbrica non si è fermata,
il tempo ha continuato a macinare,
come un coltello che scivola sulle ossa.
La morte gli ha preso la carne
e lasciato i detriti
sulla terra che non sa di pietà.
Le mani che sapevano costruire
sono diventate polvere.
Il vuoto si è aperto
dove passava il suo passo.
I compagni hanno raccolto il silenzio,
lo hanno misurato a mani nude,
ma non c’era forma.
La morte non ha volto e lascia
l’odore di un elastico spezzato,
ghigni tirati dalle rabbie accumulate.
Ho scritto questa poesia per dare voce a chi non può più parlare, per fissare sulla pagina la presenza di chi è stato strappato dalla vita mentre lavorava. La poesia vuole essere uno specchio crudo della realtà delle morti sul lavoro, delle assenze improvvise e dell’indifferenza spesso circostante.
Yuleisy Cruz Lezcano
