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Voce del NordEst

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The Artic Circle Trail – Prima parte dal 5 al 9 Luglio

DiLuigi Ferraro

Lug 10, 2019
L’Alpino CAMMINANTE (L.F.)

di Luigi FERRARO

Venerdì 5 luglio – Impatto col ghiaccio e la vita selvaggia

Trovare l’ostello chiuso si è rivelato essere l’inizio dell’avventura. Con tre americani, stanchi di aspettare il gestore, ci siamo decisi a raggiungere il “Point 660” il limite della calotta polare a 12 km da Kangerlussuaq.

Un bus 4×4 bus ci ha scortato lungo una strada sterrata fino al limite, oltre si prosegue solo a piedi. Avevo studiato la mappa, lasciato il campo di golf abbiamo attraversato una foresta di conifere in miniatura e la collina a forma di cono chiamata Sugarloaf. Una volta sul posto il poco tempo concessoci – un’ora – è diventato infinito. Tutto si è dilatato, i minuti, l’aria, i colori, la profondità.

Stupefacente. Fiumi di acqua blu si sono trascinati lungo un paesaggio di ghiaccio che si estendeva verso l’orizzonte per quanto l’occhio poteva vedere. La calotta non è rigida, il ghiaccio è appiccicoso, come uno strato di neve incrostata. Ancora non ci credo, ho raggiunto il punto più vicino al Polo Nord. Mi mancano le parole per descrivere tanta è l’emozione. Brividi han percorso tutto il corpo e non solo per il clima ma semmai per la maestosità che il ghiaccio sprigiona. Forse dopo i giorni di cammino che mi aspettano riuscirò a ripensare a questo momento e a descriverlo compiutamente.

Un repentino cambio del tempo con vento glaciale  e nevischio mi a fatto prendere la seconda decisione del giorno anche su consiglio della guida…..di tornare a Kangerlussuaq con il mezzo (e non a piedi come avevo programmato). Mai decisione fu così azzeccata infatti per mezz’ora una bufera ha assalito la zona. L’entusiamo appena vissuto aumenta all’avvistamento, sulla via del rientro, dei primi animali artici: dei buoi muschiati al pascolo che ci osservavano guardinghi, cacciati per la loro carne gustosa e la pelliccia calda dagli Inuit locali. Passiamo accanto ai rottami di un piccolo aereo jet da guerra precipitato. Rientrati, l’ostello ora finalmente aperto così una volta cenato ci siamo sistemati ognuno in una delle quattro stanze e dato appuntamento per l’indomani.

Gli americani si fermeranno io inizierò il cammino per Sisimiut, con tutto il cibo necessario e le attrezzature di sopravvivenza per tutta la durata dell’escursione. Fuori città non c’è campo per il cellulare. Saranno lunghi giorni di solitudine e silenzio tecnologico.

Sabato 6 luglio Kangerlussuaq – Kellyville/Hundesø

Alle 07.00 dopo colazione e dopo aver salutato i ragazzi americani, carico lo zaino sulle spalle e parto. Non c’è molto lungo i dieci km di strada sterrata che porta ad un piccolo porto utilizzato per il trasporto locale. Sotto un sole cocente, più avanzavo meglio riuscivo a vedere alla mia sinistra il Sondre Stromfjord, il fiordo di Kangerlussuaq. Gli autisti dei rarissimi mezzi di passaggio alzavano la mano in segno di saluto. Arrivato al porto si è fermata una jeep con due ragazze che mi hanno invitato a salire fino a Kellyville distante 3 km. Mi sono posizionato dietro e sul breve tragitto le le presentazioni: vivono alla base e studiano l’atmosfera della Terra e l’aurora boreale. Passati enormi serbatoi di stoccaggio diesel, una volta giunti alla base ho sorriso alla vista del cartello che indicava il numero degli abitanti …ben sette! Ho avuto quindi la fortuna di conoscere un terzo della comunità in sola volta…….

Dopo i saluti riparto subito per una breve ma ripida salita alla cui sommità una roccia dipinta con un semicerchio rosso segna l’inizio ufficiale del Sentiero del Circolo Polare Artico: l’aspra natura selvaggia della Groenlandia si estende davanti a me. Dopo circa un paio d’ore ecco Hundesø, il rifugio in cui dovrei fermarmi è composto da un vecchio caravan appollaiato su una collina rocciosa che domina il lago salmastro Hundesø con una piccola capanna annessa e cadente. E’ sporco all’inverosimile quindi decido di proseguire finché me la sento, il sole non tramonterà per ore.

Ossa di renna ricoprono l’area compresi mucchi di crani, corna e zoccoli. Laghi si susseguono uno dietro l’altro, sono quasi tutti salati e infatti ho sbagliato a rifornirmi e sono rimasto senza acqua per un bel po’ fino ad arrivare al lago Qarlissuit. Renne dappertutto, infatti, ne ho perso il conto una mi ha seguito per più di un ora rincorrendomi e tagliandomi la strada più volte, credevo non mi lasciasse più, è stata comunque una cosa bellissima. Arrivato sul lago Qarlissuit pensavo di essere arrivato al punto prefissato ma così non è: mi sono dovuto inerpicare lungo una valle fino ad arrivare alla sommità di un monte dove ho constatato che mi ero perso, forse amaliato dalle renne.. Ho guardato la cartina e subito ho capito dove mi trovavo così mi sono diretto verso la piccola hut……. ho fatto il mio primo bagno nell’acqua gelida e il bucato per poi sdraiarmi a riposare….fuori il sole brucia, infatti mi sono preso già una scottatura, ma fa freddo per il vento gelido che soffia continuamente.

Domenica 7 luglio Katiffik – Canoe Centre Amitsorsuaq

E’ mattina, ricomposto lo zaino e dopo aver fatto colazione esco dalla hut: sulla spiaggia ci sono due canoe, da qui, infatti, si può raggiungere il Canoe Centre via lago con la canoa ma vista l’esperienza in Lapponia e la distanza di 20 km, decido di proseguire a piedi.

20 venti km con il lago a sinistra e la montagna a destra a segnare il percorso. Il tempo anche oggi mi assiste, l’unico neo è che soffia un vento contrario che mi costringe a rallentare notevolmente il passo e cercare di rimanere in equilibrio per non ruzzolare nel sottostante lago. Non ho fretta la sicurezza prima di tutto, quindi appena il terreno me lo permette faccio delle soste per riposare e ammirare lo spettacolo della natura che mi avvolge. Al canoe centre una vera scuola di canoa con più di venti posti letto a castello e spazio quando se ne vuole tutto a mia disposizione.. sono solo.

Lunedì 8 luglio – Canoe Centre a Ikkattooq

Ieri mi sono addormentato col rumore delle onde e con un vento che si intrufolava tra tutti i spifferi della hut. Alle 07.30 parto seguendo gli ultimi km lungo il lago: questa mattina mi sono svegliato e regnava il silenzio. Il vento è debole ma freddo e il sole splende. Dopo poco più di 12 km raggiungo il prossimo grande lago il Kangerluatsuarsuaq dove mi fermo per una breve sosta e ad asciugarmi i piedi visto che ho attraversato la prima torbiera. Tolte le scarpe… ahimé le prime due vesciche, speriamo bene. Riparto costeggiando il  lago Tasersuaq e conscio che a poco dovrò affrontare le salite più dure di tutto l’Artic Circle Trial.

Il percorso, infatti, inizia a salire docilmente fino a quando arrivano delle pendenze di tutto rispetto, si guadagna quota rapidamente, più 350 metri di dislivello. Arrivato alla sommità dell’altopiano la vista appaga lo sforzo fatto e riesco a vedere un punto rosso all’orizzonte il mio punto d’arrivo. Quando mi avvicino, sembra tutto bruciato. Leggendo sul guestbook scopro che la hut nel 2016 si è trovata in mezzo ad un incendio che ha devastato la zona e si è fortunosamente salvata. Purtroppo lavandomi scopro  che i problemi ai piedi non sono solo le due vesciche ma mi è saltata anche l’unghia del mignolo sinistro. Prendo l’acqua nel lago Ikkarlutooq e mi preparo la cena: cus cus al pomodoro.

Martedì 9 luglio Ikkattooq – Eqalugaarniarfik

Il tempo oggi non è dalla mia parte, per tutta la notte ha soffiato un forte vento che continua….. ho fatto fatica ad addormentarmi, c’è una vera e propria tempesta di vento. Dopo aver fatto una piccola colazione parto, il vento è gelido, meno male che la traccia mi porta subito a salire dei rilievi così dimentico subito il freddo. Arrivato in cima, come premio, anche oggi la natura mi da il meglio di sé:  prima un incontro con una lepre artica che ahimé ho cercato di fotografare senza riuscirci, poi delle splendide visuali sulle valli sottostanti  contornate da miriadi di laghi.

Il sentiero infine inizia a scendere nella valle sottostante in cui scorre il fiume Lakseelvi. Attraverso la valle seguendo la direzione nord ovest in un terreno acquitrinoso. Arrivato sulla sponda del  fiume decido di  non guadarlo  la corrente è troppo forte, non voglio rischiare qualche incidente, quindi mi dirigo verso monte per cercare il ponticello che descrivono le guide. Tre km di torbiere, un vero inferno con un tarlo in testa, quello di non trovare il ponte ma per mia fortuna così non è. Attraversatolo il percorso mi porta a salire un crinale roccioso, aggiratolo, finalmente la hut di Eqalugaarniarfik in posizione dominante sul fiordo di Maligiaq.

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