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PORDENONELEGGE FUORICITTÀ_AUTUNNO: FEDERICA MANZON, PREMIO CAMPIELLO 2024, LUNEDÌ 4 NOVEMBRE A MANIAGO

DiRedazione

Ott 29, 2024

ALMA: IL ROMANZO DELLA SCRITTRICE FEDERICA MANZON, PREMIO CAMPIELLO 2024, AL CENTRO DEL PROSSIMO INCONTRO DI FUORICITTÀ_AUTUNNO, LUNEDÌ 4 NOVEMBRE AL TEATRO COMUNALE VERDI DI MANIAGO (ORE 20.30).

SARÀ L’OCCASIONE PER SFOGLIARE UNO DEI MAGGIORI SUCCESSI LETTERARI DELL’ANNO, CON FEDERICA MANZON DIALOGHERÀ L’AUTRICE E POETESSA MARY BARBARA TOLUSSO. LA PARTECIPAZIONE È APERTA AL PUBBLICO CON INGRESSO GRATUITO, CONSIGLIATA LA PRENOTAZIONE.

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PORDENONE – Con una protagonista particolarmente attesa, la scrittrice Federica Manzon reduce dal conferimento del Premio Campiello 2024, prosegue il cartellone Fuoricittà_Autunno che lunedì 4 novembre farà tappa al Teatro comunale Giuseppe Verdi di Maniago (ore 20.30). L’ultimo romanzo di Federica Manzon, Alma(Feltrinelli 2024), è senza dubbio uno dei maggiori successi letterari dell’anno, e a Maniago ne parlerà in dialogo con l’autrice e poetessa Mary B. Tolusso, ripercorrendo le trame del libro e il ritorno della sua protagonista, Alma, nella città natale, Trieste, per raccogliere l’inaspettata eredità del padre. Un lascito che chiede di fare i conti con il passato, con le proprie radici e con quel genere di cose che a lungo Alma ha tentato di dimenticare … L’incontro è promosso da Fondazione Pordenonelegge.it con l’Amministrazione comunale di Maniago, ingresso gratuito con prenotazione consigliata iscrivendosi attraverso il proprio account mypnlegge sul sito www.pordenonelegge.it. Info: 0434.1573100 mail segreteria@pordenonelegge.it  Il programma di Fuoricittà_Autunno è a cura deldirettore artistico di pordenonelegge Gian Mario Villalta e dei curatori Alberto Garlini e Valentina Gasparet.

Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici, che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”.  A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che Alma vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà. Federica Manzon scrive un romanzo dove l’identità, la memoria e la Storia – personale, familiare, dei Paesi – si cercano e si sfuggono continuamente, facendo di Trieste un punto di vista da cui guardare i nostri difficili tentativi di capire chi siamo e dov’è la nostra casa. Un romanzo potente, nel quale i figli della città — da Bobi Bazlen a Franco Basaglia — sfilano attraverso citazioni o diventano addirittura personaggi in carne e ossa. Trieste come un osservatorio dal quale, con distacco ed estraneità ‘genetica’ ma con la partecipazione intima delle genti di confine, si osservano gli accadimenti nel tempo drammatici della ex Jugoslavia.

Di Redazione

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