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SPRECO ALIMENTARE, ecco i DATI del CROSS COUNTRY REPORT dell’OSSERVATORIO WASTE WATCHER INTERNATIONAL

DiRedazione

Set 26, 2025

Nel primo decennale dall’approvazione dell’Agenda ONU 2030 (settembre 2015)diventa urgente tracciare un bilancio sugli Obiettivi di Sostenibilità indicati nella Carta, in particolare quello al punto 12.3 che prevede di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030. Mentre a livello globale i dati FAO continuano a indicare un’asticella ancora troppo alta, con oltre 1,5 miliardi di tonnellate di cibo sperperati ogni anno sul pianeta, pari a un terzo del cibo prodotto, l’Italia segna un miglioramento generale ma non adeguato a cogliere il traguardo dei 369,7 grammi di cibo sprecato settimanalmente, obiettivo che il nostro Paese dovrebbe raggiungere entro il 2030. Lo attestano i dati del nuovo Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International che, in vista del 29 settembre 2025 – 6^ Giornata Internazionale della Consapevolezza delle Perdite e degli Sprechi Alimentari istituita dalle Nazioni Unite – ha monitorato il comportamento degli italiani nel mese di agosto 2025, attraverso l’indagine con metodo CAWI promossa dalla campagna pubblica Spreco Zero con l’Università di Bologna – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari, su monitoraggio Ipsos (campione di 1000 casi rappresentativi della popolazione generale). Ecco i risultati del rapporto: vale 555,8 gr lo spreco settimanale medio in Italia registrato quest’estate, un dato che riferito all’agosto 2024 era di 683 grammi, e che scende in modo significativo nell’area centrale del Paese, diventata la più virtuosa con “soli” 490,6 grammi, mentre a nord si sprecano mediamente 515,2 grammi di cibo ogni 7 giorni, e al sud il dato si impenna con 628,6 grammi a settimana. Più virtuose le famiglie con figli, che abbassano la soglia di spreco del 17% rispetto alle famiglie senza figli (+ 14 %) e più virtuosi i grandi comuni (-9%) di quelli medi (+ 16%). Nella hit dei cibi sprecati la frutta fresca (22,9 g), la verdura fresca (21,5 g) e il pane (19,5 g), segue l’insalata (18,4 g) e cipolle/tuberi (16,9 g). Spiega il direttore scientifico di Waste Watcher, l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero: «Le pressioni economiche, in particolare l’inflazione che questa estate ha colpito fortemente i generi alimentari (+ 3,7%) possono aver suggerito alle famiglie acquisti più ponderati e una maggiore attenzione alla prevenzione degli sprechi. L’utilizzo di strumenti semplici e mirati, come la app Sprecometro, strumento di autovalutazione e monitoraggio dello spreco domestico, permette di attivare trasformazioni comportamentali durature, contribuendo a consolidare comportamenti virtuosi: quindi un percorso concreto verso la riduzione del 50% dello spreco alimentare entro il 2030. Trasformazione “strutturale” è anche l’atteggiamento dei cittadini nei confronti dello spreco: ma un rinnovato senso di giustizia, responsabilità e interconnessione globale. La sfida dei prossimi anni sarà rafforzare questa tendenza, affinché il traguardo del 2030 non resti un auspicio, ma diventi un risultato condiviso». Il vicedirettore generale FAO Maurizio Martina, intervenuto all’evento di oggi, ha osservato: «Serve certo maggiore consapevolezza, ma servono anche cambiamenti strutturali nel sistema, oltre che sul piano dell’atteggiamento degli individui. Nel corso del G20 Agricoltura attraverso il SOFI abbiamo messo in rilievo la strategicità di un lavoro intorno allo spreco ma anche alle perdite alimentari, per intervenire sul tema collegato della prevenzione del rincaro dei prezzi e abbiamo sottolineato quanto sia strategico lavorare sulle infrastrutture di stoccaggio anche nei Paesi più fragili, e sulla catena del freddo. Un adeguato stoccaggio delle produzioni significa un approvvigionamento costante e stabile, quindi un aiuto alla stabilità dei prezzi e in definitiva alla sicurezza alimentare delle comunità, soprattutto nei Paesi più fragili. In questa direzione deve andare la trasformazione sostenibile ed equa dei mercati alimentari, perché impatta direttamente sulla sicurezza alimentare. Perdite e sprechi alimentari sono due facce della stessa medaglia». Alla presentazione è intervenuta anche Maria Chiara Gadda, promotrice della Legge 166/2016 che disciplina la donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici per la solidarietà sociale: «sono passati quasi 10 anni dall’approvazione della legge 166 antispreco – ha osservato Gadda – Tanti i risultati positivi Le cose sono migliorate sul piano della maggiore consapevolezza e del migliore rapporto fra le imprese della filiera produttiva che donano e il mondo del volontariato e del terzo settore. Migliaia le tonnellate di cibo recuperate e sono aumentati i luoghi di raccolta delle eccedenze: non solo da parte della grande distribuzione, ma anche delle imprese di produzione, dei mercati rionali, dei grandi eventi E si recuperano in Italia anche i prodotti freschi e freschissimi. Ora si può senz’altro migliorare sul piano della logistica e sostenere questo sforzo anche attraverso nuove misure normative».

Segrè e Gadda

CROSS COUNTRY REPORT: ITALIA SOPRA LA MEDIA EUROPEA, MA L’EUROPA ABBASSA L’ASTICELLA DEI SUOI OBIETTIVI ED ELIMINA IL CONCETTO DI “PERDITE ALIMENTARI”

Nel mondo vengono sprecate ogni anno 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, 1/3 della produzione alimentare globale. Di questo 33%, il 19% del cibo viene sprecato a livello di vendita al dettaglio, ristorazione e famiglie, mentre il 13–14% nella fase di produzione e raccolta. Mentre il cibo viene sprecato, la fame persiste: 673 milioni di persone soffrono la fame, pari all’8,2% della popolazione mondiale, di cui il 20,2% in Africa e il 6,7% in Asia. In aggiunta: 2,3 miliardi di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare, senza accesso garantito a un’alimentazione sufficiente e nutriente. Lo spreco e le perdite alimentari non sono solo un problema etico e sociale: hanno un impatto devastante sull’ambiente: lo spreco di cibo è responsabile di quasi il 10% delle emissioni globali di gas serra, ovvero 5 volte quelle generate dall’aviazione. Il 28% dei terreni agricoli, pari a 1,4 miliardi di ettari, viene utilizzato per produrre cibo che non verrà mai mangiato. È una superficie pari a 4 volte l’intera Unione Europea. E un quarto dell’acqua dolce utilizzata in agricoltura viene sprecato nella produzione di alimenti che finiranno nella spazzatura: si tratta di circa 250 km³ di acqua, l’equivalente del fabbisogno idrico annuo dell’intera popolazione mondiale.

In questo scenario globale, l’Europa, con Direttiva approvata dal Parlamento Europeo il 9 settembre 2025, ha abbassato l’asticella dei suoi obiettivi di riduzione: mentre l’Obiettivo 12.3 dell’Agenda ONU 2030 chiede di dimezzare (−50%) le perdite e gli sprechi alimentari entro il 2030, in tutti i segmenti della filiera, l’Europa adesso, con una drastica revisione della Direttiva 2008/98/EC -Waste Framework Directive, si “accontenta” di fissare −10% nello spreco della trasformazione/manifattura e −30% pro capite nei consumi finali (retail, ristorazione, famiglie), sostanzialmente “tagliando” il concetto di perdite alimentari in campo. Guardando in particolare lo spreco delle famiglie l’Italia resta sopra la media europea nello spreco alimentare pro-capite settimanale: le rilevazioni Waste Watcher attestano infatti uno spreco settimanale medio pro capite di 555,8 grammi per l’Italia, a fronte di 512,9 g settimanali per la Germania, 459,9 grammi per la Francia, 446,5 grammi per la Spagna, 469,5 per i Paesi Bassi. Intanto sono 33 milioni i cittadini europei in situazione di insicurezza alimentare e ben 4,9 milioni gli italiani che versano nella medesima condizione.

2025, GUERRE E CAMBIAMENTO CLIMATICO: SPRECO – AMBIENTE IN PRIMO PIANO.

Nel 2025 delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, della crisi di Gaza e dell’emergenza climatica ma anche della sfida sui dazi, Waste Watcher ha deciso di aprire un focus speciale per capire se e come questi fattori influiscono sulle nostre abitudini di approvvigionamento, fruizione e gestione del cibo. Il risultato è, con tutta evidenza, l’impatto tangibile di queste sulle scelte di fruizione alimentare degli italiani: più di 1 cittadino su 3 (il 37%) ritiene utile puntare sui prodotti made in Italy nell’attuale contesto di guerre e tensioni internazionali, ma anche di crisi dei dazi. È la risposta a un contesto percepito come instabile, e questa tendenza risulta particolarmente marcata tra i soggetti di età compresa tra i 35 e i 44 anni e tra gli over 64, con una concentrazione geografica significativa nel Centro Italia. E ancora: 1 su 10 privilegia semplicemente i prodotti più economici, a prescindere dalla loro sostenibilità, mentre il 5% ha direttamente ridotto la spesa alimentare per ragioni economiche, percentuale che raddoppia negli under 25. Un italiano su 5, ovvero il 22%, afferma di preferire prodotti locali e a chilometro zero, confermando una crescente attenzione alla prossimità e al legame con il territorio, soprattutto nel Mezzogiorno. Il dato interessante è che una parte consistente della popolazione (20%) non ha modificato le proprie abitudini d’acquisto, dichiarando che le scelte alimentari restano indipendenti dal contesto internazionale. Questo segmento è più rappresentato nel Nord Est e nelle aree rurali, e potrebbe indicare una maggiore stabilità delle preferenze o una minore esposizione percepita alle dinamiche globali.

Due italiani su 3 (66%) hanno aumentato o conservato molto alta l’attenzione all’ambiente e ai comportamenti sostenibili. E 1 italiano su 2 dichiara di prestare maggiore attenzione all’impatto ambientale dei prodotti alimentari che acquista nel tempo della crisi climatica: il 17% degli italiani, però, dichiara di non aver modificato i suoi comportamenti perché “non ritengo che ci sia alcun legame tra la crisi climatica e temperature anomale”. Le temperature elevate dell’estate 2025 hanno avuto un impatto diretto e concreto sui comportamenti alimentari degli italiani: per fronteggiare la crisi climatica in rapporto allo spreco del cibo, 1 italiano su 2 (45%) cerca di consumare prima gli alimenti più deperibili e 1 su 5 (21%) prova ad aumentare la frequenza di acquisto degli alimenti deperibili oppure di privilegiare l’acquisto di prodotti non deperibili o a lunga conservazione (19%). Solo il 14% dichiara di non aver modificato i propri comportamenti e appena il 6% afferma di non aver percepito alcun impatto delle temperature anomale sulla deperibilità degli alimenti. «I dati Waste Watcher sembrano restituire una trasformazione culturale che viaggia in profondità – sottolinea Luca Falasconi, coordinatore del Rapporto Waste Watcher “Il caso Italia” – Il contesto internazionale alimenta una nuova attenzione al valore delle risorse, e in particolare al cibo. Ogni giorno immagini di carestie e fame – da Gaza o da altri teatri di conflitto – entrano nelle nostre case risvegliando la nostra sensibilità, un rinnovato senso di giustizia, insieme alla consapevolezza di una interconnessione globale che chiama in causa e rende responsabili tutti i cittadini del mondo».

GENERAZIONE Z, IL MOTORE DELLA SOSTENIBILITA’: AMBIENTE, RELAZIONI, CREATIVITÀ DIGITALE.

La generazione Z ha le maggiori potenzialità per muovere il cambiamento. Nell’indagine condotta dall’Osservatorio WWI il focus dedicato agli Z – ovvero circa 9 milioni in Italia (2025) – la prima la prima generazione “digitale nativa”, si sente distintamente il rumore di motore acceso che porta al cambiamento. La GenZ è attenta, anzi molto attenta, alle questioni legate allo spreco alimentare e alla sostenibilità dei consumi.

Sono chiari – e in prospettiva molto promettenti – gli elementi positivi rispetto alla platea generale di consumatori: la Generazione Z mostra infatti una forte propensione a riutilizzare gli avanzi in tempi rapidi, affidandosi a ricette trovate online (+10% rispetto al campione nazionale), porta a casa gli avanzi (+6%) o condivide il cibo con parenti e vicini (+5%), porziona e surgela gli alimenti più deperibili (+2%) aumentando la frequenza di acquisto (+1%), presta più attenzione all’impatto ambientale dei prodotti alimentari acquistati (+2%), è molto più sensibile (+8%) rispetto alle tensioni internazionali, è molto più attenta (+11%) all’economia dei prodotti indipendentemente dalla loro provenienza, compra sempre frutta e verdura di stagione (+2%). Insomma, i Zeta sono dei veri campioni antispreco.

Ma sta soprattutto nella creatività digitale il valore aggiunto per ridurre lo spreco, dare valore e nuova vita al cibo, attivare relazioni. Questi elementi, distintivi dei Z, possono avere una duplice importante ricaduta nella società, aiutando da un lato le generazioni più “vecchie” e meno digitali, ma anche dall’altro risultando di esempio per le generazioni future in un mondo dove la digitalizzazione è un fattore sempre più importante, visto che la fascia più “alta” della GenZ ha già famiglia e figli. «La GenZ, quindi – sottolinea il direttore scientifico Waste Watcher Andrea Segrè – risulta un vero e proprio motore di sostenibilità sia per smussare gli aspetti critici legati alla gestione degli alimenti sia per trasmettere e amplificare quelli positivi centrati sulla digitalizzazione, la relazione e la sostenibilità. Le politiche pubbliche per contrastare lo spreco alimentare e promuovere diete sane e sostenibili devono introdurre l’uso diffuso di strumenti digitali, integrando piattaforme come Sprecometro nei programmi di educazione alimentare. La vera sfida è trasformare il caso della Gen Z in pratica diffusa, capace di coinvolgere le generazioni meno digitali, le fasce più vulnerabili e naturalmente le generazioni future».

2025, PERCHÉ SPRECHIAMO IL CIBO E COME CERCHIAMO DI PREVENIRE.

Il Rapporto Waste Watcher 2015 attestava uno spreco settimanale di ca 650 grammi in Italia: dieci anni dopo il miglioramento si percepisce nella flessione generale di quasi 100 grammi, e anche nella maggiore attenzione alla gestione e fruizione del cibo: un dato quasi plebiscitario di 9 cittadini su 10 (l’88%) che dichiarano la propria cura nella predisposizione dei pasti, dedicando molta o parecchia attenzione, “anche se non ho molto tempo”. E solo il 4% degli italiani dichiara di non avere a cuore la cucina del cibo, per mancanza di tempo o di passione. Il 95% degli italiani dichiara la sua attenzione alla prevenzione dello spreco: il 59% si dice “attentissimo”, perché non si deve sprecare niente e il 36% è “per lo più attento, ma qualche volta buttiamo via del cibo”. E ancora: 1 italiano su 2 (52%) dichiara di acquistare sempre frutta e verdura di stagione, 6 italiani su 10 (63%) si accertano che il cibo a rischio deperibilità venga mangiato prima. Per questo il 58% congela il cibo che non riesce a mangiare subito. Le cause dello spreco sono spesso attribuite alla conservazione a monte della filiera alimentare: più di 1 italiano su 3 (37%) sostiene che “frutta e verdura spesso sono conservate in frigo e quando le porto a casa vanno a male”, il 29% che “i cibi venduti sono già vecchi”, il 31% ammette che “me ne dimentico e scade/fa la muffa/marcisce/si deteriora” e che “ho sempre paura di non avere a casa cibo a sufficienza”, il 29% dà la colpa alle troppe offerte. La sincerità degli italiani affiora dalla domanda sulle difficoltà a tenere abitudini antispreco: 1 italiano su 10 si scoraggia perché il proprio comportamento non farebbe la differenza, sempre 1 su 10 sostiene che ‘costa troppo’, mentre 2 italiani su 10 (18%) dice che “richiede troppo tempo” e il 36% ammette che “non ci penso: me ne dimentico”. I tentativi virtuosi vedono in testa chi mangia prima il cibo che rischia di guastarsi (50%), e congela i cibi che non si possono mangiare a breve (47%), ma c’è anche chi fa il test con gli alimenti appena scaduto, e se il cibo sembra ancora buono lo utilizza: una pratica che coinvolge più di 1 italiano su 3 (39%), così come quella di valutare attentamente le quantità, prima di cucinare (37%), di fare la lista della spesa (35%), mentre solo il 28% privilegia l‘acquisto di piccoli formati e solo il 24% cerca di “fare il programma di cosa cucinare in ogni giorno della settimana”.

LA LEZIONE DEL 2025: #SPRECOZERO FA TENDENZA, LA APP SPRECOMETRO.

Solo in Europa, ogni anno vengono gettate 59 milioni di tonnellate di cibo, per un valore di 132 miliardi di euro. In media, ogni cittadino europeo spreca circa 70 chili di cibo in ambito domestico e 12 chili nei ristoranti, a livello globale le famiglie rappresentano il 60% dello spreco alimentare globale(UNEP, 2024). Proprio per questo, in occasione della 6^ Giornata Internazionale della Consapevolezza delle Perdite e degli Sprechi Alimentari istituita dalle Nazioni Unite, si festeggiano oggi, 25 settembre, a Roma, i vincitori del Premio Vivere a spreco zero, che individua le migliori buone pratiche di sviluppo sostenibile. E ha presentato i suoi dati aggiornati la app Sprecometro che conta 21000 utenti. Ad oggi sono state registrate oltre 40 tonnellate di cibo sprecato, l’equivalente di circa 80.000 pasti completi. Questo spreco ha un valore economico di 430.000 €, una cifra sufficiente a coprire lo stipendio medio annuale di più di 15 persone. Ma lo spreco non pesa solo sul portafoglio: ogni tonnellata di cibo buttato porta con sé conseguenze ambientali enormi. Parliamo di circa 260.000 kg di CO rilasciati, pari alle emissioni generate da oltre 1.700 voli aerei di linea nazionali. Lo spreco alimentare significa anche 15.000 metri cubi di acqua consumata inutilmente, l’equivalente di più di 6 piscine olimpioniche. Infine, per produrre questo cibo mai consumato, sono stati impiegati 270.000 metri quadrati di suolo, pari a quasi 40 campi da calcio.

Un panel speciale è stato dedicato al progetto Food is Never Waste, guidato dall’Università di Bologna e da CIHEAM Bari nell’ambito della Food Coalition – l’iniziativa globale guidata dalla FAO e promossa dal Governo Italiano – con il sostegno della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). L’obiettivo è aiutare i Paesi target (Albania, Egitto e Tunisia) a sviluppare strategie locali per prevenire e ridurre perdite e sprechi alimentari, rafforzando le capacità locali e nazionali, attivando piattaforme multiattore, migliorando le competenze tecniche per la misurazione di perdite e gli sprechi alimentari lungo le filiere e favorendo la consapevolezza e la mobilitazione attraverso azioni pilota e la condivisione delle conoscenze. In Tunisia lo spreco di pane rappresenta un problema persistente e costoso nelle mense universitarie, l’attuale indice di spreco nel piatto supera il 15% (Ben Ismail et al., 2022). Il pane da solo costituisce il 29% dello spreco totale, risultando il prodotto più sprecato. Tale criticità è aggravata dalla forte dipendenza della Tunisia dalle importazioni di cereali e dalla presenza di sussidi statali sul pane. Food is Never Waste propone una strategia sperimentale basata su interventi comportamentali, per ridurre lo spreco di pane attraverso una riorganizzazione del sistema di distribuzione dei pasti in quattro mense universitarie pubbliche di Tunisi. In collaborazione con partner accademici e istituzionali, saranno progettati, implementati e valutati quattro interventi: (1) la possibilità di scegliere la porzione di pane o rinunciarvi; (2) una campagna informativa sugli effetti dello spreco alimentare; (3) un approccio combinato con contenuti educativi e una revisione dell’architettura decisionale; (4) l’introduzione di nuovi sistemi per la misurazione dello spreco di pane.

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