Ora i cittadini e le attività economiche facciano la loro parte,
a difesa di un bene comune che rischia di non essere più tale per le generazioni future
È arrivata, finalmente, l’attesa ordinanza sulla regolamentazione di circa 55.000 pozzi artesiani presenti nella pianura friulana. Da due anni Legambiente FVG aveva richiesto l’adozione di questo provvedimento da parte della Regione: un atto dovuto per tutelare le risorse idriche del territorio, per il presente e il futuro. Viene introdotto l’obbligo di inserire una valvola di regolazione nelle fontane da pozzi artesiani ad uso domestico e di chiudere quelle dismesse o a uso solo ornamentale. Ora l’ordinanza deve essere rispettata, dai cittadini che hanno a cuore il ripristino delle falde, ma la nostra attenzione si rivolge anche a tutte le attività economiche che usano l’acqua nei loro cicli produttivi e agli enti gestori del servizio idrico. Per Legambiente, è necessario un cambio di visione, da individuale a collettivo, perché usiamo una risorsa che va salvaguardata in qualità e quantità per le generazioni future.
L’intervento normativo mira a tutelare il livello e la qualità delle falde acquifere, a fronte di, si legge: «un calo costante negli ultimi anni, che in alcune aree della regione si attesta ai minimi storici» e di «un mutato regime degli eventi meteo-climatici». Non basta un’estate piovosa per risolvere la crisi idrica e per il «mantenimento del sistema in uno stato di equilibrio». L’associazione ambientalista fa riferimento alle analisi e indicazioni dell’Osservatorio permanente sulle risorse idriche istituito presso l’Autorità di bacino del distretto delle Alpi Orientali. Dallo scorso febbraio, lo stato delle acque sotterranee è considerato a un livello di severità media. In più, dati del sito Regione FVG, il prelievo dai pozzi a getto continuo a uso domestico in Friuli Venezia Giulia è stimato a oltre un miliardo di metri cubi all’anno, più del totale di tutti i prelievi da falda attivi per qualsiasi altro uso, ed è pari a più del 20% del fabbisogno idrico a uso civile dell’intero territorio nazionale.
Secondo il Piano regionale di Tutela delle Acque, i tempi di esaurimento delle falde, rispetto all’acquifero superficiale, già oggi sono stati raggiunti. Per il sistema acquifero più profondo, in destra Tagliamento, si sarebbe già parzialmente vicini all’esaurimento, mentre la previsione per il resto della regione era, già nel 2011, a 50-70 anni. Si parla – sottolinea Legambiente – della scomparsa di un bene comune, un fatto particolarmente grave. Per questo l’Osservatorio, oltre a dare chiara indicazione di adottare misure di contenimento dei prelievi da acque sotterranee, chiede una moratoria nel rilascio di nuove concessioni, ad esclusione dell’uso idropotabile, e la possibilità, per le autorità concedenti, di ridurre del 50% i prelievi da acque sotterranee già attivi e dotati di concessione. L’uso eccessivo della risorsa è inoltre una delle cause dei fenomeno di abbassamento del suolo, evidente nell’area perilagunare, stimato in circa 5 mm anno mentre, di converso, il livello del mare sta salendo di oltre 3 mm anno a causa del riscaldamento globale.
Legambiente chiede che l’Amministrazione regionale garantisca, attraverso adempimenti normativi, il monitoraggio della risorsa, mirato al controllo delle derivazioni, nuove ed in essere, ad uso industriale , irriguo ed ittiogenico, affinchè il prelievo corrisponda a criteri di necessità, di economia e di riuso dell’acqua ed in ogni caso garantendo la tutela delle acque profonde.