IMPRESA FUTURO. IL FUTURO DEL FARE IMPRESA. L’IMPRESA DI COSTRUIRE IL FUTURO
Secondo appuntamento a Treviso, dedicato all’impatto delle elezioni europee su economia e territorio. Il politologo Paolo Feltrin: «I prossimi anni vedranno meno Europa, ma alcune cose possono essere fatte per dare competitività alle imprese: rivedere le posizioni dominanti e gli aiuti di Stato. Sul finanziamento alle imprese, puntare su Fondi del risparmio privato»
Oscar Bernardi, presidente Confartigianato Imprese Marca Trevigiana: «Dall’Europa ci aspettiamo una seria spinta alla competitività, con decisioni in grado di creare un ambiente adeguato all’imprenditorialità e per affrontare la transizione tecnologica e verde»
«Dall’Europa ci aspettiamo una seria spinta alla competitività, con decisioni in grado di creare un ambiente adeguato all’imprenditorialità». Non usa mezze parole Oscar Bernardi nel presentare il secondo incontro del progetto “IMPRESA FUTURO. Il futuro del fare impresa. L’impresa di costruire il futuro”. «Parliamo di semplificazione burocratica», dettaglia il presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, «di internazionalizzazione delle medie, piccole e microimprese, di flessibilità e sicurezza del lavoro, di un corretto funzionamento della concorrenza, di accesso alle materie prime, di politiche ambientali e sociali adatte e sostenibili alle MPMI. Serve un’Europa che promuova le competenze, per un lavoro qualificato, in grado di affrontare la doppia transizione tecnologica e verde».
Sul ruolo, non solo economico, delle MPMI si è soffermato anche Ennio Piovesan, presidente Confartigianato Imprese Treviso: «Durante il Covid i nostri Rappresentanti comunali sono stati dei riferimenti importanti per le imprese, così come gli strumenti del credito artigiano. Di fronte a una sfida globale, i nostri imprenditori sono stati un pilastro anche sociale delle comunità locali».
“Un plauso a Confartigianato Imprese Marca Trevigiana per questa importante incontro, che si svolge in un momento storico di grandi cambiamenti per l’Europa. CentroMarca Banca da sempre e con lungimiranza affianca e sostiene gli artigiani e il mondo imprenditoriale nelle sfide sempre nuove che quotidianamente affrontano offrendo strumenti e risorse per evolvere e innovare, preservando l’unicità che li rende un’eccellenza.- ha commenta Claudio Alessandrini Direttore Generale di CMB partner dell’evento.
Proprio le macro prospettive europee sono state al centro dell’incontro “Dopo le urne. Gli esiti elettorali e il loro impatto su economia e territorio”, giovedì 27 giugno in Camera di Commercio a Treviso. È stato il politologo trevigiano Paolo Feltrin a tratteggiare il recente appuntamento elettorale europeo, definito non a caso «un’elezione di svolta».
«Le elezioni europee mostrano una forte presenza di disagio e malcontento popolare», ha subito affondato Paolo Feltrin. «Molti dei governanti hanno perso le elezioni, sia a destra che a sinistra. Tutto sommato l’Italia se l’è cavata meglio.»
L’Italia è a metà classifica nella partecipazione al voto: 48,3%. «La partecipazione è stata più elevata dove ci sono più strumenti per votare, come il voto postale», ha sottolineato Feltrin. «O si modernizzano gli strumenti di voto o altrimenti si vuole che la gente non voti».
Il panorama dei partiti si è decisamente sfoltito nel tempo. Erano 67 nelle elezioni europee del 1994, mentre nel 2024 si è registrato il numero più basso: 15, dei quali nove sottosoglia. «Solo due partiti hanno superato il 20%», nota Feltrin. «La soglia del 4% ha funzionato bene per fare selezione perchè trae in inganno chi pensa sia facile superarla».
Rispetto alle tendenze elettorali tra il 2006 e il 2024, l’area di centro sinistra è passata dal massimo del 49,3% al 30,9% di oggi. Il centro destra è più stabile, oscillando dal 50,2% al 47,4%. Il Movimento 5 Stelle si è ridotto di tre volte, passando dal 32,7% al 10%. Il centro, che aveva raggiunto il 10,6% alle politiche 2013, non ha raggiunto il quorum.
«I partiti di governo sono andati bene e in modo abbastanza omogeneo», ha rilevato il politologo. «Il grande sconfitto è stato il Movimento 5 Stelle, mentre c’è stato il successo inatteso del Partito Democratico (+5%). Ne è risultato un grande quadro di semplificazione. Alleanza nazionale ha preso più voti al nord, allo stesso modo del Partito democratico. La Lega è il partito più omogeneo di tutti.» Raffrontando i dati delle politiche 2022 e delle europee di quest’anno, in Veneto hanno guadagnato consensi Fratelli d’Italia (più 4,9%), raggiungendo il miglior risultato nazionale con il 37,6%. «Il Veneto è sempre stato più “governativo”», ha spiegato Feltrin, «per semplificare: vota Meloni non Fdi. Tuttavia, attenzione a pensare ad un voto stabile perchè la fiducia e la simpatia, così come salgono, possono con altrettanta velocità crollare».
Sono cresciuti anche Alleanza Verdi – Sinistra (2,8%), Pd (2,6%), Forza Italia (1,6%). Il calo più marcato è della Lega (meno 1,4%), seguita dal Movimento 5 Stelle (meno 1%).
Su scala nazionale, Fratelli d’Italia è l’unico partito che è cresciuto, anche se di poco, in tutte le regioni, anche se al sud prende dieci punti in meno del nord. Bene anche il Pd in tutta Italia, con l’exploit della Puglia (+ 16,8%) e arretramenti marginali in Trentino-Alto Adige (- 1,2%) e in Molise (- 0,1%).
Exploit di Forza Italia in Sicilia: + 12,5%. Il partito è in crescita ovunque, anche se contenuta, salvo che in Puglia (- 3,7%), Molise (- 3%), Basilicata (- 0,5%) e Abruzzo (- 0,3%).
La Lega è calata, anche se di poco, in tutto il nord Italia, salvo che in Friuli-Venezia Giulia (+ 3,9%), mentre tiene in centro e sud Italia. «Senza i voti del sud la Lega avrebbe perso», osserva il politologo. «A trainarla è stata la combinazione Vannacci e grandi opere».
Il Movimento 5 Stelle è arretrato ovunque, con un vero crollo al sud e nelle isole, con perdite in doppia cifra. «I flussi in uscita dei voti pentastellati», spiega Feltrin, «sono andati verso Pd, Lega e l’astensione». Al contrario, Alleanza Verdi-Sinistra è andata bene ovunque, con punte in Trentino-Alto Adige (+ 5,9%) e in Sardegna (+ 5%).
Azione e Italia Viva sono arretrate in tutto il nord e centro Italia, salvo in Liguria (+ 2,2%), mentre sono cresciute in Calabria (+ 6,2%), Campagna (+ 5,5%), Basilicata (+ 5%) e Molise (+ 1,8%). «Renzi e Calenda dimostrano ancora una volta di attingere a un elettorato delle grandi città, ma non sfondano altrove».
Rispetto alle grandi famiglie politiche europee, sono arretrati rispetto al 2019 i Popolari (- 2,5%), i Socialisti (- 6%), le Destre (- 2,3%) e la Sinistra (- 1,5%). In progresso, al contrario, i Liberali (più 2%), i Verdi (più 0,3%) e i Conservatori (più 0,6%).
«L’Europa è sempre stata governata da popolari e socialisti», ragiona Feltrin, «un modello che in Italia non è immaginabile. Sono comunque passati dal 66% dei seggi nel 1999 al 44% del 2024, con oggi una maggioranza risicata insieme ai liberali. A questo si aggiunge la forte presenza di governi nazionali radicali e ciò rende sempre più difficile governare l’Europa, spostando l’asse del potere dalla Commissione al Consiglio, dove ogni decisione deve essere presa all’unanimità».
Proiettandosi sul futuro immediato dell’Europa, Paolo Feltrin ha proposto alcune domande provocatorie: «Allargare a nuovi paesi o andare verso un’Europa più omogenea e più piccola? Stare nella Nato con gli americani o andare verso una difesa autonoma europea? Aprire all’immigrazione perché ne abbiamo bisogno, o rifiutarla perché gli immigrati creano problemi di sicurezza? Il green deal è un’opportunità oppure un affare per pochi ricchi, come pensa l’opinione pubblica, e perdipiù un vantaggio per la Cina?»
L’ultima faglia affrontata dal politologo è stato il digitale, partendo da un dato: la differenza tra il potere d’acquisto negli Stati Uniti e in Italia è triplicato dal 1992 al 2012. «Questo perché abbiamo perso il treno digitale», è la sentenza di Feltrin. «Tra le 50 maggiori aziende digitali al mondo solo tre sono europee».
Rispetto alle azioni dell’Europa per le imprese, tema centrale per Confartigianato, Paolo Feltrin è partito da una considerazione: «I prossimi anni vedranno meno Europa, ma alcune cose possono essere fatte, perché a volte less is more (meno è meglio)».
Primo: servono grandi player europei. Basta con la regola del divieto di posizione dominante: c’è bisogno di qualche colosso europeo che competa con i grandi gruppi americani e cinesi.
Secondo: rivedere tutta la materia degli aiuti di Stato. Serve una politica di aiuto europeo, magari ricorrendo a grandi fondi di risparmio privato, coordinati dall’Europa, e che finanzino tutte le imprese, in particolare le piccole e medie imprese .
Terzo: limitare il rischio dell’aumento dei dazi. È necessaria una politica europea di confronto con le altre grandi e economie mondiali (Stati Uniti, Cina, Giappone, India).