Lo chiarisce il Mit. “Ora lavoriamo con maggiori certezze – dice Salvador – nel rispetto della sostenibilità”
Per i maricoltori italiani finalmente una certezza: con una nota di risposta a un’interpellanza dell’Associazione Piscicoltori Italiani (Api), il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) ha ribadito l’esclusione dell’acquacoltura, in quanto attività produttiva, dall’ambito applicativo della Direttiva dell’Ue 2006/123/C (c.d. Bolkestein), chiarendo in modo inappellabile la natura e la disciplina delle concessioni delle aziende di maricoltura.
«Ringraziamo il ministero per questa precisazione, che elimina la penalizzazione per la produzione ittica nazionale: a fronte di oltre 8.000 km di coste sono attualmente attive solamente 20 concessioni off-shore (una di fronte alle coste di Duino Aurisina), tanto che soltanto 2 pesci ogni 10 consumati sono italiani – ha affermato Pier Antonio Salvador, piscicoltore di Sacile e presidente Api -. La richiesta di specie ittiche pregiate di acquacoltura (spigole, orate, ombrine e ricciole) è particolarmente elevata nel nostro Paese, che è il mercato mediterraneo a maggior consumo e, almeno finora, si è dovuti ricorrere all’importazione per soddisfare la domanda in continua crescita».
Con la precisazione del Mit, in seguito all’azione incessante dell’Api iniziata fin dall’emanazione della Direttiva Bolkestein, è arrivato un chiarimento inappellabile sulla natura e disciplina delle concessioni delle aziende di maricoltura. L’Associazione auspica ora che le Pubbliche Amministrazioni competenti per le diverse aree e ambiti adottino i necessari consequenziali atti, a tutela degli acquacoltori, rimuovendo finalmente uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo dell’allevamento ittico in strutture off-shore.
«I maricoltori italiani producono seguendo standard qualitativi molto elevati – conclude il presidente Api – adottando, in gran parte, il Disciplinare “Acquacoltura Sostenibile” relativo al Sistema di Qualità Nazionale Zootecnica, promosso dal Masaf».