Parte domani da Milano, con un incontro dedicato alla sua vita e alla sua arte, il lungo omaggio per l’artista Zoran Mušič, nei vent’anni da quel 25 maggio 2005 che ha segnato la scomparsa di una voce chiave della memoria della Shoah e delle atrocità consumate nei campi di concentramento. Appuntamento domani, giovedì 20 febbraio, alle 18 nella Libreria Bocca, nel cuore di Milano – la Galleria Vittorio Emanuele II – per ritrovare, attraverso un dialogo fra la gallerista e curatrice d’arte Anna d’Ambrosio e l’artista e scrittore Massimiliano Finazzer Flory, le tappe portanti della vita e della carriera di Mušič. L’evento è progettato nell’ambito del cartellone di incontri “Un viaggio da fare 2025”, promosso dall’Assessorato alla Cultura della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia e organizzato da Fondazione Pordenonelegge: il curatore della rassegna, Massimiliano Finazzer Flory, lo ha concepito in stretto raccordo con GO! 2025, la Capitale Europea della Cultura che si appresta a dedicare a Zoran Mušič una fitta serie di percorsi espositivi: “una selezione di opere – spiega la curatrice del progetto, Nelida Nemec – che rivelerà la sua visione della figura umana e del paesaggio, magistralmente fusa in un paesaggio del corpo e un corpo del paesaggio”. GO! 2025 dedica a Zoran Mušič innanzitutto la mostra digitale in programma all’Xcenter a Nova Gorica, quindi le mostre al Castello di Dobrovo, che possiede una collezione permanente di 134 incisioni dell’artista, e a Bukovica, la città natale di Zoran Mušič. E soprattutto, dal 12 aprile, la mostra alla Galerija Lojzeta Spacala (Castello di Štanjel) legata alla detenzione a Dachau, e dal 23 maggio la Stanza di Zurigo di Mušič sarà esposta a Gorizia, negli spazi di Palazzo Attems: l’opera fu concepita dal 1949, quando Mušicˇ venne incaricato delle sorelle Charlotte e Nelly Dornacher di decorare il seminterrato della loro villa a Zollikon, nei pressi di Zurigo. L’insieme doveva costituire un esempio di “opera d’arte totale”: oltre alle pitture su intonaco, tela di lino e juta, l’artista disegnò i motivi decorativi ricamati sulle tende e sulla tovaglia che ornavano la sala. La maggior parte dei dipinti furono eseguiti direttamente sull’intonaco murario e la “stanza di Zoran” rappresenta una sorta di summa iconografica della produzione artistica di quegli anni: dai motivi dalmati di donne a cavallo col parasole, agli asinelli e cavallini nel paesaggio roccioso, al proprio autoritratto, alle vedute di Venezia con le cupole e la facciata della Basilica, Palazzo Ducale, il Bacino di San Marco.
Domani, dunque, alla Libreria Bocca si parlerà della vita e dell’opera di Mušič e la gallerista Anna d’Ambrosio, fondatrice del nuovo atelier dedicato all’arte contemporanea Amy-d arte spazio, insieme a Massimiliano Finazzer Flory porterà la sua testimonianza ricordando Mušič e ripercorrendone la sofferta ispirazione artistica. Mušič, infatti, è conosciuto soprattutto per i suoi schizzi a Dachau, più di 150 disegni che descrivono gli orrori a cui ha assistito nel campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Il primo ottobre 1944 l’artista fu arrestato a Venezia e trasportato a Trieste nel bunker del quartier generale della Gestapo in Trg Oberdan, dove fu imprigionato per 24 giorni, poi il 14 ottobre fu trasferito nelle carceri di via del Coroneo, da dove un giorno fu portato anche nel carcere della Risiera di San Sabba, ma poiché non era in lista fu riportato in prigione. Il 15 novembre fu deportato nel campo di concentramento di Dachau e vi rimase fino a metà giugno 1945. Qui creò una raccolta di strazianti testimonianze delle atrocità naziste, disegnate su piccoli pezzi di carta, di solito a matita. Lui stesso disse di aver conservato circa 35 disegni. Si trasferì quindi a Venezia nel 1945, e dal 1952 visse tra Venezia e Parigi. Era nato il 12 febbraio 1909, durante la monarchia austro-ungarica, a Bukovica (Goriška), a pochi chilometri da Gorizia. Da bambino, durante la Prima guerra mondiale, condivide la sorte di molti abitanti di Primorska costretti a fuggire come rifugiati in Stiria (Arnače, vicino a Velenje), ma alla fine della Prima guerra mondiale, nell’estate del 1919, la famiglia Mušič si trasferì a Maribor, dove Mušič completò gli studi prima di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Zagabria, dove si diplomò nel 1934.
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