Dal caldo rovente del pomeriggio all’esplosione di luci e emozioni allo Stadio Euganeo: il Loom Tour incanta il Nordest con uno show potente, viscerale e indimenticabile

Un caldo feroce, le prime code già dalle 7 del mattino, tende, zaini, bottiglie d’acqua a far da barriera contro l’afa padovana di metà giugno. Padova si è svegliata così, giovedì 19 giugno, sotto l’assedio pacifico dei fan degli Imagine Dragons, arrivati da tutta Italia e non solo, per la data veneta del Loom World Tour 2025. Un concerto atteso da mesi, sold out da settimane, e che ha trasformato lo Stadio Euganeo in un’arena pulsante di musica, emozione e pura energia.
L’atmosfera si è scaldata presto, molto prima del tramonto. All’apertura dei cancelli, alle 16, una fiumana ordinata ma entusiasta si è riversata nell’area concerto: tra loro, ragazzi giovanissimi, genitori con figli, gruppi di amici con magliette coordinate, fan storici tatuati con i testi delle canzoni. Gente arrivata da Milano, Napoli, Torino, Brescia, Austria e Slovenia. Un vero melting pot generazionale e culturale, unito dall’attesa di rivedere Dan Reynolds e compagni dal vivo, in una delle poche date italiane del tour.
Il palco, monumentale, sembrava uscito da un sogno digitale: tre enormi ledwall si estendevano ai lati e dietro la band, luci geometriche in continuo movimento, una struttura luminosa che lasciava intuire quanto lo show sarebbe stato tanto visivo quanto sonoro. E infatti, alle 21.05, con precisione svizzera, le luci si sono spente di colpo. Silenzio per un attimo. Poi un’esplosione.

Dan Reynolds compare al centro, a torso nudo, tamburo a tracolla, e parte “My Life”. È delirio. Da lì in poi è un’ora e tre quarti di scaletta incalzante, senza un secondo di pausa.
La voce potente e calda di Reynolds, i riff puliti e graffianti di Wayne Sermon, la precisione ritmica di Platzman e la linea di basso che ti entra nel petto firmata Ben McKee. Tutto perfetto, ma mai freddo. “Thunder”, “Shots”, “Demons”, “Enemy”, “Natural”, “Whatever It Takes”… ogni pezzo è accolto da un boato, ogni parola cantata da quarantamila persone come fosse un unico coro. Con “Radioactive” si alzano le torce, i cellulari, le braccia. Con “I Bet My Life” si balla abbracciati. E poi c’è “Believer”, tra luci stroboscopiche, fumo e una marea di coriandoli dorati, ad accompagnare una delle chiusure più travolgenti mai viste all’Euganeo.
Reynolds non si risparmia, salta, corre, suona la batteria, lancia cuori al pubblico e parla spesso in italiano: “Siete incredibili, Padova! Questa serata è speciale!”. Si vede che ci crede davvero. Sorride spesso, scherza con il pubblico, si inginocchia più volte, ringrazia. La band lo segue, affiatata e in forma smagliante. E il pubblico lo ripaga, cantando ogni singola parola. Non una voce, ma quarantamila.

A fine concerto ci si guarda, sudati, stanchi, ma con gli occhi che brillano. Alcuni piangono, altri si abbracciano. Chi è venuto da solo trova compagnia tra perfetti sconosciuti. È questo che fa un grande concerto: unisce, scuote, rigenera. La musica, quando è fatta bene, è ancora capace di muovere le cose. E ieri sera Padova, per due ore, è stata capitale mondiale del pop-rock. Gli Imagine Dragons hanno dimostrato, ancora una volta, perché sono tra le band più seguite al mondo.
Un plauso anche all’organizzazione: ingressi fluidi, personale cordiale, acqua distribuita gratuitamente tra il pubblico sotto il palco, un impianto audio che ha retto alla grande e un pubblico che si è comportato in maniera esemplare, corretto, rispettoso, ma incredibilmente coinvolto.

Alessandro Leonardi