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Acciaieria di S. Giorgio di Nogaro: un impatto non sostenibile

DiRedazione

Mar 29, 2023

Le considerazioni di Legambiente FVG

In relazione alla ventilata acciaieria di S. Giorgio di Nogaro è necessario fare una premessa. 

Oggi le zone industriali dovrebbero essere considerate capisaldi della transizione ecologica o quanto meno non in contrasto con essa. 

Si rileva, invece, la diffusa assenza di pianificazione di dettaglio, i cosiddetti piani territoriali infraregionali, in grado di orientare gli investimenti, dare regole certe e predefinite agli investitori, fa sì che ogni nuova proposta di insediamento, venga valutata senza un quadro di criteri di riferimento e valutazione. Fra gli altri, è il caso anche dalla zona industriale di Porto Nogaro. 

La zona industriale ex ZIAC di San Giorgio di Nogaro (ora COSEF) è confinante con la Laguna di Grado e Marano, che è Sito Ramsar, dall’omonima convenzione a tutela delle zone umide; inoltre in essa sono ricomprese la zona di protezione speciale/zona speciale di conservazione della LAGUNA DI MARANO E GRADO e 2 riserve regionali (Foce dello Stella, Valle Canal Novo). Questa contiguità con ambiti di tutela internazionali, comunitari e regionali pone evidentemente un problema di convivenza, mentre si dovrebbe esaltare questa funzione di programmazione e gestione sostenibile anche dell’area industriale. Cosa che, invece, per la sua assenza, balza agli occhi anche del visitatore che, con passo frettoloso, attraversi l’area industriale di Porto Nogaro. 

Ciò premesso, risulta subito evidente come la proposta di un’acciaieria in prossimità della laguna abbia un impatto importante, considerando anche e soprattutto la logistica, i flussi di materiali, energia in ingresso e uscita dall’ipotizzato stabilimento. Naturalmente commentando solo le scarne informazioni disponibili. 

Un impianto che potrebbe lavorare da 2,4 a 4 milioni di tonnellate/anno (una quantità pari alla produzione attuale dell’acciaieria di Taranto!) con un fabbisogno energetico di gas metano per oltre un miliardo di mc/anno (si stima fino a 1,5 Mld mc/a) non potrebbe che avere un impatto grave sull’ambiente circostante e dell’intera regione con relativi milioni di tonnellate di CO2 aggiuntive di cui non si sente davvero il bisogno visto che dovremo decarbonizzare la nostra atmosfera in fretta nei prossimi anni. 

Chi provvederà agli investimenti necessari a decarbonizzare questi enormi consumi aggiuntivi di energia fossile? Visto che le tecnologie per fare l’acciaio con l’idrogeno green sono, ad oggi, una chimera, è più che probabile che l’energia necessaria sarà prodotta utilizzando gas naturale, alimentando in modo significativo le emissioni climalteranti.  

Inoltre, per far attraccare le navi sarà necessario approfondire il Corno (finanziamenti in tal senso sono già stati deliberati dalla Regione) di alcuni metri: quanti? Si parla di arrivare fino a 12 metri totali, ma non si dice che, per rendere utilizzabile tale infrastruttura di navigazione, bisognerà prolungarla oltre la laguna, fino al mare aperto per alcuni chilometri per poter assicurare l’accesso alle navi di adeguato tonnellaggio in ingresso e uscita e, soprattutto, non si dice che essa dovrà essere mantenuta anno per anno con costose opere di dragaggio e messa in sicurezza. E che impatto avrà questo dragaggio sulla mobilizzazione del mercurio che può transitare da una fase non solubile, legata ai sedimenti alla fase metilata e bioaccumulabile all’interno della catena alimentare? Che impatto avrà sulla penetrazione del cuneo salino esaltato anche dall’innalzamento progressivo del mare o sull’assetto morfologico – ambientale della Laguna? 

Senza dimenticare che la parte prossima alla laguna della zona industriale è occupata da aziende della nautica da diporto. Quale ricaduta produrrà l’acciaieria su di esse e, più in generale, sul paesaggio e il turismo nell’area? 

Come si potrebbe proseguire in uno sviluppo davvero sostenibile di tutta l’area lagunare, ricca di richiami naturalistici, storici e ambientali, su cui molto si è investito in questi anni, che sarebbe sicuramente depotenziata dalla presenza di una fabbrica di tal genere? 

Chiediamo al presidente Fedriga di farsi carico di queste problematiche e di dire subito cosa pensa e cosa ha già nel cassetto che ancora non dice, perché un’opera di questa portata avrebbe un impatto in totale contrasto con tutti gli impegni sulla completa decarbonizzazione della Regione che la sua Giunta ha fissato entro il 2045, addirittura con 5 anni di anticipo rispetto ai piani dell’Europa. Se la mano destra non sa quello che fa la sinistra allora o siamo di fronte ad un problema serio di bilateralizzazione o siamo di fronte ad un problema di ipocrisia profonda; in entrambi i casi non sarebbe un buon messaggio. 

Con questi elementi di valutazione Legambiente dice no al progetto di una mega acciaieria in un ambiente delicato e da proteggere come la laguna, che avrebbe un impatto sicuramente non sostenibile. 

Di Redazione

Direttore : SERAFINI Stefano Per ogni necessità potete scrivere a : redazione@vocedelnordest.it

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