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Se non sporca il mio pavimento (un mélo) – 21 marzo 2019 – Udine, Teatro S. Giorgio

DiRedazione

Mar 12, 2019

21 marzo 2019 ore 21.00
Teatro Contatto
Udine, Teatro S. Giorgio

UNO: Posso gettare ai suoi piedi il mio cuore? 
DUE: Se non sporca il mio pavimento.”Heiner Muller, Pezzo di cuore

Gioia Montefiori ha 47 anni, è insegnante di sostegno in un istituto magistrale e vive con l’anziana madre nella casa di famiglia. Alessio Benedetti è uno studente di 17 anni, ha 12 profili su Facebook e sogna una società di servizi ad Antibes. Cosimo Comes è un parrucchiere di 54 anni, ha un salone di bellezza chiamato “Armonya” e un cane di piccola taglia che fa sogni premonitori.
Sono i protagonisti di un mèlo di provincia dalle tinte fosche, una favola noir fatta di rimozioni fatali, bugie sapienti, specchi e umori cangianti; e soprattutto di fantasticherie, latitanze dalla realtà che durano il tempo di uno schianto.
Se non sporca il mio pavimento prende le mosse da un recente caso di cronaca nera italiana, il delitto Rosboch; una vicenda che mi ha impressionato, oltre che per l’intreccio, per la forza archetipica dei suoi personaggi. Mi sembrò subito, quando la prima volta ne lessi, che in quella provincia piemontese fatta di supermarket, tubi catodici e fughe nei social, si fosse incarnato bizzarramente, attraverso Gloria Rosboch e il suo giovane seduttore Gabriele Defilippi, il mito di Eco e Narciso.
La ninfa dannata da Afrodite ad amare non corrisposta fino alla consunzione delle carni e il giovinetto perduto nella propria immagine riflessa sono scolpiti da Ovidio nelle Metamorfosi, quello che Vittorio Sermonti definisce “il poema dell’adolescenza come esperienza della labilità e vulnerabilità dell’identità, mentre il tuo corpo non fa che cambiare, che cambiare te stesso sotto i tuoi stessi occhi. E tu non sai più chi sei.” Percorrendo senza prudenza i gradi di separazione tra Eco e Narciso, Gloria e Gabriele, Gioia e Alessio, mi piacerebbe raccontare di questo incastro nel limbo dell’adolescenza. Di quella cameretta dove le identità si offuscano, distorcono, tardano a sbocciare; perché a ciascuno di noi capita di farvi ritorno, prima o poi, e di avere di nuovo sedici anni, tanti sogni, e poco talento per la vita.
Giuliano Scarpinato

Estratti della rassegna stampa

“ (…) Se non sporca il mio pavimento non sembra limitarsi a raccontare l’ennesima vicenda di cronaca nera emersa dalla grigia provincia del Nord Italia: Scarpinato prosegue infatti sulla scia tracciata dai suoi precedenti lavori e pone un nuovo tassello di un’indagine sull’adolescenza, sulla formazione dell’identità e sulle sue possibili degenerazioni, ma soprattutto costruisce uno struggente affresco di un gruppo di anime ostinatamente sospinto dalla ricerca dell’amore, del contatto, del riconoscimento di sé. (…) Lo sguardo di Scarpinato si pone sui personaggi scevro da qualsiasi giudizio morale, lasciando alla platea il pericoloso onere di condividere l’afflato della donna ad amare anche il proprio assassino: ed è qui che il regista sembra provocare lo spettatore, costringendolo a contemplare il proprio riflesso nello sguardo di un violento e cinico omicida, incapace di trovare requie alla continua fuga da se stesso se non nella morte dell’altro. (…) ”
Alessandro Iachino, Teatro e Critica, 13 ottobre 2017

“(…) Non c’è dubbio che il protagonista (Michele Degirolamo, presente anche nel già citato Fa’afafine) sia Narciso: lo si capisce appena lo vediamo disteso su un fianco intento a specchiarsi su una pozza d’acqua che viene proiettata sulla scena. La sua affettività ha valori “sballati”, ma non perché si infila vestiti da donna e si struscia addosso a Cosimo – l’amante più vecchio e proprietario di un salone di bellezza – o a Gioia. Proprio nel trattare questo aspetto il testo scritto da Scarpinato e Gioia Salvatori pone infatti un punto di rottura che allontana il teatro dalla cronaca nera. Una linea di demarcazione che non coincide con quella che separa realtà e finzione: la storia di Se non sporca il mio pavimento. Un mèlo non è un racconto più vero o più onesto di altri, ma evita l’associazione tra l’identità di genere del protagonista (pur mettendone in scena la carica sessuale) e la colpevolezza. (…) La vicenda è lineare, la scrittura si mantiene su toni cauti con piccoli innesti di realismo fiabesco veicolato dalla regia e dalla scenografia che sfruttano le proiezioni, uno specchio ovale e un telo di plastica opaca a far da parete divisoria. Una delle tante vicende scritte dalla realtà per il teatro, tragedia che inizia in una pozza d’acqua limpida e finisce al mare, quel mare romantico in cui Gloria si immerge senza sentire più niente.”
Erika Favaro, Che teatro che fa, blog di Rodolfo di Giammarco, 9 ottobre 2017

Pieghevole : http://www.cssudine.it/media/spettacoli/1077_11623_documenti.pdf

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