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Yuleisy Cruz Lezcano 2ª classificata al 28° Premio Internazionale di Narrativa “Trofeo Penna d’Autore”

DiRedazione

Nov 30, 2025

L’etica dell’umano e i poteri forti

(Di Yuleisy Cruz Lezcano)

La storia contemporanea del mondo, particolarmente quella del secondo dopoguerra, è costellata di interventi nascosti, colpi di Stato, disinformazione e operazioni sotto falsa bandiera, orchestrate da potenze internazionali per far cadere governi sgraditi e assicurarsi il controllo di risorse, territorio e influenza geopolitica. Questa non rappresenta una lettura complottista del mondo: è, al contrario, una constatazione supportata da documenti declassificati, archivi di Stato e studi universitari. Diversi esempi emblematici mostrano come le superpotenze — soprattutto Stati Uniti e Unione Sovietica — abbiano utilizzato strumenti occulti per modellare gli equilibri globali. Un esempio emblematico è Operation Northwoods, un progetto proposto nel 1962 da alti livelli del governo e delle forze armate statunitensi che contemplava atti terroristici, attentati, dirottamenti, sabotaggi, attribuiti a regime cubano, con l’obiettivo di giustificare un’invasione a Cuba. Forte del suo cinismo strategico, quell’operazione, benché poi respinta, rimane paradigma di quanto può essere graduale e sistematico il ricorso alla menzogna come strumento di potere. Non meno significativa è la lunga e controversa interferenza del CIA nelle vicende politiche dell’America Latina: nella memoria storica restano operazioni come Project FUBELT, destinato a impedire l’elezione del leader socialista Salvador Allende in Cile e a promuovere un colpo di Stato militare, e la campagna segreta contro governi democratici considerati “scomodi” per gli interessi statunitensi.

Un caso ormai celebre riguarda l’Iran nel 1953. Il primo ministro democraticamente eletto, Mohammad Mossadeq, aveva nazionalizzato il petrolio iraniano, togliendolo al controllo britannico della Anglo-Iranian Oil Company (poi BP).

Documenti CIA declassificati nel 2013 confermano che gli Stati Uniti, insieme al Regno Unito, organizzarono un’operazione clandestina – Operazione Ajax – fatta di propaganda, corruzione di militari e politici, disordini pilotati e manipolazione dell’opinione pubblica. Con l’obiettivo: reinstallare lo Shah e riportare le risorse sotto influenza occidentale.

Un anno dopo, nel 1954, un altro governo democraticamente eletto, quello di Jacobo Árbenz in Guatemala, fu rovesciato tramite un intervento segreto della CIA. Árbenz aveva avviato una riforma agraria che danneggiava gli interessi della United Fruit Company, colosso statunitense.

La CIA addestrò truppe ribelli, manipolò i media, trasmise notizie false via radio e orchestrò una campagna di terrore psicologico. Il risultato fu la caduta di Árbenz e l’inizio di decenni di dittature e violenze.

Queste operazioni, che mixavano propaganda, finanziamenti occulti, supporto a forze politiche e militari, manipolazione dell’opinione pubblica, non furono casi isolati, ma parte di una strategia strutturata pensata per modellare l’assetto politico globale. Le democrazie locali venivano fatte saltare, le istituzioni indebolite, la sovranità nazionale sacrificata sull’altare di interessi economici, ideologici, geopolitici. Così, la storia “ufficiale” spesso celava a malapena i laboratori clandestini del caos.

Da una prospettiva sociologica e antropologica, questo processo rivela il funzionamento di un meccanismo di potere profondamente asimmetrico: da un lato, un’élite internazionale, legata a finanza, industria, grandi lobby, dotata di mezzi per plasmare governi, opinioni pubbliche e confini; dall’altro, la massa dei popoli, ridotti al ruolo di spettatori e vittime di decisioni prese in stanze segrete, senza trasparenza e senza consenso. In questo contesto la democrazia si trasforma in un simulacro, la sovranità in un’illusione, la libertà in una parola vuota.

È proprio in tale contesto che assume significato profondo la frase: «Vivo in una società priva di moralità che ottunde la sensibilità e affievolisce la capacità della maggior parte delle persone di compiere il bene, ma che offre a una minoranza l’accesso a una gamma sorprendente di piaceri intellettuali ed estetici». Essa non descrive soltanto una condizione individuale, ma un ordine sociale: un sistema che premia pochi con privilegi enormi, potere economico, accesso ai media, controllo dell’informazione, e marginalizza la maggioranza privandola degli strumenti culturali, morali e materiali per riaffermare la propria dignità.

Quando le operazioni di potere si avvalgono non solo dell’arroganza militare, ma anche della manipolazione dell’informazione, attraverso propaganda, media controllati, disinformazione, allora la verità diventa fluida, la responsabilità sfocata, la coscienza collettiva anestetizzata. Le “false flag operations” ovvero attacchi o provocazioni attribuiti a un nemico, realizzati da chi vuole un pretesto per intervenire — diventano non eventi straordinari, ma elementi di routine di una guerra mediatico-politica permanente.

Questo ordine mondiale, costruito sul segreto, sulla forza, sulla finanza e sulla menzogna, si rivela una macchina di sopraffazione che travolge culture, diritti, speranze di autodeterminazione. Ogni volta che un governo sovrano viene rovesciato, ogni volta che un conflitto viene avviato sotto pretesti costruiti, ogni volta che l’informazione è manipolata per giustificare violenza, impoverimento, paura — l’umanità in quanto comunità di esseri pensanti e senzienti subisce un colpo. Eppure, non è solo una questione di potere: è anche una questione morale, antropologica e spirituale. Perché il potere economico e militare, quando domina senza contrappesi, genera un mondo di cinismo, disumanizzazione, egoismo, sospetto. Distrugge la fiducia, erode la solidarietà, annienta la possibilità di un progetto condiviso di giustizia e dignità. Il risultato è una società in cui prevale la diffidenza, l’isolamento, l’apatia, esattamente ciò che favorisce chi detiene il potere.

Ma conoscere questa storia, smascherare i legami tra finanza, potere e interventismo, rivelare le operazioni clandestine, significa anche riaprire la possibilità di una scelta diversa. Significa restituire al popolo la propria capacità di pensare, di agire, di aspirare a un’umanità più giusta. In questo senso, la memoria, la verità storica, la consapevolezza diventano un atto di resistenza.

Un’umanità ricamata con etica, giustizia e solidarietà non può nascere, oggi, come frutto di buonismo o idealismo ingenuo, ma come progetto concreto: richiede che le società rompano il monopolio della finanza sul potere, che le istituzioni siano trasparenti, che i popoli abbiano accesso alla conoscenza, che si costruiscano nuove forme di partecipazione reale e che la solidarietà smetta di essere considerata un optional. Solo allora potrà fiorire una nuova umanità — capace di rifiutare la menzogna, di difendere la dignità, di custodire la verità.

In un’epoca in cui le guerre si combattono oltre i confini, nella mente, nella percezione, nella fiducia, l’arma più potente resta la coscienza di ogni individuo. E la grande sfida è ricordare, denunciare, costruire con la verità, con la solidarietà, con l’etica dell’umano.

Di Redazione

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