I rapporti tra Italia e Albania e la storia dei loro due popoli, si sono intrecciate più volte nel corso di tutto il Novecento. Prima della guerra 1914-1918, l’Italia e l’Austria-Ungheria furono determinanti nella nascita di uno stato albanese indipendente. Allo scoppio del conflitto, l’Italia aveva colto l’occasione per occupare la parte meridionale dell’Albania, per evitare che potesse essere invasa, come accadde per il nord del paese, dagli austro-ungarici.
La dominazione fu breve, difatti alla Conferenza di Pace di Parigi l’Italia tentò di conservare l’area di Valona, ma la pressione del presidente statunitense Woodrow Wilson, unita ai movimenti nazionali albanesi, costrinsero le truppe italiane ad abbandonare l’area nel 1920, mantenendo solo l’isola di Saseno (di fronte a Valona). Dopo la presa del potere di Mussolini le ambizioni espansionistiche italiane sull’Albania si riaccesero. A partire dal 1925 il governo fascista cominciò a stipulare accordi diplomatici con il neoeletto presidente Ahmed Zog, che nel 1928 si autoproclamò re degli albanesi. L’Italia mirava a prendere il controllo dell’Albania in funzione anti-jugoslava e nell’ambito del più ampio progetto coloniale fascista. Il rapporto tra Zog e il fascismo si divise fra collaborazione e tensioni, ma pian piano l’influenza italiana sul paese si fece sempre più pressante. Dopo che il 15 marzo 1939 la Germania nazista invase la Cecoslovacchia, Mussolini decise di procedere con l’annessione dell’Albania. Il governo di Roma consegnò un ultimatum a Tirana il 25 marzo 1939, chiedendo che si acconsentisse all’occupazione italiana del “paese delle aquile”. Il sovrano albanese rifiutò le condizioni imposte, si sarebbe giunti allo scontro. Il 7 aprile 1939 il 1° Scaglione del Corpo di Spedizione Oltre Mare Tirana (O.M.T.), comandato dal Generale Alfredo Guzzoni, lasciò le coste dell’Italia e sbarcò sul territorio albanese nei pressi di San Giovanni di Medua, Santi Quaranta, Valona e Durazzo.
La resistenza armata albanese contro le forze armate italiane si rivelò molto debole e cagionò perdite modeste. Re Zog I e il governo furono obbligati all’esilio e l’Albania venne ben presto invasa e trasformata in Protettorato Italiano del Regno d’Albania. Il 16 aprile il trono albanese fu assunto dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III.
In rinforzo al Corpo di Spedizione partirono successivamente tre divisioni fra cui la Divisione Alpina “Julia”. Dal Friuli giunse a Bari l’8° Reggimento Alpini, per poi sbarcare a Durazzo fra il 14 e il 16 aprile, diretto ad occupare una fascia montagnosa nel nord del Paese. Il comando reggimentale e il btg. “Tolmezzo” si portarono prima a Orosh, quindi a Pukë sopra Scutari. Il “Cividale” si acquartierò in quel di Kukës e il “Gemona” a San Paolo presso Orosh. Fra le aspre alture albanesi, trascurata la diffusione malarica, fino alla fine dell’ottobre 1940 le penne nere non affrontarono conflitti di sorta. Si dedicarono invece ad attività di guarnigione, addestramento e al miglioramento della rete stradale, oltre che a spedizioni alpinistiche ed esplorative. La presenza degli alpini giovò anche alle povere condizioni di vita della popolazione locale, in termini di sviluppo commerciale, sanitario e della rete viaria.
Nel corso di tutta l’occupazione italiana giunsero anche circa 11.000 coloni dalla madrepatria (per lo più provenienti dal Veneto e dall’Italia meridionale) che si concentrarono principalmente nelle zone di Durazzo, Valona, Scutari, Porto Palermo, Elbasan e Santi Quaranta. A questi coloni si aggiunsero i 22.000 lavoratori italiani mandati temporaneamente in Albania nell’aprile 1940 per modernizzare il paese, costruendo strade, ferrovie e infrastrutture. La pacifica occupazione durò sino all’ottobre 1940 quando il governo italiano dichiarò guerra alla Grecia e gli alpini della “Julia” valicarono il confine ellenico per avanzare verso il Passo di Metsovo.