Io vivo altrove!
Esordio alla regia per Giuseppe Battiston che rilegge Bouvard e Pécuchet di Flaubert in vena sentimentale.
Nelle sale dal 19 Gennaio
Anteprima Udinese con 4 spettacoli (4), per accontentare una curiosa platea e le molte richieste, con la presenza in sala del Regista (friulano di nascita) all’inizio e alla fine della proiezione nella giornata del 16 Gennaio 2022
Io vivo altrove! segna l’esordio dietro la cinepresa per Giuseppe Battiston, anche co-produttore (Rosamont con Minimum Fax Film e Rai Cinema) e co-protagonista con Rolando Ravello, ben calato nella parte di un cinquantenne dimesso e vittima della madre.
Il film si ispira, come anche dichiarato in fase di presentazione dallo stesso Battiston, al romanzo enciclopedico di Flaubert Bouvard e Pécuchet. Ne nasce una sceneggiatura curata dallo stesso regista con Marco Pettenello (Lontano, lontano, Welcome Venice) che sposta la Francia ottocentesca e latifondiaria nelle colline friulane dei giorni nostri.
La pellicola racconta di due adulti che casualmente si incontrano e decidono di coalizzarsi per sfuggire da Roma, metropoli ormai diventata per loro invivibile. Ma la storia raccontata vede Roma come un passaggio fugace, concentrandosi quasi subito nel racconto di una realtà altrove.
I due cinquantenni Fausti (di nome) Biasutti e Perbellini (di cognome) condividono oltre al nome anche un’esistenza grigia e modesta: il primo bibliotecario e vedovo, l’altro perito elettrotecnico sottomesso al volere di una madre padrona. Diventano amici per caso e quando al Biasutti giunge inaspettata l’eredità un casolare a Valvana (campagna udinese), decidono subito di trasferirvici assieme, incontrando da subito la diffidenza dei paesani, per creare una nuova vita mirando a diventare autosufficienti.
Mentre Flaubert si diverte a sballottolare le sue creature con lucido cinismo al limite del sadismo, incontrando fallimenti uno dopo l’altro di fronte a Madre Natura, Battiston sceglie una vena sentimentalista che a tratti può risultare eccessiva (stucchevole).
Due (questo era il titolo originale) amici che fanno la scelta di vivere in campagna ma non per comprenderla e sfruttarla bensì per solitudine, in quanto la loro esistenza risultava oramai essere vissuta solo come dei comprimari. Nella storia dei Fausti si perdono ambizioni e consistenza, della politica non c’è nemmeno traccia e i libri diventano solo opuscoli su cui imparare nozioni basilari sul come coltivare i campi o fare la birra artigianale (grosso insuccesso….), mantenendo alto il valore delle loro grosse incapacità a realizzare anche le seppur minime ambizioni, con il vicinato che brama di entrare in possesso della proprietà e i paesani che mal volentieri li sopportano nei paraggi.
Al contrario di Flaubert, Battiston sceglie di non gli mettere i piedi in testa ai suoi personaggi, ma semmai gli riserva una lunga serie di carezze dopo costanti insuccessi e delusioni, con la chicca del personaggio francese a fare da richiamo (ma non sveliamo troppo, non siamo qui per spoilerare!).
Quello che ne risulta è una commedia educata e patinata sulla mezza età in cerca di riscatto, con una leggera trama amorosa. La sceneggiatura è forse un po’ troppo compassata e a farne le spese è il ritmo che spesso langue, anche per certe scelte sui protagonisti, visti troppo spesso come abitanti di una fiaba moderna.
Il regista ha voluto poi dispensare ringraziamenti a chi ha lavorato per e nel film, sottolineando la crisi di spettatori che soffrono i cinema in Italia in questo periodo, un po’ come altre realtà purtroppo, direi.
Suggestive le scene girate nella Valle di Soffumbergo, con l’abitato di Valle (famosissimo per la sua Festa delle Castagne e la Festa degli Uomini del 2 di Agosto!) resosi protagonista nelle vesti di VALVANA, il paese inventato per raccontare le gesta dei due inFAUSTI personaggi.