Verticale di degustazione
Conegliano Valdobbiadene DOCG sui lieviti
annate dal 2019 al 2023

Tra le storiche mura della cantina costruita nel 1904 dal Conte Ottaviano, i modernissimi impianti dell’azienda vitivinicola Conte Collalto lavorano solo uve di proprietà con una produzione di circa 650.000 bottiglie all’anno, delle quali più di metà di Prosecco Superiore DOCG.

L’azienda agricola Conte Collalto è situata da Wired tra le prime dieci più antiche al mondo. Data infatti 958 la pergamena con la quale il Re d’Italia Berengario fece dono a Rambaldo Collalto del bosco del Montello e della Curtis di Lovadina, vasta pianura di prati, pascoli e vigneti ai piedi delle colline trevigiane.
Dal Medioevo a oggi i Collalto hanno continuato ad amare questo territorio, preservandone l’equilibrio naturale e valorizzandone la biodiversità, la sostenibilità e le caratteristiche agronomiche, paesaggistiche e vitivinicole: Conte Collalto è infatti l’azienda con la più vasta superfice vitata e produzione delle varietà autoctone Verdiso e Bianchetta.
Così come è l’unica a produrre ancora oggi quattro Incrocio Manzoni, una famiglia di vitigni che prende il nome dal professor Luigi Manzoni, fondatore della più antica scuola di enologia d’Italia situata nella qui vicina Conegliano. Non dimentichiamo la storica produzione delle uve Wildbacher, che da oltre due secoli producono un vino rosso prezioso ed esclusivo.
La Principessa Isabella Collalto de Croÿ, primogenita del Principe Manfredo e della principessa Trinidad Collalto, dal 2007 è alla guida dell’azienda agricola e segue personalmente i vigneti e la cantina ricevuti in eredità dal padre. Una conduzione in cui spicca l’attenzione per le innovazioni sostenibili nella cura dei vigneti e la ricerca qualitativa applicata alle caratteristiche del prodotto e del territorio.

L’azienda Conte Collalto ha continuato nel tempo a migliorare la resa qualitativa dei propri vitigni. Rientrano in questa mission i progetti di zonazione, sviluppati in collaborazione con Uva Sapiens.
Illustre esempio di questa attenta zonazione è l’Ottaviano, Il Prosecco DOCG “sui lieviti” Brut Nature, prodotto dalle uve di un singolo vigneto, in zona Torrai, da un vigneto di oltre 40 anni.
Il conte Ottaviano Antonio, chiamato anche il “conte agricoltore”, ebbe una visione lungimirante: egli darà il maggior contributo all’innovazione nel settore, mettendo le basi di quella che sarà la moderna enologia. A fine ‘800 il conte Ottaviano, infatti, è già nel consiglio della scuola enologica di Conegliano, socio di maggioranza del primo Comizio Agrario. Inizia a costruire la moderna cantina a Susegana -prima era all’interno del castello- con uffici, alcuni alloggi, scuderie e acquistando anche moderni tecnologici macchinari. Sono gli anni in cui si cominciano a sperimentare nuovi modi di vinificare il Prosecco, gli anni delle prime spumantizzazioni.
Il Conte Ottaviano è tra i pionieri di questa sperimentazione. Il suo Prosecco “sui lieviti” rappresenta le origini dell’attuale Prosecco spumante, nato appunto da una visione che pochi uomini illuminati hanno avuto oltre cento anni fa. Ecco perché questo vino è dedicato proprio a Ottaviano.
Seppur antichissima, la versione Sui Lieviti è la più recente introduzione nel mondo del Conegliano Valdobbiadene dove, la prima annata di questo tipo di prodotto a poter fregiarsi della fascetta DOCG, è stata quella del 2019.

Nel Prosecco DOCG Sui Lieviti la presa di spuma avviene in bottiglia come per il metodo classico e in modo naturale. Al termine del processo non si effettua il “dégorgement” e i lieviti conferiscono allo spumante una leggera velatura, tipica di questa rifermentazione in bottiglia.
Questa tipologia di vino si presenta in versione Brut Nature ed è uno spumante fresco, torbido, con finissime bollicine. Rispetto al classico Prosecco Superiore sono presenti sensazioni olfattive più ampie e complesse, sostenute dal classico sentore di crosta di pane dato dai lieviti. Un vino messo a nudo grazie all’assenza di filtrazioni, solfiti e zuccheri. Questo processo di vinificazione consente al vino di conservare inalterate le proprie caratteristiche e conferisce una longevità inusuale e straordinaria se confrontata con il mondo “Prosecco”.
Le cinque annate ci vengono descritte dall’enologo Umberto Marchiori, fondatore di Uva Sapiens e consulente per Conte Collalto. Marchiori è laureato in Viticoltura ed Enologia e Dottorato di ricerca in Scienze degli Alimenti a Udine. Vanta esperienze professionali in Italia, Francia, Romania, Nuova Zelanda. Suo il motto: “Il percorso di qualità di un vino inizia in vigna e continua in cantina. Ogni singolo passo richiede capacità di osservazione e analisi, valutazione di rischi e opportunità, creatività nell’elaborare soluzioni e coraggio nell’effettuare le scelte necessarie”.
Annata 2023. Un vino giovane, non ancora in vendita. Viene assaggiato en primeur. Si rilevano note di cedro, caffè, note balsamiche e di elleboro. Figlio di un’annata calda e umida, questo vino non ha zuccheri aggiunti: “Esattamente come dev’essere il vino -spiega Marchiori- lontano dalla deriva del Prosecco frutto dell’omologazione”.
Annata 2022. Un’annata calda e secca. Qui emerge tutto il giallo del Mediterraneo lasciando al palato note di iris, ginestra e tarassaco. Una salinità e densità superiore. Un vino interessantissimo molto persistente, un vino che è stato 24 mesi sui lieviti, un metodo classico raw.
Annata 2021. Un vino più maturo, caleidoscopico. Dai 36 mesi sui lieviti iniziano ad emergere quelle tonalità più dolci, più accoglienti, figlie di questa lunga lisi. Un’esperienza eloquente della bontà dell’annata: troviamo uve completamente mature, perfettamente sane. Qui, per Marchiori, c’è proprio tutto il territorio. Troviamo note di fiore d’acacia e di miele ma anche una notevole eleganza, seppur il vino sia “nudo”: senza zuccheri ne solfiti
Annata 2020. Annata sanissima. Qui emergono note arancioni, tonalità mature che rivelano un vino maturo. Una nicchia di interesse clamorosa. Siamo in periodo pandemico e nel mondo congelato dalle attività dell’uomo è la natura l’unica grande protagonista. Non solo dimostra una straordinaria longevità ma addirittura un’evoluzione positiva nel tempo, non affatto scontata, a ribadire che le uve erano di altissima qualità. In quest’annata sono particolarmente evidenti i sentori tipici del metodo classico, aromi di panificati che si strutturano fino alle più dolci note di brioche.
Annata 2019: 60 mesi sui lieviti. Semplicemente indescrivibile. Note di spezie e balsamiche. Canfora e anice, note molto evolute, estremamente piacevoli. Si percepiscono note di fiore giallo ma anche note secche, evolute. Qui viene fuori la grande expertise Conte Collalto, la capacità di andare in profondità che Conte Collalto si può permettere per storicità, per territorio, per know-how. Altro merito è proprio la longevità che, dopo oltre 5 anni fa sì che il vino sia articolato e dotato di ottima beva.
Sempre al passo con i tempi, Conte Collalto oggi guarda al mercato proponendo un altro top di gamma: il neonato Schenella. Un vino bianco importante prodotto da una selezione delle migliori uve di Manzoni Bianco, fermentate in acciaio a temperatura controllata e poi affinate in botti di rovere da 500 litri per 12 mesi. Come sempre l’azienda dedica le riserve agli antenati più rappresentativi della dinastia. Schenella I visse nel XII secolo passando alla storia per aver saputo governare mantenendo una perfetta armonia tra papato e impero. È questo l’equilibrio che contraddistingue lo Schenella: un vitigno nato dall’incrocio tra Riesling Renano e Pinot Bianco, esatto bilanciamento che si ritrova anche in degustazione. Gli aromi freschi e fruttati dati dalla fermentazione e dall’affinamento in legno conferiscono al vino una complessità unica e di grande armonia.
Sarà presentato in anteprima il 7 aprile alle 11.30 a Vinitaly, Padiglione 3, stand C1 Collalto da Nicola Frasson.
Grazie per darne