Presentati oggi nel corso di una conferenza stampa i nuovi contenuti inseriti nel Museo del Lasciapassare/Prepustnica al valico del Rafut per iniziativa del Comune di Gorizia grazie al progetto finanziato dalla Regione FVG
Presenti: l’assessore alla Cultura del Comune di Gorizia Fabrizio Oreti, la funzionaria di area cultura del Comune, referente per l’ideazione e ’organizzazione del progetto Rossana Puntin, il Presidente dell’Associazione 47/04 Alessandro Cattunar, referente del coordinamento scientifico e ricerca storica dei contenuti e degli allestimenti artistici
GORIZIA- Grazie al progetto finanziato dalla Regione FVG, il Comune di Gorizia può adesso presentare i nuovi contenuti inseriti nel Museo del Lasciapassare/Prepustnica, allestito al valico italo-sloveno del Rafut che, grazie ad una mostra fotografica e multimediale, porta il visitatore alla scoperta della storia di Gorizia, Nova Gorica e del confine che le attraversa. Un viaggio tra le memorie dei testimoni e le immagini dell’epoca, all’interno di un piccolo valico, uno dei luoghi simbolo dell’Europa, prima divisa e poi riunificata. Anche in vista dell’avvio ufficiale della prima Capitale europea della Cultura transfrontaliera Gorizia e Nova Gorica GO!2025, il Museo si arricchisce di nuovi contenuti, nuove voci e testimonianze – presentate nel corso di una conferenza stampa dall’Assessore alla Cultura del Comune di Gorizia Fabrizio Oreti, con la funzionaria di area cultura del Comune, referente per l’ideazione e l’organizzazione del progetto Rossana Puntin, il Presidente dell’Associazione 47/04 Alessandro Cattunar, responsabile del coordinamento scientifico e ricerca storica dei contenuti e degli allestimenti artistici – con l’aumento dell’accessibilità linguistica della mostra esterna – che adesso può essere fruita in italiano, sloveno e inglese – e l’ampliamento degli orari di apertura.
Il Museo Lasciapassare/Prepustnica affronta uno dei nodi più complessi della storia di Gorizia, ovvero gli eventi che hanno segnato indelebilmente questi luoghi e i suoi abitanti con la divisione di un territorio, fino a quel momento unito, operata nel settembre del 1947 con il tracciato della linea bianca tra Italia e Jugoslavia. Gorizia è stata per molto tempo un’area di frontiera, ben prima di diventare una città di confine, prima cioè di diventare «la città divisa da una linea bianca». Le frontiere sono luoghi di transizione, di incontro. Sono luoghi di connessione e contaminazione, dove si costruiscono relazioni e dove, anche, ci si scontra: una complessità che emerge dai racconti dei testimoni, dai loro ricordi, dalle loro topografie della memoria presenti nella mostra permanente del Museo che trova spazio nella casetta dell’allora valico confinario. Accanto al Museo italiano, c’è anche lo sloveno Museo del contrabbando con la mostra permanente Na švenc! – Il contrabbando nel goriziano dopo la Seconda guerra mondiale che racconta come nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale gli abitanti della fascia confinaria, nel tentativo di migliorare il proprio standard di vita, contrabbandavano i beni sia dall’Italia verso l’allora Jugoslavia, sia in direzione opposta. Gli spazi che un tempo erano delle guardie confinarie italiane e jugoslave, sono oggi la sede dei due piccoli Musei che distano tra loro solo poche decine di metri.
In particolare, il Museo di parte italiana presenta la narrazione della Linea Bianca con uno schermo unico, diviso in due e attraversato da una linea bianca. È il 1947. Sono le settimane in cui il nuovo confine viene deciso e tracciato. Le immagini d’archivio ci raccontano due punti di vista, quello italiano e quello jugoslavo: racconti che devono apparire positivi, entusiasti, ma al contempo fanno emergere i sentimenti contrastanti nella popolazione, la drammaticità del momento, la difficoltà di scegliere da che parte stare. Un’immersione visiva e sonora nei giorni decisivi in cui nasce il nuovo confine che divide Gorizia, nella retorica che segnò i discorsi pubblici, nelle emozioni conservate dai volti e dai gesti dei goriziani.
Frammenti di Memoria è la sezione che scava nei racconti che le vicende del 1947 hanno provocato nelle famiglie. Attorno al tavolo, in genere quello grande, della cucina, molte famiglie goriziane si sono, infatti, riunite nell’autunno del 1947 per discutere. E per decidere. Decidere da che parte stare del confine appena definito. Di qua o di là. In Italia o in Jugoslavia. E da quella scelta sono dipese le vicende individuali e familiari dei decenni successivi. Un grande tavolo occupa oggi il centro di questa sala. Sul tavolo alcuni oggetti sono capaci di rievocare storie e memorie, frammenti di quelle vite vissute a Gorizia e Nova Gorica, la città vecchia e la città nuova, divise e unite da una linea di confine. È sufficiente metterli al centro del tavolo e poi sedersi, ad ascoltare.
Agli oggetti già presenti in mostra capaci di evocare racconti, si aggiungono adesso nuove installazioni a partire dal racconto sul fiume Isonzo/Soča. È il fiume dai due nomi, diviso tra Slovenia e Italia, ma anche il fiume che unisce. Lo è sempre stato. Ha assunto una fortissima valenza storica, punto di riferimento durante la Prima guerra mondiale, per sempre associato alle 12 terribili battaglie che lo videro al centro delle contese. Un fiume che è sempre stato riferimento per gli abitanti del territorio, che lo hanno reso risorsa indispensabile sul piano economico e produttivo, fonte di energia, spazio privilegiato per l’instaurarsi di industrie e attività produttive. Un fiume che, innanzitutto, è uno spazio naturale, che in quanto tale va tutelato, va rispettato, va protetto, anche contro gli abusi degli uomini. L’oggetto che lo rappresenta è un contenitore trasparente ripieno d’acqua.
Ulteriore racconto è quello sui doganieri. Si tratta di una figura diventata quasi mitica, parte dell’immaginario condiviso per la popolazione di confine. Uomini e donne che ci offrono uno sguardo privilegiato su questo territorio: lo sguardo di chi si trova in mezzo al guado, che osserva gli eventi da dentro il valico. Uomini e donne che spesso provengono da altre zone d’Italia e imparano presto a conoscere la gente di frontiera, i loro traumi, il loro passato fatto di convivenza e scontri. La difficoltà di vivere in una terra divisa, la prudenza verso le autorità jugoslave, la necessità di far rispettare le regole, nel rispetto delle persone. Uno sguardo privilegiato sui cambiamenti nelle pratiche di attraversamento del confine avvenuti tra anni Ottanta del Novecento e anni Dieci del Duemila. L’oggetto cardine con cui far partire questo ricordo è un tampone di inchiostro per i timbri.
Una paletta è l’oggetto che potrà essere utilizzato per richiamare un’altra figura cardine, quella dei finanzieri con la loro attività di controllo ai valichi di confini: i tentativi di contrabbando e gli attraversamenti illegali sono visti da coloro che devono far rispettare norme che non sempre capiscono, che non sempre condividono. Le domande, le dichiarazioni ufficiali, le automobili controllate e smontate. Grappa, burro, verdura, uova, carne devono essere controllati e pesati. La linea di confine deve essere perlustrata di continuo dai finanzieri e dai graniciari jugoslavi con il cane lupo, che a loro volta si guardano con sospetto al di qua e al di là della cortina di ferro che con il passare degli anni diventa sempre più permeabile.
Una comune koinè lega le persone e le vite dalle due parti del confine. Attraverso piccole storie di vita, aneddoti familiari, esperienze personali i testimoni fanno emergere i complessi e variegati rapporti tra italiani e sloveni, ma anche tra classe borghese e classe operaia, nel secondo dopoguerra. Gruppi sociali e nazionali spinti dalla politica a guardarsi con sospetto, ma che nella vita quotidiana trovano una molteplicità di occasioni per incontrarsi confrontarsi, mettere in gioco i propri pregiudizi, attraverso i giochi da bambini, il cinema, la musica. E anche l’amore. L’oggetto di richiamo di questo approfondimento è una vecchia cassetta musicale.
I racconti culminano poi nella “caduta” del confine. Il 1^ maggio 2004 la Slovenia entra nell’Unione Europea, e i festeggiamenti ufficiali si tengono a Nova Gorica e Gorizia, in piazza Transalpina, a cavallo tra Italia e Jugoslavia. L’orchestra suona l’Inno alla Gioia, le bandiere si innalzano davanti alla stazione, i due sindaci si stringono la mano e i fuochi d’artificio illuminano il cielo. È un giorno importante, l’inizio di una nuova fase storica, in cui le due città, Gorizia e Nova Gorica, potranno guardarsi con nuovi occhi, immaginarsi diverse, creare nuove pratiche di vicinato. I goriziani esprimono la loro gioia: i più anziani perché sperano un ritorno al passato, a quando la rete non c’era, a quando si era terra di frontiera, e non di confine; i giovani percepiscono l’importanza dell’allargamento dell’Europa, della possibilità di muoversi senza impedimenti, di pensarsi sovranazionali. Ma non mancano i timori, verso una novità che porta con sé anche molte domande e qualche timore, perché sarà necessario rinunciare a dinamiche consolidate, a piccoli privilegi, sul piano economico e commerciale, ripensare al ruolo della città in un contesto più ampio, e senza confini. L’oggetto di richiamo di questo racconto particolarmente vicino ed emozionante è un calice di plastica per il vino simile a quelli usati per i festeggiamenti in piazza Transalpina.
Nuovi orari:
Installazioni multimediali
ORARIO ESTIVO (maggio-settembre)
sabato e domenica 15:00 – 19:00
ORARIO INVERNALE (ottobre-aprile)
sabato e domenica 14:00 – 17:00
APERTURA INFRASETTIMANALE
su prenotazione
Mostra esterna
ORARIO ESTIVO (maggio-settembre)
sabato e domenica 13:00 – 19:00
ORARIO INVERNALE (ottobre-aprile
sabato e domenica 13:00 – 17:00
APERTURA INFRASETTIMANALE
13:00 – 17:00
Per informazioni e prenotazioni:
Comune di Gorizia
Ufficio Cultura, Eventi e Promozione Territoriale
0481-383 420 / 357 / 339