“Mi troverai vivo” di Antonio Corona (La Vita Felice, 2024 pp. 68 € 12.00) raccoglie già nel titolo emblematico l’intonazione di un favorevole presagio in cui la fatale lusinga e l’insidia inevitabile dell’esistenza rappresentano l’inesauribile scelta della vita oltre l’inesorabile occasione della sofferenza.
Il libro è un omaggio pieno, malinconico e felice, alla necessità salvifica della spiritualità, ai suoi silenziosi e affidabili itinerari interiori, attraversa una disarmante e crudele ragione della lucidità nei confronti di una continua, incessante, estenuante esperienza di dolore, evidenzia tra le pieghe contemplative dei versi il faticoso conflitto tra sgomento e smarrimento.
Antonio Corona dona ai lettori una poesia umana, vera, provocatoria e sincera, scandisce il tempo del coraggio, affronta la desolazione e la dignità della disperazione, declina il senso della morte con il sussurro della responsabilità, della consapevolezza efficace di un processo naturale e significativo, in un dialogo empatico e nel saggio incontro con gli altri, afferra la finalità dell’operare umano orientato tra l’assistere e l’includere l’esigenza di liberarsi dall’angoscia e il superare l’etica dell’egoismo. Riveste di grazia la poesia, unita a una sapienza antica, scopre, tra le pagine, con tenacia romantica, il frammento dell’affanno, ne riconosce e ne accetta il trauma emotivo elevando la forza d’animo oltre il disagio delle incertezze, trasforma la resilienza nella determinazione, nella capacità di infondere motivo di speranza e di crescita. Esprime l’inesprimibile sotteso a ogni accento impalpabile dell’anima che si muove tra il peso inafferrabile delle parole e l’ineffabile orizzonte di senso per ogni devota suggestione. La poesia di Antonio Corona è pervasa di maturità, è compiuta, ha un respiro drammatico e profetico, ispirato da una commovente sensibilità, amplifica la solennità del sentire. Ogni composizione poetica rinnova le qualità visive dei testi, interpreta la risonanza metafisica e metaforica nelle impronte delle immagini, illumina il percorso letterario, alimentano la purezza della parola poetica, isolata nel contesto ispirato dal bianco della pagina, nella schiettezza di ogni preghiera pagana. La poesia si avvale della propria identità espressiva, è motivo di conoscenza, restituisce la dimensione essenziale per essere ritratto riflesso della realtà e degli uomini, strumento vincolante per distinguere l’indefinibile materia del mondo. Antonio Corona fa suo questo insegnamento e suggerisce liriche plasmabili, condensate nel grumo delle emozioni, nelle cuciture delle folgorazioni, oltre una mitologia consolatoria, distilla gli elementi dello spazio e del tempo inabissati nella fatica del vivere, ridefinisce il bagaglio personale del vissuto per educare una premurosa e accurata attenzione verso la disponibilità a ereditare il valore degli incontri, ridesta l’estensione intima dei ricordi. Espone una solidarietà rispettosa contro le ingiustizie, concede a ogni attesa fiduciosa l’offerta di altruismo per ottenere il conforto nel confine intangibile dell’inconsistenza. “Mi troverai vivo” muove a compassione (nel senso latino del termine cum patior) l’universo accorato e trafitto in cui si addentra Antonio Corona, unisce il desiderio di alleviare la pena con l’espiazione dell’inquietudine e il riscatto dal disorientamento, accentua l’orizzonte dischiuso sull’eredità dell’infinito, sulla diagnosi per mantenere in equilibrio il flusso variabile della fragilità.
Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
Testi scelti tratti da Mi troverai vivo Antonio Corona
XII
Sono tetri i pozzi in cui cadono i piedi
quando il verbo è cucito nella carne
– nell’illusione di essere amati –
ci si immagina d’organza sulla spalla nuda.
——————————————-
XV
Scegli.
Puoi essere fiore di orchidea
cadere intero staccandoti dal ramo
o essere rosa anche peonia
sfiorendo ad ogni petalo caduto
o ancora hybiscus gigante
dove il pistillo permane adeso.
Morire è una scelta scaduta.
———————————-
Nella luce che attraversa l’asola
s’impone lo sconforto del dito
che ne occlude il passaggio.
Mia madre dice sempre
che il bottone alla giusta altezza
concede al tempo il suo respiro.
La qualità di un abito
è la meiosi tra chi cuce e ch’indossa.
—————————————-
Camera 1
Diagnosi è una parola vuota,
è nella descrizione dello stadio
la scelta di remare nell’acqua melmosa.
Resta vano il pianto e la speranza
nel fango non vedi il fondale
anche indossando una maschera:
il sangue s’aggruma a rosario.
———————————-
Sala d’attesa
Il silenzio ha la dignità del fiore
è nell’apice che cela il seme
fluttuante al vento – senza foglie
attendendo la schiusa.
———————————
Amo l’uomo che respira lento
guarda il mare e non lo giudica,
la foglia che cade dal ramo
e s’affida al vuoto per tornare origine.
Amo il pensiero del serpente
l’ignoto ipotizzato che solo lui conosce
e le donne che ridono forte
gli amici che sanno di muffa
perché nel vecchio si riposa a occhi chiusi.