Cittadin-Tognon, magistrale prova dell’ensemble organo-dulciana
GIACCIANO CON BARUCHELLA (RO), 21/12/2024 – Arabeschi e capriole di note, suoni melodiosi e delicati per un concerto sulle orme dei pastori e delle atmosfere dell’Avvento tra Cinquecento e Settecento. Nella chiesa di San Ippolito di Giacciano, antica cappella dei Bentivoglio, si è svolto ieri, 20 dicembre, un piccolo grande evento musicale: il Festival antichi organi del Polesine ha portato per la prima volta in scena alle nostre latitudini, l’inedito ensemble di organo e dulciana. Alla consolle dell’Antonio Callido del 1829, il maestro Nicola Cittadin, direttore artistico del Festival; alle due dulciane, soprano e basso, il maestro Paolo Tognon, un’autorità nazionale di fagotti antichi.
La serata è stata introdotta dal parroco don Stefano Certossi che ha detto: “Nell’approssimarsi del Natale, essere allietati dalla musica fa bene al nostro spirito”. I saluti dell’amministrazione sono stati affidati alla consigliera alla Cultura Agnese Rinaldi, anche a nome del sindaco Natale Pigaiani; mentre il consigliere Gianluca Dal Prà, con l’aiuto di Marcello, sagrestano junior, approntava lo schermo con videoproiezione che ha consentito a tutto il numeroso pubblico di apprezzare i movimenti e la tecnica dei due musicisti che suonavano dall’alto della cantoria di controfacciata della chiesa. Il Festival Antichi organi del Polesine è organizzato da Asolo Musica con Mic e Regione del Veneto, col patrocinio della Diocesi di Adria Rovigo e della Provincia di Rovigo e l’imprescindibile contributo del Comune di Giacciano con Baruchella.
Il concerto titolava “Cantabo domini, il Dolcesuono tra XVI e XVIII secolo”. Dolcesuono per fare riferimento alla dulciana, strumento a fiato rinascimentale, a doppia ancia, antenato del fagotto moderno, dal suono melodioso considerato il più simile alla voce umana e che ebbe una vasta diffusione tra Cinquecento e Settecento in Italia, in Europa e financo nell’America del sud. Il maestro Paolo Tognon, esperto nazionale di questo strumento, oltre che concertista internazionale, ha opportunamente introdotto il programma musicale, infarcendo di curiosità e spiegazioni tecniche, e dando particolare rilievo alla dolcezza avvolgente dei timbri, seppur diversi, delle due dulciane, basso e soprano.
Il concerto è stato concepito come un vero viaggio fisico e metaforico, tra compositori italiani, francesi, spagnoli, come dentro un quadro di Tintoretto, dove le tante pennellate di colore si fondono in un’immagine corale. Brani liturgici, dalle armonie celestiali, scritti come Pastorali e Pive, pensando alle atmosfere tradizionali di un Natale antico.
Fin dal pezzo introduttivo, “Piva la gagliarda” di Giorgio Mainerio (1535-1582) si è mostrata una straordinaria compenetrazione dei suoni dell’organo e della dulciana soprano, dove entrambi arrivavano puliti, ma complementari nell’omogeneità della composizione. Il maestro Nicola Cittadin ha sfoderato tutta la dolcezza dell’organo Antonio Callido, ora dialogando con le dulciane, ora appoggiandone il suono, facendole risaltare su un tappeto di basso continuo. Grande tecnica e perizia di entrambi i musicisti hanno permesso di intrecciare arabeschi espressivi, con passaggi ripetuti e sovrapposti dei due strumenti in “O felici occhi miei” del francese Jacques Arcadelt (1504-1568). L’organo ha eseguito da solo lo straordinario intreccio di linee melodiche della “Toccata, Bux Wv164” del tedesco Dietrich Buxtehude (1637-1707) facendo comprendere come mai il compositore era tanto ammirato dal giovane Johann Sebastian Bach, che si fece 400 chilometri a piedi da Anstadt a Lubecca, solo per ascoltarlo e carpire qualche segreto. Da evidenziare, proprio di Bach, la “Fughetta sopra il corale Vengo dall’alto dei cieli, Bwv 701”, in cui Cittadin, dalla consolle dell’Antonio Callido, ha davvero tirato fuori dei suoni celestiali, manovrando abilmente i registri più flautati, e facendo fluttuare nell’aria gli angioletti in discesa dal cielo, di cui pareva di sentire lo sbattere d’ali. Prova magistrale per Paolo Tognon su “Virgine bella” di Bartolomeo Tromboncino (1470-1535), tratta da Francesco Petrarca, in cui si è prodotto in una sequenza di intrecci sonori, originariamente pensati per soprano, compiendo delle complesse variazioni sull’armonia generale, una sorta di improvvisazioni jazz ante litteram, tutto quasi in apnea, dosando il fiato per consentire un suono pieno.
Concerto davvero unico, che ha fatto scattare molti applausi e rasserenato gli animi.
In copertina : Cittadin, Rinaldi, Tognon e Don Stefano