SILVANA MANGANO CHE INCANTÒ GIANNI DA CAMPO.
PROSEGUE A GEMONA CON RISO AMARO, FILM CULT DI GIUSEPPE DE SANTIS, LA RASSEGNA DELLA CINETECA “L’ETA DELL’AMORE”.
Mercoledì 19 novembre, ore 20.30, Cinema Sociale. Ingresso libero.
L’appuntamento di mercoledì 19 novembre al Cinema Sociale di Gemona (ore 20.30) con la rassegna della Cineteca del Friuli dedicata al cineasta, scrittore e collezionista Gianni Da Campo a completamento della mostra “L’età dell’amore” realizzata insieme al Comune di Gemona nello spazio espositivo del Castello, è con un film di culto, uno dei più noti e di maggiore successo del periodo neorealista, Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis, con Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Doris Dowling, Raf Vallone, Checco Rissone e Nico Pepe. Nella Mangano del film Gianni Da Campo adolescente riconobbe un’apparizione carnale, la prima figura di donna dello schermo (accadrà poco dopo e in maniera definitiva con Marina Vlady, anch’ella diretta da De Santis) su cui proiettare l’immagine della Pantera Bionda dell’amato fumetto, visione insieme fragile e salvifica del femminile.

La rassegna a cura di Sergio M. Grmek Germani, che come sempre introdurrà la proiezione, offre dunque l’occasione preziosa di vedere, dopo I bambini ci guardano di De Sica, un altro capolavoro del cinema italiano, che si inserisce nel filone neorealista portando lo spettatore nelle campagne del Nord Italia, dentro l’universo delle mondine di cui documenta, insieme ai canti, le disumane condizioni di lavoro, ma nel quale il grande regista combina magistralmente più generi, dal noir al melodramma al musical, a creare una narrazione avvincente e uno spettacolo unico.
De Santis, critico e teorico del neorealismo, ne sarà presto considerato un traditore per la disponibilità al racconto popolare di genere e, scrive Germani, “ci vorrà quello sguardo alieno dai moralismi che Da Campo aveva anticipato, prima della riscoperta del regista negli anni ’70 da parte di Marco Melani, Alberto Farassino e alcuni giovani operatori culturali della nostra regione, per ridargli il posto che gli spetta nella storia del cinema italiano e nella sua capacità di rivoluzionare i costumi sociali”.
