Vince Copetti, figurante storico di Borgo Pracchiuso, in omaggio ai colori dei nobili Antonini. “Civuite” o secondo posto per il poeta cittadino Colautto. “Purcite” tradizionale all’ultimo in classifica. Il prof. Travain, ideatore dell’evento autogestito annuale ispirato alle tradizioni di Udine: “Soddisfazione per la perseverante testimonianza di spontaneità e liberalità dell’iniziativa civica!” con patrocinio di Arengo e ARLeF e varie adesioni associazionistiche.
Il vincitore
Il sig. Sergio Copetti, del Gruppo Storico Borgo Pracchiuso, ha, dunque, vinto a Udine, il “Pali di Avost” 2025, iniziativa spontanea e autofinanziata, promossa da un gruppo di cittadini raccordato attorno al prof. Alberto Travain che, per il terzo anno, nel pomeriggio di Ferragosto, lungo l’anello della fontana di Piazza Matteotti, ha riproposto, in versione modellistica, le gare equestri per cui, un tempo, la Capitale friulana era nota in Italia ed Europa. Un palio a pedine, oggi, quindi, a mo’ di gioco dell’oca, con cursori dipinti dallo stesso prof e indossanti livree commemorative di piccoli e grandi casati nobiliari della storia di Udine e del Friuli, da abbinarsi, tramite sorteggio, ai candidati concorrenti. Il Copetti ha ricevuto, pertanto, il tradizionale prezioso drappo, per tanti secoli ambìto premio, trasposto oggi nel dato simbolico dell’insegna purpurea di Aquileia sovrana, storica matrice rivendicata di Udine. Primo alla meta, insomma, Copetti, sotto la bocca di leone marciano settentrionale della fontana di Giovanni da Udine, a ricordare la storica pista circolare del “Zardin Grant” o Piazza Primo Maggio, con stallone bianco omaggiante il casato degli Antonini, nome che rimanda a straordinari palazzi della città e molto caro alla storia della cavalleria udinese, come attesta in Duomo il monumento equestre al capitano Daniele, eroe secentesco della cittadinanza.

La classifica
In seconda posizione, con grigio corsiere onorante le insegne degli antichi castellani di Maniago, legatissimi all’epica cavalleresca arturiana e con bella residenza nel borgo cittadino di Poscolle, si è piazzato il poeta sig. Enea Colautto, già vincitore del Palio agostano 2023: a lui, così, è toccata, secondo costume, la “civuite” o “çus”, non nell’accezione comune di rapace bensì di bovino, tradotto nella graziosa forma di un salvadanaio. Terzo arrivato, l’artista Pietro Maria Crestan, figura storica dei Palii cittadini contemporanei, che ha corso con niveo esemplare intitolato alla casata udinese de Merlo, originaria sandanielese. Quarto classificato, il sig. Ermano Beltrame, rievocatore, con leardo omaggiante la schiatta dei Torriani, primi Signori di Milano riparati in terra friulana e divenuti ivi capi degli ottimati oltreché eminente casato dell’Impero, con palazzo udinese raso al suolo dal popolo, di cui restano solo “Florean” e “Venturin”… Al quinto posto, con il prof. Alberto Travain, promotore dell’evento e leader storico del civismo culturale fogolarista, il baio in onore dei conti Rota, oriundi bergamaschi, patrizi a Venezia e potenti in Friuli, particolarmente in riva al Tagliamento, tra Codroipo e S. Vito. In sesta posizione, con la sig.ra Roberta Turco, anche lei rievocatrice storica, il cavallino bianco dei nobili Gorgo, aristocratici udinesi originari di Vicenza, con sontuoso palazzo nel Borgo Viola. Al settimo posto, con la sig.ra Marisa Celotti, civista locale, lo storno dei Cossio, castellani di Zegliacco e ricchissimi “piccoli re” codroipesi con radici forti “di là da l’Aghe”. Si è aggiudicata l’ottava posizione la sig.ra Albana Plos, figurante storica, con il morello di Casa Sbroiavacca, altra prosapia molto legata alla storia della cavalleria friulana. Il candido corsiero dei Manin, dinastia patrizia dell’ultimo doge della Serenissima, oriunda fiorentina e profuga in Udine la cui cattedrale ancora ne celebra la munificenza, si è classificato nono, abbinato al past president del circolo universitario “Academie dal Friûl”, sig. Victor Tosoratti. Decimo il grigio destriero dei Codroipo, aristocrazia udinese, friulana e transfrontaliera, sotto la prof.ssa Renata Capria D’Aronco. Undicesimo, sotto il presidente dell’Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane sig. Eros Cisilino, si è piazzato il morello di Casa Arcoloniani, notabili udinesi divenuti castellani di Moruzzo e imparentati con l’ultimo eroico portabandiera del Patriarcato libero, il celeberrimo Marco, cui ora, grazie all’ARLeF, è dedicato anche un film di grande successo a livello internazionale. Il bianco destriero dei Pavona, lombardi inurbatisi a Udine già nel Duecento, alla pronta briglia della dott.ssa Maria Luisa Ranzato, è uscito vincente, infine, dal conclusivo duello con il leardo dei castellani di Montegnacco, sotto la sig.ra Marina Scagnetti, la quale, pertanto, ultima arrivata, ha ricevuto in premio la tradizionale “purcite”, maialino da latte anch’esso tradotto nella simpatica forma di una “musine”. Corsa animata da colpi di scena, assalti, rimonte. Tra i momenti di maggior tensione seppure giocosa, alimentata da antiche rivalità di ceto dei figuranti in gara – aristocrazia udinese, friulana e veneziana dell’Ancien Régime – ecco allora lo scontro tra i castellani Arcoloniani ed i cittadini Codroipo, evocati nella fattispecie da Cisilino e D’Aronco, prevalsa quest’ultima, come nella Storia effettivamente i Codroipo ebbero a subentrare ai parenti Arcoloniani, per eredità, anche nella vasta braida cittadina presto affacciata alla Stazione ferroviaria! Tutti per la foto di rito, poi, in Via Mercatovecchio, sotto l’antico Anello paliesco, angolo Vicolo Pulesi, dove il vincitore ha appuntato la propria coccarda di gara sul Palio Storico, cimelio dell’ultima contesa equestre contemporanea avvenuta in città nel 2002, mirabilmente dipinto dall’artista Pietro Maria Crestan.
L’organizzazione

La gara è stata preceduta, il 25 luglio, giorno di S. Giacomo, dalla proclamazione in piazza dei “capitoli” palieschi, letti in “sitadin” o friulano udinese, in omaggio alla peculiare identità “furlane” della Capitale del Friuli Storico. Poi corteo ferragostano di presentazione, promosso dal Gruppo di Borgo Pracchiuso e procedente da Porta Manin per Mercatovecchio e Mercatonuovo, al suono delle “scraçulis” o raganelle, sonora metafora dei cittadini di una città di rogge ed, un tempo, di rane; corteo ricevuto al Canton del Monte da delegazione del fogolarismo primo promotore dell’iniziativa. Poi, presso la Guglia di Piazza Matteotti o S. Giacomo, i discorsi ufficiali di una manifestazione ufficialmente organizzata dal “Fogolâr Civic di Udin”, con il patrocinio dell’Arengo udinese e dell’Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane, in accordo con il Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, il Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, il Club per l’Unesco di Udine, il Coordinamento Civico Udinese “Borgo Stazione”, il Gruppo Storico Borgo Pracchiuso e Galleria Italian Secret.
L’allocuzione
A sintetizzare ragioni e spirito dell’iniziativa, l’allocuzione in friulano del presidente fogolarista, prof. Alberto Travain. Di fronte ad un pubblico curioso ed attento, raccoltosi improvvisamente attorno alle rappresentanze, lo stesso ha parlato di una città, amorevole madre che abbracciai i suoi figli senza riscontrare rispondenza d’affetti, coscienza filiale e coesione fraterna. Una Udine deserta non solo a Ferragosto ed abbandonata dall’iniziativa pubblica in ordine ad intenti motivazionali di costruzione, rafforzamento e radicamento di una comunità cittadina locale oggi non percettibile se non come vacuo concetto. “Udin desert: i citadins a organizin il Pali. La citât di Udin e à une antighe tradizion di Pali, che si riferìs al 1300, une tradizion che e va indevant di secui e no à di invidiâ chês di altris citâts, come la grande Siene, che, diferent di Udin, e à savût mantignî orgoi e sens de sô storie, che i udinês no san nancje là che a son. La citât di Udin, il Comun di Udin nol sint. Cheste e je la tierce edizion dal Pali di Avost: la tierce volte che si cjatìn la dì dai 15 di Avost, su cheste place, là de fontane, a fâ une gare in tont par ricuardâ il Pali che si faseve in Zardin Grant tal Sietcent. Un Pali che al è vuê no cui cjavai vêrs. Pali modelistic, cun miniaturis 1:72 di cjavai e cavalîrs, che a rapresentin cjasadis de antighe nobiltât di Udin e dal Friûl, che e coreve il Pali. E ca si confrontin, impen, citadins, che a Madone di Avost a son su la place di Udin. No àn nuie ce fâ. O forsit alc di impuartant: dâ une testemoneance che chest desert, che al ospite partidis internazionâls ma al reste un desert, al sa ben no jessi però un desert, par volontât dai siei citadins, no par volontât des Istituzions che no rapresentin par nuie il spirt di no sumission, di no scomparizion, di cheste citât. Nô udinês o volìn che Udin nol mueri; che al sedi plui grant e plui fuart, cul aiût di ducj, dai udinês di vuê e di îr. No contin origjinis: al conte l’orgoi e la volontât di tignîalte cheste bandiere, che no je sôl bandiere “calcistiche” ma e je ancje bandiere dal afiet. Cheste citât e je une mari che nus abrace ogni dì. A di cheste mari nô no i din nuie: no si sintìn siei fîs, no si sintìn famee. E je ore di cambiâ vele! Cheste ocasion di zûc e divertiment e pues ben sei une des ocasions che nus fasin cambiâ!”. L’orgoglio, quindi, di una spontanea dedizione civica, non prezzolata quindi reale, alla testimonianza di comunità. Non una balzana trovata estiva, fuori luogo e tempo, in mezzo a una calura vacanziera consigliante altre date meno impegnative – come, tra le righe, è parso far notare il rappresentante del Comune di Udine, consigliere sig. Carlo Giacomello – bensì una voluta attestazione di presenza ed iniziativa spontanea, esemplare, didattica sul piano civico, proprio nel momento in cui il privato è portato maggiormente a rivendicare il proprio disimpegno nei confronti della comunità nel sacro nome di non meglio motivate ferie.
Gli interventi
Al prof. Travain ha fatto subito eco il presidente dell’ARLeF sig. Eros Cisilino, che ha calorosamente ribadito l’appoggio suo personale e dell’Ente a un’azione – quella condotta da quattro decenni dal professore stesso e dai suoi sodalizi – tesa chiaramente a recuperare ed a reinventare su radici solide il senso di una comunità udinese che possa di nuovo farsi volano di un Rinascimento civico friulano, capitale autentica di un popolo forte, orgoglioso e unito. Dopo il saluto del Gruppo Storico Borgo Pracchiuso, portato dal figurante sig. Sergio Copetti, che ha disquisito sul valore culturale simbolico della “scraçule”, ha preso la parola il chimico Victor Tosoratti, presidente emerito dello storico Circolo Universitario Friulano “Academie dal Friûl”, che ha ribadito l’utilità sociale di un perseverare nella testimonianza. Il “camerarius” dell’Arengo cittadino oltreché presidente del Club per l’Unesco di Udine, prof.ssa Renata Capria D’Aronco, ha ribadito, idealmente a nome di tutta la cittadinanza rappresentata nel consesso arengario, estrema gratitudine nei confronti del citato prof. Travain, epitetato specificamente anche come “Padre dell’Arengo udinese contemporaneo”, quindi della vera democrazia partecipativa locale del tempo presente. “Sappia apprezzare Udine il singolare ed isolato esempio d’azione civista di Travain – ha detto l’artista ed intellettuale Pietro Maria Crestan – , fortuna rara per una città oggi meno di altre, forse, connotata e mobilitata da proprie specifiche peculiarità assunte come scusa per raccordare vecchi e nuovi tessuti sociali, quindi rivitalizzare un forte senso di comunità”. Interventi, quindi, in friulano, veneto ed italiano, simbolo sebbene incompleto della grande ricchezza identitaria di Udine, mentre il presidente ARLeF Cisilino ha intrattenuto in inglese oltreché in “marilenghe” i più curiosi turisti. Anche dal Goriziano attestazioni di condivisione: giunto da Capriva l’intellettuale Bruno Tofful, vecchio amico dei fogolaristi udinesi; comparsa in piazza anche del past president del Club per l’Unesco di Gorizia, gen. Adriano Chini…
Morale?
“Risultato? – dice Travain – Il piacere di riscontrare e di dimostrare, contro ogni apatia e disimpegno, che esiste sparuta e motivata parte degli udinesi liberalmente pronta a dedicare addirittura il suo Ferragosto all’anima storica della città, da resuscitare dalla banalità e dal torpore in cui versa. Dire che non siamo soltanto uno sfondo per eventi internazionali più o meno grandi calati dall’alto e non siamo nemmeno e non vogliamo essere una mera Disneyland di bar, osterie e pizzerie alla ricerca del soldo turistico. Vogliamo essere comunità: comunità udinese, con le sue radici, le sue tradizioni, il suo orgoglio di esistere. Anche nel deserto di Ferragosto!”.

