C’era una volta, in una notte d’estate come tante altre, una piccola lucciola che si attardava, solitaria, a volare sopra i verdi pascoli di montagna. La notte volgeva ormai al termine ed anche quell’ultima lucciola si apprestava a spegnere la sua luce, per andare a riposare insieme alle compagne, tra le rocce lungo il fiume.
Nel grande prato, ricoperto di aconiti ed astri alpini, rimaneva ormai soltanto lei, l’ultima lucciola della notte… anzi no: a guardare bene, in mezzo al prato si attardava anche un uomo, che aspettava l’alba imminente, seduto silenziosamente su quel tappeto di fiori ed erba.
La piccola lucciola era incuriosita; non aveva mai visto un essere umano prima di allora, ma allo stesso tempo aveva paura, perché le storie che circolavano sugli uomini narravano di catture, avvelenamenti, uccisioni… Eppure, quell’uomo le sembrava diverso. Pacifico, buono: impossibile crederlo capace delle atrocità degli altri suoi simili. Così, con un po’ di coraggio, volò fino a lui.
«Per mille lampadine, che zampe enormi che hai!» esclamò la lucciola, posandosi sulle mani dell’uomo.
Una cosa incredibile accadde: l’uomo abbassò lo sguardo e rispose nel suo stesso linguaggio: «Piccola lucciola, le mie zampe a te parranno enormi, ma puoi restare qui sopra quanto vuoi. Non ti faranno alcun male.»
Stregoneria? Nessun umano aveva mai compreso il luccichese! O forse nessuna lucciola aveva mai parlato con un uomo? Quale che fosse la verità, non importava. Le sue mani erano calde, profumavano di fiori, di rugiada, di buono… Le piaceva starci sopra.
L’uomo le confidò:
«Sai, io sono un solitario. Mi piace guardare il cielo puntinato di stelle, nelle notti d’estate. Dopo un po’, mi sembra che ogni stella inizi a danzare con la sua vicina, in una festa senza fine. Un po’ come fate voi lucciole, nel grande prato fiorito.»
Era fatta: la lucciola era conquistata. Anche le sue sorelle amavano guardare le stelle e, per festeggiare con l’universo, accendevano le loro piccole code luminose.
Così parlarono a lungo, raccontandosi i mondi l’uno all’altra. Ma il tempo scorreva veloce e l’alba sopraggiunse. La lucciola dovette ritirarsi al fresco delle rocce, per sfuggire al sole, ma non prima di aver strappato una promessa:
«Mi riconoscerai fra tutte: lascerò accesa la mia luce quando le altre l’avranno già spenta. Sarò l’ultima lucciola della notte.»
La sera seguente si ritrovarono come stabilito. Si divertirono, parlarono, si fecero compagnia, finché l’alba tornò ad avvicinarsi. Allora l’uomo divenne taciturno. Estrasse un piccolo barattolo di vetro e disse:
«Non voglio che tu vada via. Ho bisogno della tua luce per combattere l’oscurità che sento dentro. Ti prego, vieni con me.»
Ora tutto era chiaro: gli umani non sanno amare senza voler possedere. Ma lei lo amava e desiderava renderlo felice. Volò nel barattolo, rinunciando alle sorelle e al prato alpino.
L’uomo la trattò con gentilezza: rugiada fresca, fiori pieni di nettare, attenzioni. Lei brillava per lui. Ma col tempo le cose cambiarono: la rugiada mancò, i fiori anche, e le visite si fecero rade e svogliate. La lucciola si sentiva sola. Le mancavano le sorelle, le danze notturne, la libertà. E soprattutto non era più felice: la sua luce si affievolì fino a spegnersi del tutto.
Fu allora che l’uomo capì. Aveva consumato la sua luce col desiderio di possederla. Non gli serviva la lucciola per brillare: la luce era già dentro di lui. Lei gliel’aveva insegnato.
Così, una notte, riportò il barattolo nel prato alpino. Con le lacrime agli occhi, sussurrò: «Perdonami, mia dolce amica. Piango, ma sono lacrime di gioia: ti restituisco al tuo mondo. Vola libera e torna a brillare nella notte.»
La lucciola si posò sulla sua mano, illuminando ancora una volta la coda:
«Mio gentile amico, quando ti sentirai solo, potrai sempre venire a trovarmi. Ma so che non verrai più per aver bisogno della mia luce. Verrai perché hai imparato a brillare di luce tua. Uniremo la tua anima alla mia scintilla e illumineremo insieme il grande prato alpino.»
Poi volò via. Voltandosi ancora una volta, disse: «Mi riconoscerai sempre. Lascerò accesa la mia luce quando tutte le altre l’avranno spenta. Sarò per te, per sempre, l’ultima lucciola della notte.»
Buonanotte, piccoli lettori.
By likegod
