Una nuova sfida per gli studenti del corso di restauro dello IUAV di Venezia.
Dopo il successo dell’esercitazione sul Castelletto di Miramare, nei prossimi mesi gli studenti del professor Benedetti lavoreranno a progetti di restauro e riutilizzo di due casette che si trovano nel parco del castello, casa Radonez e lo chalet svizzero.
Oggi a Miramare i sopralluoghi a due “casette” che si trovano nel parco per progettarne il futuro. Libero sfogo alla creatività nel contesto del luogo storico e nel rispetto del microcosmo voluto da Massimiliano
Miramare, 23 ottobre 2019
Tra i viali e le stradine dell’immenso parco di Miramare non si incontrano solo alberi secolari e statue ottocentesche che fanno da cornice al celebre Castello e all’altrettanto conosciuto Castelletto. In questa area verde di circa 22 ettari, quotidianamente percorsa da migliaia di visitatori e triestini, ci si può imbattere anche in una serie di altri edifici che hanno una loro rilevanza storica. Nello specifico, si tratta di sei “casette”, progettate più o meno nello stesso periodo del Castello di Miramare, completato nel 1860. Alcune costruzioni sono molto simili tra loro nelle linee architettoniche dell’epoca: si sviluppano su due piani, con murature in tinta ocra, balconi di color rosso e giardino privato. In passato alcuni questi edifici ospitavano il personale al servizio degli Asburgo (dai quali peraltro presero il nome), mentre in seguito sono diventate la dimora dei custodi e dei giardinieri impiegati all’interno del Parco.
Due di queste “casette”, la deliziosa “casa Radonetz” e quella conosciuta come casa svizzera, saranno oggetto del secondo percorso di progettazione che il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare intraprende con gli studenti dello IUAV di Venezia. Ottanta studenti del terzo anno che frequentano il corso di restauro tenuto dal professor Andrea Benedetti, effettueranno un’esercitazione progettuale mirata al restauro e riuso dei due edifici.
“Dopo il successo del primo esercizio di progettazione riguardante il Castelletto che si è concluso con una mostra alle serre – ha detto la direttrice Andreina Contessa agli studenti riuniti nella Sala del trono anticipando una seconda esposizione alle serre a fine corso -, questo secondo percorso si inserisce nella visione complessiva di riqualificazione del parco che, oltre agli interventi sul verde, deve includere anche gli edifici. Per la loro futura destinazione, sarà interessante conoscere il punto di vista di giovani che si affacciano alla professione e che certamente dovranno confrontarsi con dei limiti strutturali ma, per contro, potranno esercitare fantasia e creatività”.
La direttrice ha avanzato agli studenti alcune richieste che possano indirizzarne la creatività, soprattutto per evitare il rischio che bellissimi progetti di restauro decadano se non pensati in funzione dell’utilizzo futuro. “L’aspetto fiabesco degli edifici – ha suggerito Contessa – fa immaginare attività per bambini ma, gli spazi ristretti e le stanze quasi lillipuziane dello chalet svizzero rappresentano un limite e imporranno un maggiore sforzo di creatività. Un problema che, invece, non pone la “Casa Radonez” la quale gode di un’importante posizione, vicino all’entrata del parco, alla ferrovia, meta turistica grazie agli arrivi del trenino storico. Qui c’è maggiore libertà: un ristorante, un luogo dedicato alla cultura, una scuola dove si impara a gestire un parco storico… sono tutte ipotesi aperte. L’importante – ha concluso la direttrice – è che non si considerino edifici presi singolarmente, ma inseriti nel sistema del parco e delle strade, immersi nel contesto storico e culturale”.
Il professor Benedetti ha invece posto l’accento sull’attività del restauro “che non deve essere solo risoluzione problemi tecnici rispetto a uno stato di degrado dell’edificio. L’operatività di un architetto restauratore non finisce lì ma si estende all’adattamento e al riuso, al rapporto tra le caratteristiche fisiche e il progetto destinazione d’uso. Questo – ha detto il professore invitando gli studenti a percepire le relazioni che ha voluto stabilire Massimiliano nel suo microcosmo – sarà il centro dell’operazione didattica”.
Alla fine dell’incontro gli studenti si sono recati a fare il sopralluogo degli edifici e a visitare la mostra dei loro “colleghi” allestita nelle serre. Il corso di restauro allo IUAV finirà a metà dicembre mentre l’esposizione dei progetti a Miramare è prevista per la prossima primavera.
Le “casette” di Miramare
Le prime tre case si trovano nella parte alta, in prossimità dell’ingresso di via Beirut (Radonetz, Jelinek e Ziak). Un’altra sorge nell’area attigua a piazzale Massimiliano, luogo dove per alcuni anni era stato posizionato il monumento dedicato all’imperatore del Messico, adesso riportato nel sito originale di piazza Venezia (casa Garlanz). In mezzo alla zona boschiva, coperta dalla vegetazione, c’è “casa Daneo”, mentre l’ultimo edificio, conosciuto come “casa svizzera”, di colore rosso, è situato in prossimità del laghetto inferiore. Massimiliano fece costruire per il suo amministratore e per il suo giardiniere due abitazioni, che tutt’oggi portano il loro nome: casa Radonetz e casa Jelinek. Progettati come edifici funzionali ma anche di rappresentanza, vantavano ciascuna un proprio parterre formale con vasca e fontana zampillante. Nel corso degli anni alcuni edifici sono stati abitazioni dei giardinieri del parco con le loro famiglie. Oggi, solo una delle “casette” è abitata.