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Il Margine: Rompere il silenzio. Superare un aborto

DiRedazione

Mag 16, 2024

Jessica Zucker

ROMPERE IL SILENZIO

Come ho superato un aborto spontaneo

A volte sopravvivere è il meglio che possiamo fare. Però, certe volte, possiamo fare di più. Con il tempo. Ho avuto il privilegio di vedere più e più volte, con i miei occhi, come la sopravvivenza elementare può evolversi in vera crescita.

Oggi sappiamo che è possibile affrontare un grande dolore come quello dovuto a un aborto spontaneo, avendo ormai abbandonato concetti antiquati come l’autocolpevolizzazione, le accuse degli altri, l’idea di un fallimento del corpo.

Oppure no?

Oppure ancora troppo spesso il silenzio, lo stigma e la vergogna associati all’aborto impediscono al dolore di tante donne di venire alla luce, esattamente come la vita che hanno appena perso?

La psicoterapeuta statunitense Jessica Zucker, pur lavorando da sempre con donne in lutto per gravidanze mai portate a termine, non aveva familiarità con questo genere di sofferenza. E, come racconta in Rompere il silenzio (Il Margine), le sarebbe rimasto del tutto estraneo se non fosse stato per la figlia persa in casa a sedici settimane. Un trauma che l’ha lasciata con la consapevolezza che è necessario normalizzare la conversazione su questi temi, per rompere la “triade silenzio-stigma-vergogna” e fare in modo che, un giorno, nessuna donna dopo un aborto possa più dire: «Mi sento sola».

Non si può «uscire» dal lutto, né «superarlo» e neppure «passarci attraverso». Ma soprattutto non dovremmo mai cercare di aggirarlo o scansarlo del tutto. Ciò che possiamo fare è esistere al suo interno, insieme. Lo facciamo già, in effetti, per il solo fatto che siamo una su quattro (aborto spontaneo), una su cento (natimortalità), una su otto (infertilità), e l’elenco continua. Queste statistiche, che sommate rappresentano milioni di persone, indicano che siamo una schiera numerosa. Ma finché le donne non smetteranno di pensare in silenzio “È una cosa che vivo da sola, Mi sento isolata e Perché succede solo a me?”, il nostro lavoro non è terminato. Il mio lavoro non finisce mai. Dobbiamo impegnarci tanto, sia a livello di singoli individui quanto di comunità, per cercare nel nostro piccolo di cambiare la narrazione: raccontando la nostra storia, chiedendo a un’amica come sta, proclamando ad alta voce la nostra verità malgrado le paure.

Autrice della campagna #IHadAMiscarriage – divenuta un fenomeno e una community mondiale che ha permesso a migliaia di donne di condividere le proprie storie facendo rete e trovando conforto reciproco – Zucker intreccia la sua esperienza a quelle di tante altre donne con cui è entrata in contatto, in un’esplorazione che è un viaggio dentro di sé e in contatto con gli altri al tempo stesso compassionevole e profondo, un’indagine alla progressiva scoperta del lutto come un processo necessario, sfaccettato e collettivo.

A volte quando cerchiamo di spiegarci perché le cose brutte capitano alle persone buone, ci troviamo alla ricerca di un significato quando in realtà non c’è, intrappolati in un dualismo che è solo un’invenzione umana. I due opposti possono coesistere. C’è spazio e necessità per le sfumature, la complessità, le gradazioni. Possiamo soffrire e guarire simultaneamente. Possiamo essere simultaneamente grati per ciò che abbiamo e furiosi per ciò che non abbiamo. […]

*Jessica Zucker psicoterapeuta statunitense, si occupa di una vasta gamma di problemi tra cui ansia, depressione, lutto, perdita, relazioni famigliari e sviluppo dell’identità. Lavora principalmente con donne che vorrebbero avere figli, donne che hanno avuto aborti o perso neonati, donne con gravidanze dopo la perdita di un figlio, donne con disturbi dell’umore e dell’ansia perinatali e postpartum e nel mezzo di sfide relazionali dopo la nascita o la perdita di un bambino.

Collana: Pinova

Pagine: 256

Prezzo: 18,50€

In libreria da: 17 maggio 2024

Di Redazione

Direttore : SERAFINI Stefano Per ogni necessità potete scrivere a : redazione@vocedelnordest.it

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