Una raccolta di tredici racconti, graffianti frammenti di vite di uomini di donne che vissero e che ancora vivono in quella terra chiamata Benečija
Storie di un tempo andato, quando umani, piante e animali delle Valli del Natisone incrociavano il loro cammino nell’intricato sentiero dell’esistenza.
Basati su testimonianze e storie di famiglia e di paese, ci portano in un mondo che ha vissuto a stretto contatto con la natura, e dove la gente ha dovuto apprendere fin da subito le severe leggi, muovendosi in un delicato equilibrio sancito dal ritmo delle stagioni, imparando a vivere dell’essenziale.
Gente forgiata da una vita di fatica e privazione, gli abitanti delle Valli del Natisone, arroccati in borghi sperduti e di difficile accesso, hanno saputo mantenere per secoli la loro indipendenza nella lingua e nei costumi.
L’Autore ha voluto narrare queste storie con “l’umile intento di ridestare l’interesse per questa terra dal carattere magico, carica di vita e di tradizioni; certo che il turista, lo straniero, il lah, una volta messo piede in queste Valli dalle sfumature antiche e misteriose, non riuscirà più a scordarle”.
Giuliano CITTI, classe 1983, vive a Rodda di Pulfero nelle Valli del Natisone. Alpino e scultore ligneo, ora sente l’impulso e la necessità di raccontare di questa terra da molti ormai dimenticata, di questa terra dove il tempo pare essersi fermato. Nel 2022 è finalista alla IX edizione del concorso “Premio letterario internazionale città di Como” con la raccolta “All’ombra del Matajur”.
Il giorno 7 ottobre, Giuliano CITTI sarà presente al Castello di Albana di Prepotto (UD) con un suo racconto tra i finalisti del “Concorso Prepotto. I racconti dello Schioppettino – III Edizione“.
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Il commento sull’opera della giuria del concorso 60° Premio letterario SETTEMBRINI, in cui è finalista:
“Giuliano CITTI compone un opera prima, pubblicata dalla casa editrice Kappa Vu, unitaria per temi e paesaggi, una raccolta di racconti basati su testimonianze e storie di paese ambientate nelle Valli del Natisone.
Lo stile misurato ed essenziale lascia spazio alla ricchezza linguistica propria del territorio, che l’autore evidenza affiancando, all’uso dell’italiano, non il friulano, bensì molti termini delle diverse varianti del benecijano, un dialetto sloveno parlato nelle Valli.
La giuria sottolinea come la narrazione dia conto, con naturalezza, ma al tempo stesso incisività, delle atmosfere sospese tra realtà e fantasia, concretezza e immaginazione, saperi contadini e leggende popolari.
La profonda sintonia fra uomo e natura, tipica di un tempo passato, suona come un incoraggiamento, mai come oggi attuale, a tessere nuovamente un dialogo proficuo con questi luoghi, nel segno della conoscenza, del rispetto e della salvaguardia delle tradizioni.”