La sera del 6 maggio 1976 un terribile terremoto devasta il suolo friulano, ben presto quel “mostro” avrà un soprannome: l’Orcolat. Alle 21.00 si avverte la scossa più tremenda: 6,5° della scala Richter, durata ben 57 interminabili secondi. Quest’ultima polverizza tre palazzine della Caserma “Goi-Pantanali” a Gemona del Friuli.
Nella struttura erano accasermati oltre mille uomini appartenenti ai Gruppi di artiglieria da montagna “Conegliano” e “Udine”, alla Compagnia Genio Pionieri “Julia” e al 2° Reparto Logistico Leggero del Battaglione Logistico “Julia”. La prima scossa sorprese molti soldati nelle camerate e molti altri nella sala cinematografica, dove si stava proiettando il film “Satyricon” di Fellini. I soldati usciti prontamente dal cinema vedono la terra tremare, frastornati dal boato della seconda scossa, le palazzine si sgretolano e si adagiano su se stesse.
Si organizzano i primi soccorsi, al lume delle torce si scava fra le macerie e si riesce a mettere in salvo una sessantina di uomini leggermente feriti. Sotto le macerie rimangono sepolti esanimi 28 alpini, 3 feriti moriranno successivamente in ospedale, 1 geniere perderà la vita durante le operazioni di soccorso. Prontamente dal Comando della Brigata Alpina “Julia”, in Udine, scattava il piano operativo per dare soccorso alla popolazione. Veniva costituito il Centro Operativo di Soccorso “Julia” con la responsabilità su 40 comuni per una superficie di 2240 chilometri quadrati.
Alle dipendenze della brigata vengono posti tre degli otto Centri Operativi di Sottosettore (C.O.S.) costituiti dal Commissario straordinario del Governo Giuseppe Zamberletti. Si tratta del C.O.S. di Gemona (comuni di Gemona, Venzone, Artegna e Montenars), Tolmezzo (28 comuni della Carnia), Resiutta (Tarvisiano, Val Fella e Val Resia). Vengono impiegati tutti i reparti dislocati in zona: 314 ufficiali, 356 sottufficiali e 4000 graduati e militari di truppa, si affronta ogni aspetto dell’emergenza.
Assistenza sanitaria, vettovagliamento, rifornimento idrico, attendamento, recupero feriti e cadaveri, sorveglianza dei centri abitati, sgombero di macerie, distribuzione di coperte e vestiario, sono tra i tanti gravosi compiti delle successive settimane.
Il sisma del 1976 distrusse mezzo Friuli, causò un migliaio di morti, centomila sfollati, 18.000 case distrutte, oltre 75.000 danneggiate, 45 comuni rasi al suolo e altri 92 danneggiati.
A 45 anni di distanza quelle ferite sul nostro territorio sono state curate, la sfida della ricostruzione, seppur fra molti problemi, è stata vinta ed è diventata un esempio. Oggi fra i superstiti rimane il ricordo di quei morti, di tanta paura e distruzione, ma è forte la consapevolezza di un popolo che può tremare, cadere, ma rialzarsi sempre.