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Recensione del Prof. Floriano Romboli al volume “L’anima della speranza” di Antonietta Natalizio

DiRedazione

Giu 22, 2025

(Recensione al volume “L’anima della speranza” di Antonietta Natalizio, Guido Miano Editore, Milano 2025)

Antonietta Natalizio raccoglie antologicamente nel volume L’anima della speranza, pubblicato lo scorso maggio dall’Editore Guido Miano e prefato con la consueta intelligenza analitica da Enzo Concardi, poesie già apparse in precedenti sillogi, Officina poetica (2019), I colori delle emozioni (2022) e Grappoli di perle (2023), che in seguito designerò con i numeri romani. Ritengo che anche al lettore frettoloso non sfugga il vivo interesse che l’autrice dimostra per l’universo naturale, così vario e stimolante, sovente còlto e sapientemente descritto nella sua intensa e coinvolgente vitalità: “Il bosco, dopo il gelido inverno,/ si riapre alla vita./ Il cuore si rallegra,/ e con stupore osserva in silenzio/ le meraviglie del creato./ Il sole, alla prima luce dell’alba,/ attraversa, con i suoi stessi raggi,/ la fitta chioma di alberi e cespugli,/ facendo così svanire/ il leggero manto di neve rimasta (…) Il sole arrossisce,/ e con entusiasmo e leggerezza/ accarezza tutto quel che sfiora” (Il risveglio del bosco, I); “Cielo e mare/ sembrano fare a gara/ a chi è più blu!/ Le stelle come lucciole/ sfavillanti… in silenzio/ reclamano/ la morte di una stella,/ che brilla più di prima” (Lucciole sfavillanti, II); “Tra i giovani oleandri affiorano/ i misteri e le bellezze della vita…/ Spumeggianti ricordi/ fioriscono./ Sparsi papaveri rossi/ s’affacciano fra le dorate spighe…/ si abbracciano con il blu del fiordaliso” (Papaveri rossi, III).

I corsivi nell’ultima citazione non sono nel testo e sono rivolti a segnalare nella poetessa una spiccata vocazione visiva, evidenziante gli aspetti cromatici della realtà della natura; la precisione rappresentativa si anima altresì di felici note acustiche (“Gocce sovrapposte,/ cristalli danzanti… una melodia di suoni./ Tic, toc, goccia,/ toc, toc,/ tic. Come strumenti si accordano” (Gocce d’acqua, I) e olfattive: “Zagara profumata,/ con l’ardire della celata notte…/ riempie il cuore di torpore e di stupore! (…) Mille pensieri assopiti/ si tuffano in un mare/ di fragranza” (Zagara, II).

Lo spettacolo della natura diventa occasione di “stupita” contemplazione, ma presto l’interagire della dimensione temporale implica situazioni cariche di spessore “storico” e quindi di complessità problematica: è il tratto specifico determinato dalla presenza dell’uomo, rilevata dall’enjambement in tutta la sua portata intellettuale-morale: “Suggestivo velo/ di nuvole basse,/ nascondono l’ombra/ del vento che scruta…/ l’indifferenza di allora./ Memoria di oggi!/ Perfetto cliché dell’animo/ umano in burrasca” (Nuvole basse, II). Il quadro naturale diviene pertanto obiettivazione metaforica dell’intima tensione che agita e tormenta lo spirito degli uomini, combattuto da sollecitazioni contrastanti, da acute contraddizioni, che tendono a formalizzarsi in antitesi palesi: “Il buio della mente, come nella nebbia,/ non trova luce perché avvolto dal candore/ del gelido inverno della vita./ Mentre la notte rincorre il nuovo giorno,/ la nebbia ti avvolge nel suo mistero,/ e non ti lascia andare dove destinato sei” (La nebbia, I, corsivi sono miei, come in seguito), laddove il gioco insistito delle rime ne amplifica la forza lacerante: “Una lunga ombra di lancinanti fiamme/ dà l’allarme… a custodire il seme/ delle future palme…/ perché non diventino salme./ E dare pace alle tante anime,/ con un urlo acuto e unanime…/ ai tanti cuori in lacrime” (Aberrazioni della vita, II).

In tale dinamica antitetica è la radice del male (“Un male acuto e stridente,/ prodotto volontariamente/ solo dalla mente./ Con gesto diretto/ solitario e disperato,/ tra le note di angoscia/ è germogliato…/ silenzioso e con passo felino/ agguanta la vita (…) L’angoscia è un torrente impetuoso,/ improvviso e colmo di pianto”, Il male di esistere, II), conseguenza della libertà, che il Creatore ha concesso alla nostra specie.

Nel tempo ciò ha dato origine a grandi tragedie, pure collettive, quali nel secolo scorso il crimine orrendo della Shoah: “Tutto è avvenuto in silenzio,/ con ampio spazio d’anticipo…/ tutti sapevano e nessuno parlava,/ mentre troppi piangevano/ nella totale indifferenza di chi dirigeva il potere (…) Ed eccoli rapiti,/ uomini, donne, bambini (…) con vagoni ben sbarrati,/ senza aria, ed il respiro in agonia,/ e soffocati dal terrore./ Vagoni bestiali, e come bestie ammassati,/ su di un pagliericcio fetido e lercio./ Bastonati, sputati, picchiati, avvelenati/ e poi bruciati./ Mentre le anime si disperdevano/ in un fumo nero a lutto” (I violini parlano).

Nondimeno la scrittrice si apre alla luminosità vitalistica di un’intuizione positiva, riconciliante e purificatrice (“Ovvietà e spontaneità/ si dispiegano davanti/ ai nostri occhi…/ confluiscono in un unico/ raggio di sole./ La bellezza veste il mondo!/ È un inno alla vita” (Raggio di sole, II); e così “l’invisibile diventa presenza”, come si legge in un verso davvero bello, compreso nella parte finale di un componimento in precedenza menzionato, Papaveri rossi, e prende forma concreta la speranza: “Il peso della materia è ben inteso…/ diventa pura vanità./ La speranza illumina la via/ anche nell’oscurità” (Il reale, III). Di questa armonia fisica e morale è infine condizione e garanzia il soffio ben percepibile dello Spirito divino: “Qualsiasi pensiero…/ ogni abbraccio/ raffigura la sua unicità./ Ogni silenzio…/ simboleggia l’elogio./ È un canto Altissimo!/ Istanti di felicità/ di eternità/ si respirano nell’anima./ L’esperienza diventa grazia./ Un dono prezioso,/ gratuito risorge”(La Grazia, III).

Floriano Romboli

Antonietta Natalizio, L’anima della speranza. Antologia poetica, prefazione di E. Concardi, Guido Miano Editore, Milano, 2025

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