NEL SORPRENDENTE VIAGGIO CHE L’ATTORE STA COMPIENDO IN QUESTI ANNI NEL MULTIFORME CORPO DELLA LINGUA ITALIANA, NON POTEVA MANCARE UN’INCURSONE NEI VERSI DI UNO DEI PIÙ GRANDI POETI DEL ‘900
ideazione, drammaturgia e interpretazione di Fabrizio Gifuni
presentato in collaborazione con Fondazione Pordenonelegge
PORDENONE- Dolce, intimo, riflessivo: La fatalità della rima è un delicato omaggio che l’attore Fabrizio Gifuni rende ad uno dei poeti italiani più profondi del Novecento italiano, Giorgio Caproni. Si tratta di un progetto che approda in esclusiva al Teatro Verdi di Pordenone giovedì 12 maggio (ore 20.30) nell’ambito del percorso “Tra letteratura e teatro”, realizzato in collaborazione con Fondazione Pordenonelegge. Gifuni ci accompagna da anni in un sorprendente viaggio nel multiforme corpo della lingua italiana. Le ‘officine di lavoro sempre aperte’ di Gadda e Pasolini, ‘la carne che si rifà verbo’ nella dirompente lingua di Testori. Senza mai dimenticare Dante. Non poteva mancare in questo potente spartito, la musica leggera e profondissima di Giorgio Caproni, una suggestiva incursione nel suo universo poetico, nella fatalità della rima, nell’incerto confine tra il vero e l’immaginario. L’amore, i rapporti familiari, il mistero incomprensibile dell’esistenza, il congedo dalla vita. Cos’è la poesia e come si diventa poeti? I versi di Caproni si intrecciano in scena a frammenti di un’autobiografia in prosa, con una delicata ma prorompente incursione nella selva acuta dei pensieri e nelle segrete gallerie dell’anima di uno dei più grandi poeti italiani del secolo scorso.
Lo spettacolo allinea una rassegna di poesie che ridefinisce la poetica e le tematiche centrali della produzione dell’autore livornese, in una performance asciutta, solenne, toccante, che lega la musicalità della parola all’eleganza dei gesti, la semplicità dei vocaboli alle riflessioni complesse che attanagliano l’uomo moderno e riabilita la funzione sociale della poesia, dell’idea della sua totale accessibilità. Fabrizio Gifuni propone una ricostruzione organica e ben organizzata delle tematiche presenti nella produzione del poeta, che procede dai lavori giovanili fino alla maturità. Il rapporto con la propria terra, l’estenuante (e spesso infruttuosa) ricerca di Dio, la vita e la morte, la nostalgia e la speranza. Nelle riflessioni che muovono dalla poesia, e che nella poesia prendono la forma di sentimenti universali, l’attore ricostruisce mirabilmente la cornice nella quale poter inserire un poeta che ancora oggi può essere letto in una prospettiva molto feconda.
Impianti semplici (almeno in apparenza) e “rime chiare” quelle di Caproni, che celebrano l’idea di un’assoluta fruibilità dell’opera poetica e di una poesia che nella sua profonda semplicità svela la condizione di ogni uomo. È l’immagine del poeta “minatore”, che calandosi nel profondo di sé stesso raggiunge quei “nodi di luce (…) comuni a tutti” che descrivono l’essenza ultima dell’essere umano. Una poesia aperta, delicata ma intensa, un percorso tracciato con cura che sublima lo scavare del poeta ed esplora le pieghe recondite dell’animo umano, affermandosi come l’espressione di sentimenti universalmente noti ed esperienze comuni ad ogni sentire. Quella offerta dal Teatro Verdi di Pordenone si pone come un’occasione da non perdere per scoprire un poeta poco approfondito, soprattutto sui banchi di scuola, come Caproni, attraverso la splendida prova d’attore di un Fabrizio Gifuni che sa farsi perfetto veicolo e corpo per le sue parole.
Info e prevendite: www.teatroverdipordenone.it tel 0434 247624ì