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Morti sul lavoro su strada, l’Italia peggio dell’Europa: numeri, cause e responsabilità (Di Yuleisy Cruz Lezcano)

DiRedazione

Dic 27, 2025

Sulle strade italiane si sta consumando una strage silenziosa che troppo spesso resta ai margini del dibattito pubblico

Gli infortuni mortali sul lavoro legati alla circolazione stradale sono in aumento e colpiscono in modo particolare il mondo dell’autotrasporto, un settore essenziale per l’economia ma sempre più fragile dal punto di vista umano e sociale. I numeri parlano chiaro e non possono più essere archiviati come semplici fatalità: in soli due anni sono morti 329 autotrasportatori, con un incremento netto rispetto al biennio precedente. Dietro queste cifre ci sono volti, famiglie, vite spezzate mentre si stava lavorando. La maggior parte di queste morti avviene in incidenti stradali, ma una quota non trascurabile racconta una realtà ancora più drammatica. Camion accostati sul ciglio della strada, motori spenti, conducenti trovati senza vita con la testa appoggiata sul volante. Episodi che parlano di collassi improvvisi, di corpi esausti, di stress accumulato in anni di turni massacranti. Colpisce in particolare il dato anagrafico: circa il 20 per cento delle vittime aveva più di sessant’anni. Uomini anziani, spesso con patologie legate all’età, costretti a continuare a guidare mezzi pesanti e potenzialmente letali in un sistema che sembra non prevedere alternative. Le cause sono note e si ripetono con inquietante regolarità. La fatica del conducente resta uno dei fattori principali. Lavorare nell’autotrasporto significa spesso guidare di notte, partire all’alba, rispettare tempi di consegna sempre più serrati. Il riposo diventa una variabile sacrificabile e la stanchezza cronica riduce i tempi di reazione, la lucidità, la capacità di affrontare situazioni impreviste. A questo si aggiungono l’eccesso di velocità, spesso indotto dalla pressione sui tempi, e le distrazioni, dal telefono al navigatore, che in un attimo possono trasformare un viaggio di lavoro in una tragedia. Non vanno sottovalutati i fattori strutturali. La precarietà diffusa, gli appalti e subappalti a cascata, la competizione al ribasso sui costi spingono aziende e lavoratori oltre i limiti della sicurezza. La manutenzione dei mezzi diventa talvolta insufficiente, mentre le condizioni delle strade e il maltempo amplificano i rischi. In questo contesto, l’innalzamento indiscriminato dell’età pensionabile appare come un moltiplicatore di pericolo. Trattare allo stesso modo lavori d’ufficio e lavori usuranti come l’autotrasporto è stato un errore grave, i cui effetti oggi emergono con tutta la loro drammaticità. Eppure questa strage non è inevitabile. La prevenzione esiste e passa da scelte politiche, aziendali e culturali precise. Rispettare davvero le ore di guida e i tempi di riposo non dovrebbe essere un’eccezione, ma la regola. Le imprese devono smettere di scaricare sui conducenti il peso di consegne impossibili, mentre lo Stato è chiamato a rafforzare i controlli su turni, appalti e sicurezza dei veicoli. Serve una formazione continua sulla sicurezza stradale, ma serve soprattutto una revisione profonda delle condizioni di lavoro.

Il riconoscimento dell’autotrasporto come lavoro gravoso, la possibilità di uscite anticipate dal lavoro, il blocco dell’innalzamento automatico dell’età pensionabile per chi guida mezzi pesanti non sono rivendicazioni ideologiche, ma misure di tutela della vita. Ogni numero delle statistiche è una persona che non tornerà a casa. Ogni camion fermo sul ciglio della strada è una sconfitta collettiva, non solo per chi lavora nel settore, ma per uno Stato che ha il dovere di garantire sicurezza a chi produce ricchezza e a chi condivide la strada ogni giorno. Continuare ad accettare tutto questo come normale non è più possibile.

Emerge da dati ufficiali europei e nazionali un quadro che conferma come la sicurezza su strada non sia soltanto una questione di traffico, ma un tema cruciale di salute e sicurezza sul lavoro. Secondo Eurostat, nel 2023 nell’Unione europea si sono verificati 3.298 incidenti mortali sul lavoro, con un tasso medio di 1,63 decessi ogni 100 000 occupati, sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente ma ancora troppo elevato per un’area così sviluppata dal punto di vista normativo e tecnologico. Questi dati, pur comprensivi di tutti i settori, mostrano come l’incidentalità stradale costituisca una quota significativa degli infortuni lavorativi e dei decessi legati all’attività professionale. Un recente rapporto del European Transport Safety Council (ETSC) sottolinea che ogni anno nell’UE muoiono quasi 3 000 persone in incidenti stradali legati al lavoro o alla mobilità per lavoro, e che in numerosi paesi tali incidenti rappresentano tra il 30 % e il 40 % di tutte le morti sulla strada. In Italia la quota di decessi stradali riconducibili a motivi lavorativi è stimata intorno al 16 %, sebbene questi dati siano largamente sottostimati a causa della mancanza di omogeneità nelle definizioni nazionali e nella raccolta delle informazioni. Guardando ai numeri specifici della mobilità italiana, l’ISTAT registra oltre 173 000 incidenti stradali con lesioni nel 2024, con 3 030 vittime, un dato che conferma livelli di mortalità ancora preoccupanti e un aumento delle vittime tra gli occupanti di veicoli pesanti come i camion (+30 % tra 2023 e 2024). Anche se il dato generale delle vittime è leggermente in calo o stabile, l’incidentalità sulle arterie extraurbane e autostradali, dove operano molti lavoratori del trasporto, è in aumento. La comparazione europea evidenzia alcune contraddizioni che rendono difficile un confronto diretto: mentre nel complesso dell’UE la mortalità stradale tende gradualmente a diminuire e si posiziona intorno a 45 decessi per milione di abitanti, l’Italia registra un valore leggermente più elevato (circa 51 decessi per milione). Ciò suggerisce che, sebbene la sicurezza stradale tenda a migliorare, permangono rischi significativi soprattutto per chi trascorre molte ore al volante per motivi di lavoro. Il confronto tra le statistiche europee e italiane mette in luce alcune criticità strutturali. La segmentazione tra incidenti “in itinere” (nel tragitto casa-lavoro) e “in occasione di lavoro” (durante attività lavorative) non è uniforme nei paesi UE, rendendo la stima dei rischi reali difficile. In Italia, secondo analisi e Inail, una quota importante degli infortuni riconosciuti è associata all’uso di veicoli nei cantieri, nelle consegne o negli spostamenti di lavoro, e la proporzione degli incidenti mortali legati alla circolazione stradale resta alta rispetto ad altri rischi occupazionali tradizionali. Questi dati ufficiali confermano che la questione non è soltanto numerica ma culturale e normativa: i confronti europei evidenziano paesi con definizioni più precise e sistemi integrati di raccolta dati, in grado di stimare meglio i rischi reali e di orientare politiche mirate. In Italia, invece, l’analisi è spesso frammentaria, con un’integrazione limitata tra dati delle forze di polizia, sistemi di sicurezza sul lavoro e registrazioni Inail.

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