Due milioni di euro investiti in progetti di prevenzione per fare fronte al fenomeno delle patologie da dipendenza ludopatica che interessano oggi quasi seicento persone in regione, anche se le stime del possibile sommerso suggeriscono una platea molto più vasta. Lo suggerisce il miliardo di euro, circa 1.300 euro pro capite, ogni anno speso nel gioco in Friuli Venezia Giulia dove sono attivi 4.300 apparecchi distribuiti in circa 2mila punti vendita. È questa la fotografia legata al gioco d’azzardo che la Regione, rappresentata dal vicegovernatore con delega alla Salute, ha portato alla luce a Pordenone nel corso di un convegno organizzato da Federsanità Anci Fvg e dedicato a questo specifico tema.
Alla presenza di numerosi sindaci del territorio, nonché di vari rappresentanti istituzionali, è stata compiuta una panoramica sul fenomeno nel territorio regionale, evidenziando quanto i numeri legati alle persone affette da questa patologia rappresentino, al momento, solo la punta di un iceberg. La Regione, infatti, è impegnata nel cercare di far emergere un sommerso che si potrebbe configurare molto ampio: si tratta di tematiche che coinvolgono dinamiche familiari profonde e delicate, spesso nascoste per vergogna e imbarazzo, di cui le famiglie e i singoli non vogliono parlare.
Nel 2018 sono stati prese in carico dai Servizi per le dipendenze 577 persone (di cui il 76% maschi, la maggior parte dei quali giovani). Il dato conferma l’incidenza del fenomeno negli ultimi anni: 390 utenti nel 2014, 406 nel 2015, 421 nel 2016 e 502 nel 2017.
La Regione ha posto in evidenza come il gioco d’azzardo patologico sia un fenomeno pericolosissimo e difficile da portare alla luce del sole, che oggi ha trovato nelle piattaforme online un potente veicolo di diffusione, complicato da intercettare da chi opera nel settore della prevenzione. Ed è per questo, infatti, che a fronte della spesa di un miliardo di euro all’anno nel gioco – che evidenzia la pericolosità e la grandezza del problema – sono ancora poche le persone seguite dai servizi regionali.
Dal confronto è emerso inoltre che, per affrontare la problematica in modo più strutturato, non è sufficiente l’attività di prevenzione compiuta dal servizio sanitario. Al contrario è necessaria un’alleanza che coinvolga scuole, famiglie e le associazioni di categoria.
Per la Regione, le regole con le quali arginare il fenomeno andrebbero costruite anche con gli operatori del settore; il rischio, infatti, è che nel momento in cui si riesce ad arginare la presenza di dispositivi per il gioco nei locali, chi ha questo tipo di patologia vada fuori confine, continuando a sperperare il proprio denaro.