“Un fante, improvvisatosi mitragliere, da questo valico per 36 ore col suo eroismo contestò il passo ed impedì l’avanzata ad un intera divisione nemica. Finché sopraffatto dal numero venne travolto e trucidato in questa cappelletta“.
Così recita, oggi, la “nuova” targa posta sulla cappella della bocchetta di S. Antonio a Canebola. Ma andò proprio così?
Siamo nel corso della “ritirata di Caporetto“, il Regio Esercito Italiano, perse tutte le linee di resistenza sull’Isonzo, avrebbe dovuto arrestare l’avanzata austro-tedesca sulle Prealpi Giulie per impedire a queste truppe di dilagare nella pianura friulana. Il IV Corpo d’Armata italiano ordinò alla 34^ Divisione del generale Basso di andare a presidiare la linea M.Carnizza – Sella Canebola – M.Joannaz.
Nelle prime ore del 27 ottobre: fanti, bersaglieri, mitraglieri, erano schierati a semicerchio intorno a Canebola. Quattromila soldati, 51 mitragliatrici e 22 pistole mitragliatrici. Verso le ore 8 del mattino un battaglione del 7° Infanterie Regiment “Khevenhüller”, circa 700 uomini con 12 mitragliatrici, dopo aver intimato invano la resa agli italiani, attaccò le posizioni di Monte Carnizza – Monte Staipa. Gli italiani erano notevolmente superiori e dunque gli imperiali vennero respinti abbastanza facilmente. La situazione cambiò di lì a poco.
A sud-est di Canebola si era aperta una voragine nello schieramento italiano. La Brigata “Vicenza”, abbandonato il M.Lupia e il M.Joannaz, decise di ritirarsi al Torre, proprio in questo settore si infiltrarono tre battaglioni della 15^ Gebirgs Brigade austriaca e il 63° Infanterie Regiment germanico. Contemporaneamente l’artiglieria da montagna asburgica aveva iniziato a bersagliare le posizioni italiane. Nel pomeriggio infuriò la battaglia, gli italiani vennero attaccati frontalmente e aggirati da sud-est. Verso l’imbrunire la linea difensiva era intaccata e non più sostenibile, la 34^ Divisione emanò l’ordine di ritirata al Torre. In questi frangenti le ultime retroguardie, squadre di mitraglieri soprattutto, si attardarono per permettere il ripiegamento al grosso dei reparti. Ore di incertezza, caos, paura, fuoco, esplosioni. Questi soldati spararono, si difesero e molti si immolarono sul posto, venendo catturati o travolti dall’avanzata degli imperiali. Nel cimitero di Canebola, nel 1920, erano sepolte 61 salme di quegli scontri; nell’Albo d’Oro dei Caduti della Grande Guerra si rintracciano oggi almeno 5 ufficiali e 58 soldati morti durante quei combattimenti del 27 ottobre.
La battaglia di Sella Canebola non è pertanto un isolato, quanto improbabile, episodio di eroismo di un fante abbandonato a se stesso, ma è la resistenza, manovrata, di una divisione di fanteria italiana, con migliaia di uomini, contro uguali forze austro-tedesche. Oggi, grazie ad approfondite ricerche negli archivi militari italiani e austriaci, è stato possibile far luce e chiarezza su questo episodio. Il “mito del mitragliere”, sfuocato e inverosimile, lascia spazio ad una storia molto più complessa, dove furono molti gli atti di valore e sacrificio, e di cui oggi si conoscono finalmente nomi e cognomi dei protagonisti.
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