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Università: Rosolen, missione Fvg scopre rilievi assiri in Kurdistan

DiRedazione

Dic 9, 2019

“Regione opera per diplomazia culturale e scientifica”

  Roma, 9 dic – Dieci imponenti rilievi rupestri raffiguranti il sovrano e i principali dei d’Assiria sono stati rinvenuti lungo un grande canale d’irrigazione scavato nella roccia nel sito archeologico di Faida, a circa 20 km a sud della città di Duhok, nel Kurdistan iracheno settentrionale.

Una scoperta eccezionale, nata nell’ambito del progetto archeologico regionale Terre di Ninive (Land of Nineveh Archaeological Project- ParTeN) dell’Università di Udine e della direzione delle Antichità di Duhok guidata dal professor Daniele Morandi Bonacossi e dal dottor Hasan Ahmed Qasim, a sua volta collegata a un’iniziativa di cooperazione internazionale della
Regione Friuli Venezia Giulia avviata nel 2012.

“La Regione sostiene l’Ateneo di Udine nel percorso di scoperta delle radici della nostra civiltà che si concentrano nella Mesopotamia”, ha ricordato oggi a Roma l’assessore Fvg all’Università, Alessia Rosolen, nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede di rappresentanza della Regione e
incentrata proprio su Terre di Ninive.

“È un dato importante – ha evidenziato l’assessore – perché credo che l’archeologia, in un frangente diplomatico come questo che è anche un momento di nuove conoscenze, sia fondamentale da un lato per la trasversalità dei saperi che riesce a mettere in connessione, dall’altro per quella cooperazione internazionale che ci consente di iniziare davvero a parlare di diplomazia culturale e scientifica”.

Per Rosolen, “la collaborazione che l’università di Udine ha avuto con gli atenei del Kurdisatn iracheno ci offre la possibilità di andare a tracciare una nuova identità di quel popolo e immaginare uno sviluppo della loro economia turistica”.

Scenario storico della missione archeologica è la Mesopotamia del nord, oggi Kurdistan iracheno, una zona post-bellica ancora minacciata da vandalismo, da scavi clandestini e da un’espansione delle attività produttive che ha fatto seguito alla fine del recentissimo dominio dello Stato islamico (2014-17), quando i rilievi di Faida si sono trovati a soli 25 km dalla linea del
fronte.

Come ha ricordato il professor Morandi Bonacossi, questa regione ha una centralità strategica nella storia della civiltà mesopotamica e delle ricerche condotte in questo campo dagli archeologi. I siti sono oggi insediati in una regione amministrativamente autonoma che ha fatto del Kurdistan iracheno un anteposto dell’archeologia moderna, con 1100 siti riconosciuti.

I dieci bassorilievi portati ora alla luce a Faida ritraggono il sovrano assiro rappresentato due volte, alle estremità di ogni pannello, al cospetto delle statue di sette divinità su dei piedistalli posti sul dorso di animali. Le figure divine rappresentano il dio Assur, la principale divinità del pantheon assiro, su un dragone e un leone con corna, sua moglie Mullissu seduta su un elaborato trono sorretto da un leone, il dio della luna, Sin, anch’egli su un leone con corna, il dio della sapienza, Nabu, su un dragone, il dio del sole, Shamash, su un cavallo, il dio della tempesta, Adad, su un leone con corna e un toro, e Ishtar, la dea dell’amore e della guerra su un leone.

Gli scavi sono avvenuti tra settembre e ottobre 2019, quando gli archeologi hanno individuato dieci imponenti rilievi rupestri di epoca assira (VIII-VII secolo a.C.) scolpiti nella roccia lungo un antico canale d’irrigazione di quasi 7 km di lunghezza. Il canale di Faida, alimentato da un sistema di risorgive carsiche, è con ogni probabilità un’opera voluta dal sovrano assiro Sargon
(720-705 a.C.) per irrigare una grande porzione di entroterra agricolo nei pressi della capitale dell’impero, Ninive.

Sono passati quasi duecento anni dall’ultima scoperta di rilievi rupestri assiri, monumenti estremamente rari, avvenuta nel 1845 in quest’area, per opera del console francese a Mosul, Simon Rouet, che scoprì i rilievi di Khinis e Maltai. Più recentemente, nel 1972, Julian Reade, un archeologo inglese del British Museum, aveva individuato l’ubicazione di tre bassorilievi sepolti lungo il canale, senza però poterli portare alla luce a causa dell’instabilità politica e militare che contraddistingueva la regione in quegli anni di aspro confronto fra i Peshmerga curdi e l’esercito del regime baathista.

A tratteggiare gli aspetti salienti del progetto sono stati chiamati i protagonisti di questa cooperazione a partire da Rezan Kader, alto rappresentante del governo regionale del Kurdistan, che ha evidenziato come “sia stata salvata la radice dell’umanità di tutti quanti noi”.

Di “trasversalità della ricerca” ha parlato Marina Brollo, delegata del rettore dell’Università di Udine per il trasferimento della conoscenza. Giuseppe Morandini, presidente della Fondazione Friuli Continuità, ha posto l’accento su determinazione, continuità e metodologia utilizzate per questo progetto. Francesco Zorgno, presidente di ArcheoCrowd, è invece il partner privato che ha condiviso la finalità della difesa del patrimonio archeologico come investimento culturale.

Paolo Andrea Bartorelli, capo ufficio VI della direzione generale per la promozione del sistema Paese nell’ambito del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, ha evidenziato “il ruolo dell’Italia nella difesa del patrimonio dagli attentati sia del fondamentalismo islamico sia della scarsa attenzione verso i siti in pericolo, sensibilizzando la comunità
internazionale”.

Una cornice culturale e diplomatica, quindi, in cui si inserisce l’obiettivo di includere il sito kurdo nel patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco, con la creazione di un parco archeologico e turistico sostenibile.
ARC/SSA/fc

Di Redazione

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