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PREMIO HEMINGWAY, CECILIA SALA: A SETTEMBRE IL MIO LIBRO SU IRAN E MEDIO ORIENTE

DiRedazione

Giu 28, 2025

“Quando ero detenuta in Iran, credevo che sarei rimasta per anni in quel carcere. La mia liberazione in 21 giorni è stata miracolosa, tuttora le intelligence internazionali si chiedono come abbia fatto il nostro governo ad ottenerla così rapidamente.  Sono grata di questo sforzo importantissimo, ed è agli atti il mio ringraziamento per questo successo clamoroso del governo italiano”.

“Teheran?  Centinaia di migliaia di ragazze che non indossano più il velo cambiano l’immagine della città, e oggi è così. I giovani della generazione Z non hanno più nulla a che fare con i rigidi precetti e codici di abbigliamento della Repubblica islamica: basta guardarli. E la gente non sa che il 70% dei laureati nelle materie Stem in Iran sono donne, in Italia solo il 22%. Parlare per un giorno delle ragazze di Teheran non significa rinnegare tutto quello che ho sempre detto del regime: avere chiara una distinzione fra popolazione e regime, non significa giustificare il regime”.

La guerra? Al momento la Repubblica islamica sembra essere ancora in piedi e il programma nucleare iraniano non è stato completamente distrutto. Dopo il 7 ottobre Israele ha deciso di affrontare tutti i suoi nemici, quindi la sensazione è che la guerra non sia ancora conclusa. “Il mio nuovo libro – ha annunciato Cecilia Sala – uscirà il prossimo settembre:  ci stavo già lavorando, quando sono partita per l’Iran lo scorso dicembre, doveva essere un libro sul Medio Oriente, inevitabilmente conterrà anche il racconto della mia detenzione. Sarà pubblicato da Mondadori”.

LIGNANO SABBIADORO – «Il mio mestiere regala belle emozioni: quando una persona che incontri in un’area di guerra si fida di te, e ti dedica un’ora della sua vita per raccontare cose molto private e molto dolorose, è inevitabile emozionarsi. Probabilmente è questo il motivo per cui ci si affeziona così tanto a questo lavoro, la ragione per cui l’ho scelto sin dagli anni del liceo»: lo ha spiegato oggi a Lignano Sabbiadoro la giornalista Cecilia Sala, accolta dal sindaco Laura Giorgi e da Alberto Garlini, presidente di Giuria del Premio Hemingway che l’ha vista vincitrice quest’anno nella sezione Testimone del nostro tempo «per la sua straordinaria capacità di raccontare il mondo con uno sguardo lucido, empatico e coraggioso, dando voce alle storie che spesso restano ai margini dell’informazione tradizionale. Attraverso i suoi reportage da zone di conflitto come l’Ucraina, l’Afghanistan e l’Iran, Sala ha saputo illuminare le contraddizioni del nostro tempo, portando alla luce le vite di chi resiste, lotta e spera in contesti di estrema difficoltà».  E incontrando oggi pubblico e stampa, Cecilia Sala ha confermato che «vedere le cose con i propri occhi, ascoltare i racconti di prima mano da chi li ha vissuti è impagabile per chi vuole fare questo mestiere, a qualsiasi latitudine del mondo. È questa la molla: poter essere presenti a eventi spesso tragici e spesso anche trasformativi della storia». Arrestata in Iran il 19 dicembre 2024 e detenuta nel carcere di Evin, a Teheran, con l’accusa di aver violato le leggi della Repubblica Islamica, Cecilia Sala è stata rilasciata dopo venti giorni, l’8 gennaio 2025. «L’Iran è il Paese a cui sono più affezionata – ha raccontato la giornalista – Sono tanti gli amici, tante le fonti e i contatti. Nel 2022 sono stata in prima linea in Ucraina, nel 2021 ero in Afghanistan, e sono stata nel sud Sudan di cui i nostri tg raramente parlano, malgrado gli oltre 150mila morti dell’ultima guerra. È un mestiere che ovviamente resta rischioso: i missili ti svegliano di notte e senti ogni ora i colpi di artiglieria, nei Paesi dove piovono bombe da 5 tonnellate è impossibile escludere di trovarcisi sotto, prima o poi. Invece l’ultima volta è finita con il mio arresto, e la detenzione. Conoscendo come le cose funzionano in Iran immaginavo di essere a rischio. Sin dai primi giorni di detenzione ho creduto che sarei rimasta per anni in quel carcere. La mia liberazione in 21 giorni è stata miracolosa, la più veloce dal 1987 ad oggi, e tuttora le intelligence internazionali – quella tedesca e quella francese, per esempio  – si chiedono come abbia fatto il nostro governo ad ottenerla così rapidamente.  Sono grata di questo sforzo importantissimo, ed è agli atti il mio ringraziamento per questo successo clamoroso del governo italiano. D’altra parte c’era piena consapevolezza che se fosse sopraggiunta una circostanza internazionale come la guerra Israele -Iran non sarei più uscita, adesso potrei essere lì …».

Inviata del quotidiano Il Foglio e di Chora Media, Cecilia Sala si è soffermata anche sui suoi post degli ultimi giorni dedicati alla gioventù iraniana: «centinaia di migliaia di ragazze che non indossano più il velo cambiano l’immagine della città, oggi a Teheran si nota. I giovani della generazione Z non hanno più nulla a che fare con i rigidi precetti e codici di abbigliamento della Repubblica islamica: basta guardarli. E la gente non sa che il 70% dei laureati nelle materie Stem in Iran sono donne, mentre per esempio in Italia sono solo il 22%. Però è chiaro che parlare per un giorno delle ragazze di Teheran non significa rinnegare tutto quello che ho sempre detto del regime: avere chiara una distinzione fra popolazione e regime, non significa certo giustificare il regime”. Anche lo scorso dicembre avevopubblicato dall’Iran alcune foto delle gallerie d’arte e della vita sociale: se non lo avessi scritto, nessuno avrebbe saputo dire che quella città era Teheran. Sull’Iran, e più in generale sul Medio Oriente avevo già in cantiere un libro quando sono partita: uscirà a breve, il prossimo settembre. E ovviamente conterrà anche il racconto della mia detenzione, non era certo un capitolo previsto ma è accaduto, e ne parlerò».

Un’ultima riflessione di Cecilia Sala è stata dedicata alla guerra Israele – Iran: per quasi mezzo secolo il mondo l’ha definita la “guerra ombra”, e adesso la stiamo vivendo. La Repubblica islamica malgrado i colpi subiti è ancora in piedi e il programma nucleare iraniano non sembra essere andato completamente distrutto. Dopo il 7 ottobre Israele ha deciso di affrontare uno per uno tutti i suoi nemici, per questo mi sento di dire che no, la guerra probabilmente non è ancora conclusa».

Di Redazione

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