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SABOTAGE…50 anni e non sentirli

DiSebastiano Accolla

Lug 10, 2025

Si è appena celebrato l’ultimo emozionante atto di Ozzy e dei fratelli Black Sabbath in terra inglese e sembra doveroso celebrare i 50 anni del sesto album in studio, a mio avviso ultimo capolavoro dell’era classica della band, concepito in un momento terribile per la band e registrato mentre il quartetto cerca di far rispettare i propri diritti economici. Il manager, Patrick Meehan jr. viene licenziato e i Sabbath per la prima volta raccontano l’avidità del loro ex impresario.
È un grido ferale e furioso, a partire dal titolo, chiaramente accusatorio.

È il 28 luglio 1975.
Esce “Sabotage” (Etichetta NEMS).
È un album che spazia tra l’opprimente doom degli esordi e l’anima più sperimentale dei lavori successivi, tra immaginazione e cruda realtà. Testi feroci, canzoni affilate, viscerali.
Black Sabbath dell’era classica, e al tempo stesso più progressivi.
Il disco è introdotto da un misto di risate inquietanti e di urla disperate, minacciose linee di basso e di synth.
Ozzy canta con una ferocia e un disprezzo mai sentiti prima, scagliandosi contro l’ex manager definendolo un “a poisoned father with his poisonous son” e questo sarà il tema dell’intero album.
Si va dal caos alla consapevolezza e all’oscurità come in “Hole in the Sky” e “Am I Going Insane? (Radio)” brano quasi pop, ma che dalla visione disturbata e distorta del mondo. Sabotage è un classico della formazione di Birmingham e dell’heavy metal in generale.
I testi di Butler si ispirano a temi ecologici ma anche apocalittici, come anche all’abuso di sostanze.
“Am I Going Insane? (Radio)” è praticamente una riflessione sulla follia e sulla solitudine.
Traccia che uscirà nel febbraio 1976 come lato A dell’unico singolo estratto da Sabotage.
Una canzone profetica, che farà poi da modello per buona parte del percorso solista di Ozzy Osbourne.
Menzioni per l’acustica ‘Don’t Start (Too Late)” e la massiccia “Symptom of the Universe”.
“The Writ” (vera e propria testimonianza cruda del problema legato alle battaglie legali della band) è poi un brano tagliente che si trasforma in una piccola suite schizofrenica.
Ma anche fantasiosi passaggi strumentali che includono xylofoni, chitarre sovraincise e persino un accenno di clavicembalo.
“Megalomania” con i suoi 9’42” è la canzone più lunga, che ci porta in un labirinto mentale dove Ozzy si esprime con un lamento folle e disperato in una realtà che scivola via.
“Symptom of the Universe” è ritenuta una delle prime canzoni trash e una delle più apprezzate dai fan dei Sabbath.
Divisa in due parti, la prima puramente heavy metal e la seconda parte più melodica ed acustica.
Composta da Tony Iommi, e il solito testo di Geezer Butler, è un brano mitologico, sul concetto di cosmo e Dio.
In sintesi, credo che questo sia un album potente e complesso, che riflette sia la creatività che le difficoltà dei Black Sabbath.
Rimane così un classico del loro repertorio e un lavoro fondamentale per la storia dell’heavy metal, una forte eredità che Ozzy, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward ci lasciano, con una nota leggera malinconica. Naturalmente in foto, la mia copia dell’epoca. Senza prezzo!!!

MUSIKANDO
Da ascoltare…da vedere e da “ricordare” Rock Never Die !!!
Sebastiano “Seba” Accolla