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Voce del NordEst

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Giustino nel bosco dei desideri

DiSimone Piaquadio

Ott 1, 2025

C’era una volta una piccola casetta di legno, in un piccolo bosco nebbioso, abitata da un bambino di nome Giustino. Era un bambino molto solitario; non per sua scelta, sia chiaro, ma per necessità. A scuola infatti gli altri bambini lo deridevano e lo mettevano in disparte, perché era il figlio del taglialegna e viveva in una casa sperduta in mezzo al bosco. I suoi vestiti erano modesti e spesso rattoppati, perché la sua famiglia non era ricca e non poteva permettersi grandi lussi.

Anche i suoi giocattoli erano un po’ strani. Giustino amava raccogliere nel bosco rami e radici che avessero naturalmente la forma di animali. La bellezza di quei giochi stava proprio in questo: era la natura ad averli creati, ed erano tutti diversi l’uno dall’altro. Giustino amava collezionarli, anche se era di certo una passione un po’ bizzarra, soprattutto per un bambino di 9 anni!

Gli altri bambini della scuola abitavano in paese, in belle case di mattoni, e andavano vestiti sempre con abiti belli e costosi. Di certo non giocavano con “stupidi” pezzetti di legno, ma con moderni giochi elettronici: bambole parlanti, automobili telecomandate e così via. Giustino non aveva mai potuto permettersi di possedere quegli oggetti anche se, in cuor suo, non ne sentiva poi così tanto la necessità. Di una cosa invece sentiva la mancanza per davvero: avere degli amici sinceri con cui condividere i suoi giochi e il suo tempo.

I genitori di Giustino soffrivano a vederlo sempre così solo. Erano una famiglia povera, è vero, ma avevano sempre vissuto la loro condizione con grande dignità, anche se Giustino era troppo piccolo per capire queste cose. Per lui il lavoro di suo padre e la povertà della sua famiglia erano solo causa di sberleffi ed emarginazione.

In realtà non tutti i bambini della scuola lo ignoravano. C’era però un gruppo di sbruffoni e prepotenti che si divertivano particolarmente a prendersi gioco di lui. Erano i figli delle famiglie ricche del paese, i più in vista della scuola. Avevano i giochi più belli e organizzavano le feste più sfarzose e divertenti. Tutti volevano essere loro amici. Ovvio quindi che nessuno osava prendere le parti di Giustino, per evitare di venire escluso a sua volta da quella cerchia di privilegiati.

Giustino aveva però un desiderio nel suo cuore: avrebbe tanto voluto che gli anni passassero in fretta, per diventare grande, andarsene da quel paese e trovare la felicità in una nuova vita.

Miei piccoli lettori, vi do un avvertimento! Bisogna stare attenti a quello che si chiede, perché a volte, quando un desiderio viene espresso con grande intensità, succede che poi si realizza. Certo, starete pensando che il desiderio di Giustino era troppo inverosimile per potersi realizzare; ma questa è una favola, e nelle favole esiste la magia, e quindi tutto è possibile! Ma come, chi e quando lo scoprirete solo continuando a leggere la storia…

Ecco, vi dicevo quindi, che per far realizzare un desiderio bisogna richiederlo con una forte volontà. Capitava infatti che nella classe di Giustino ci fosse una bambina che a lui stava molto simpatica. Si chiamava Martina ed era dolce e diligente, proprio come lui.

Ogni giorno, appena uscito da scuola, Giustino prendeva il pulmino che lo riportava a casa. Si sedeva sempre nel primo posto, accanto all’autista, proprio davanti alla porta d’ingresso. Martina entrava sempre dopo di lui e, passandogli davanti, gli lanciava uno sguardo di sfuggita e un sorriso. Per lui quel breve “contatto” quotidiano era prezioso, e lo aspettava con impazienza.

Una mattina Giustino decise di andare oltre. Avrebbe regalato a Martina uno dei suoi animali di legno: il grande cervo reale! Attaccato ci sarebbe stato un biglietto per invitarla a casa sua a giocare. Al suono della campanella stava andando incontro a lei per donarglielo, quando il gruppetto di bulletti gli sbarrò la strada dicendo:

«Guardate, c’è il figlio del taglialegna! Che cartella piena che ha! Ehi Giustino, ci sono i tuoi giocattoli da pezzente lì dentro?»

Così, dopo avergli sfilato la cartella dalle spalle, cominciarono a lanciarla per aria, ridendo allegramente per quella bravata. Nei voli e nei ruzzoli la cartella si aprì, spargendo in terra tutte le sue cose. Purtroppo il grande cervo reale custodito al suo interno si ruppe irrimediabilmente!

A quella vista Giustino scoppiò in lacrime e scappò via di corsa tra le risa degli altri bambini. Salito sul pulmino, si sedette nell’ultimo sedile in fondo, rimanendo a piangere da solo con la faccia nascosta tra le mani. Continuò a piangere per tutto il viaggio.

Quel pomeriggio il tempo sembrava trascorrere in modo strano. Il viaggio fino a casa gli parve brevissimo: non aveva nemmeno avuto il tempo di asciugarsi gli occhi dalle lacrime. Sceso alla sua fermata, si incamminò verso casa lungo il solito sentiero nel bosco.

Quel giorno, però, c’era una fitta nebbia, più fitta di qualsiasi altra che avesse mai visto in vita sua. Forse per colpa della nebbia, forse per gli occhi ancora appannati dalle lacrime, gli pareva di non riconoscere la strada di sempre. A un certo punto notò il sentiero diradarsi e perdersi in una radura completamente sconosciuta. Si fosse perso?

Giustino ebbe un po’ di paura, ma questa svanì immediatamente quando, dal nulla, sbucò un bellissimo cervo. Non era la prima volta che vedeva un cervo nel bosco, ma era sicuramente la prima volta che ne vedeva uno parlante.

Sì, miei piccoli lettori, avete capito bene: parlante! Molto educatamente si presentò dicendo:

«Buongiorno, io sono il cervo delle nebbie e sono stato mandato dal bosco per realizzare il tuo desiderio. Se lo vuoi, vieni qui, chiudi gli occhi e stringi forte le mie corna con entrambe le mani. Il desiderio che porti nel tuo cuore diverrà realtà».

Giustino era meravigliato… ma non troppo! Ricordate: era solo un bambino, e i bambini sanno credere alla magia delle favole. Avete notato invece che gli adulti si perdono in mille domande razionali? Prima di credere vogliono capire come una magia possa avvenire.

Giustino invece era entusiasta! Senza fare domande fece come richiesto dal cervo e, appena chiusi gli occhi, scivolò immediatamente in un sonno profondo. Aveva anche fatto un sogno, talmente intenso da sembrare reale.

C’era una grande torre con un orologio enorme. Le lancette giravano velocissime e le ore scoccavano come secondi. In quel sogno vedeva se stesso e la sua vita come uno spettatore di un film, in cui la pellicola veniva mandata avanti e tutte le scene scorrevano rapide.

Eccolo lì, Giustino, bambino timido che vagava nel bosco a cercare bastoni a forma di animali da collezionare. Anche in quel sogno, come nella vita reale, veniva deriso ed emarginato dai compagni. Ma l’orologio della torre girava veloce e lui diveniva presto ragazzo. Era uno studente brillante, il primo della sua scuola, ma questo non gli dava comunque soddisfazione: continuava a sentirsi solo, escluso, considerato “diverso”.

Sul bus incrociava spesso Martina. Anche lei era cresciuta ed era diventata una studentessa brillante e carina. La simpatia che provava da piccolo si era trasformata in un sentimento più grande. Giustino, però, si sentiva inadeguato e custodiva nel cuore quel segreto.

Le lancette della torre correvano vorticosamente. La Grande Metropoli lo aveva affascinato presto, strappandolo al suo paese e al bosco. Ma la vita lì era troppo competitiva per un timido e pacifico figlio di boscaiolo. Si era dovuto accontentare di un impiego faticoso e mal pagato da facchino. Aveva preso in affitto la tanto desiderata casa in mattoni, indossava vestiti alla moda come gli amici che si era fatto in città, ma anche in quella nuova vita rimaneva, nell’animo, semplice e generoso. E di nuovo gli altri finivano per approfittarsi di lui. Nel cuore tornava quel senso di vuoto e inappagamento.

Gli anni continuavano a volare. Divenuto uomo, cercò rifugio nell’amore. Conobbe una donna che non aveva la bellezza e il sorriso di Martina, ma non gli importava: la sposò pur senza amarla davvero. Un rapporto nato senza sussulti non poteva durare a lungo e presto si dissolse.

Ancora l’orologio correva impietoso. I suoi capelli imbiancavano, il corpo portava i segni del tempo, ma Giustino non aveva ancora trovato ciò che cercava. Tentò allora di scrollarsi di dosso l’immagine di figlio di boscaiolo: investì ogni energia per costruirsi una maschera da uomo di successo. Ma dentro si riconosceva sempre semplice e autentico, e anche quella maschera cadde. Si ritrovava così agli sgoccioli del suo tempo, senza più possibilità di cambiare. Il desiderio espresso al cervo si era avverato, ma non come sperava: la felicità non era arrivata.

All’improvviso le lancette della torre si fermarono. Giustino si risvegliò: era di nuovo nel bosco nebbioso. Stringeva ancora le corna del cervo, ma non con le mani di un bambino: erano ormai mani rugose e deboli di un vecchio. Allora capì che non era stato solo un sogno. Quel tempo che aveva visto scorrere era davvero la sua vita.

Deluso, urlò al cervo la sua rabbia, accusandolo di non aver esaudito il desiderio. Ma l’animale, sereno, gli rispose:

«Il desiderio è stato esaudito secondo ciò che avevi nella tua testa. Se non sai essere felice dove sei, non lo sarai in nessun luogo. Ricorda: sono i tuoi pensieri a creare la realtà che ti circonda».

Il cervo aveva ragione. Giustino comprese che tutta la sua vita era stata segnata dalla convinzione di essere inadeguato. Si era sempre aspettato che la felicità arrivasse solo dopo aver raggiunto qualche traguardo. Era diverso dagli altri, sì, ma proprio quella diversità lo rendeva speciale. Lo capiva soltanto adesso.

Avrebbe voluto tornare indietro: affrontare i bulli, dichiararsi a Martina, non accontentarsi del primo lavoro trovato… Ma non era possibile. Il tempo era finito. Nella mente gli apparve il sorriso di Martina sul pulmino della scuola. Quello fu il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e riaddormentarsi per sempre nel bosco nebbioso.

Buona notte, bambini.

Lo so, lo so: per voi bambini questo finale è un po’ triste. Voi vorreste sempre il classico «per sempre felici e contenti», come in tutte le favole. Ma non sempre le cose vanno così… mi spiace. Però ricordate: questa è una favola, e nelle favole esiste la magia.

La magia può far realizzare i desideri. Quindi, senza chiedervi come sia possibile, chiudete gli occhi, stringete forte con entrambe le mani le corna del vostro cervo reale nella mente e immaginate un finale diverso per questa storia… se lo desidererete con forza, esso si realizzerà. Funziona! Io l’ho appena fatto, e quello che sto per raccontarvi è il nuovo finale che io ho desiderato.

…Con il sorriso di Martina come ultimo pensiero, Giustino si era addormentato nel suo vecchio bosco nebbioso. Ma una voce risuonò nelle sue orecchie: «Sveglia, Giustino! Basta sognare!». Scosso, riaprì gli occhi. Il sorriso dolce di Martina era ancora lì davanti a lui. Ma il bosco nebbioso non c’era più, e nemmeno il cervo reale.

Giustino era di nuovo un bambino di nove anni, seduto sul sedile del pulmino della scuola. Accanto a lui c’era Martina, che gli sorrideva teneramente. Sulle ginocchia teneva i pezzetti del cervo di legno rotto, e nella mano stringeva il bigliettino che Giustino aveva scritto per lei. Ancora frastornato e incredulo, Giustino l’abbracciò.

Nei giorni e nei mesi seguenti, Martina e Giustino passarono tutti i loro pomeriggi insieme. Le lancette dell’orologio sulla torre continuavano a girare veloci, ma il sorriso di Martina riempiva il cuore di Giustino a lungo, anche quando i loro capelli sarebbero diventati grigi.

Aveva imparato che, per essere felici, non bisogna guardare troppo lontano, ma semplicemente dentro di sé e a ciò che già si possiede. Le lancette dell’orologio si fermarono: il tempo stava terminando, ma Giustino aveva ancora una cosa da fare.

Doveva andare nel cuore del bosco nebbioso a cercare il grande cervo reale. Doveva ringraziarlo: perché aveva esaudito il suo desiderio, e soprattutto perché gli aveva insegnato dove trovare la felicità.

Buonanotte, miei piccoli lettori… per davvero!

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Di Simone Piaquadio

Simone è uno scrittore in viaggio tra parole e riflessioni. Ama raccontare storie di cambiamento e ricerca di sé, con uno sguardo profondo e autentico- Qui condivide pensieri, frammenti di racconti con chi, come lui, ama perdersi e ritrovarsi tra le righe.