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Yngwie Malmsteen live tour castello di Udine 25/06/24

DiAlPontelli

Giu 26, 2024

Il leggendario chitarrista svedese Yngwie J. Malmsteen, considerato uno dei più influenti chitarristi di sempre, capace di rivoluzionare all’inizio degli anni 80, da giovanissimo, l’heavy metal, coniugando la musica classica al rock cosi detto “duro”, si presenta per la prima volta in quel di Udine nella splendida cornice del castello cittadino per presentare il suo tour, Performs his greatest hits, che è iniziato nel 2023 negli Stati Uniti e che lo ha portato in giro per il mondo e che qui in Italia farà altre due sole tappe al centro e sud Italia.
Mago della sei corde, schivo, controverso e a tratti difficile da gestire come tutti i geni, amato, odiato, probabilmente invidiato dai suoi colleghi, temuto dai suoi musicisti (famose anni fa le liti con annessi licenziamenti in tronco di un paio di cantanti, secondo lui non all’altezza…), sicuramente un personaggio unico, amante delle automobili Ferrari (ne possiede 4..) e della musica classica, tanto da aver chiamato suo figlio Antonio in onore del compositore Vivaldi. Dispotico, estremo, egocentrico sul palco ma anche spontaneo, e guascone quando non viene disturbato a suo dire da domande stupide e ripetitive ( abbandonò una intervista alla BBC, perché un loro inviato gli chiese cosa ne pensava della musica techno..).


Assistere allo spettacolo di Yngwie non è certamente una cosa da tutti i giorni.
61 anni da compiere tra pochi giorni, di cui almeno 42 spesi a calcare i palchi di tutto il mondo, da quando, 19 enne, spedì dalla sua Svezia una audiocassetta con registrati alcuni suoi brani di chitarra elettrica ad un certo Mike Varney, scopritore di talenti della sei corde e fondatore della Shrapnel records, etichetta fondamentale per qualsiasi amante della sei corde estrema. Mike lo invitò subito negli Stati Uniti e da li parti la sua carriera prima con la band Steeler di Ron Keel e poi successivamente con gli Alcatraz.
La sua longeva carriera solista iniziò poco dopo, nel 1984 con il botto, con l’ album Rising force, considerato una pietra miliare per i chitarristi di tutto il mondo, per proseguire nel 1985 con l’altrettanto fortunato Marching out e poi con Trilogy del 1986 e via via i vari Odissey, Eclipse, Fire and ice
In questo tour Yngwie ripercorre un po’ tutta la sua carriera con una scaletta che prevede 23/24 brani compresi i bis.
Il pubblico è numeroso, almeno la metà sono chitarristi o musicisti giunti da tutto il Friuli, Veneto, Emilia, Lombardia e dalle vicine Austria e Slovenia.

Lo spettacolo inizia come al solito con un po’ di ritardo, per il rituale e breve sound check e poi ecco uscire la band: formazione tipo con batteria, basso, tastierista /cantante e poi subito dopo, con sullo sfondo un autentico muro di amplificatori Marshall, ecco che arriva, molto carico e anche dimagrito e tirato a lucido Yngwie, armato della sua fedele Fender stratocaster bianco antico.
Subito una cascata di note ci fa capire che si fa sul serio.
Malmsteen ha voglia di suonare e di far vedere che nel suo genere neoclassico è ancora il numero uno indiscusso, carica la folla e la invita ad alzarsi dalle sedie e di avvicinarsi al palco. E’ una bolgia. Rising force, Top down foot down, Into the Valhalla, Baroque n’roll si susseguono con la band che supporta l’istrionico Yngwie che inevitabilmente si prende tutta la scena con scale armoniche minori, arpeggi, scale diminuite, ostinati al fulmicotone.

Il Paganini della sei corde è una animale da palcoscenico, i brani non danno tregua Parabellum, Wolves at the door e poi le continue citazioni a Paganini e alla musica classica, suo indiscusso amore. Ottima la voce del tastierista che si alterna con Malmsteen sui brani cantati. La sezione ritmica fa il suo senza infamia ne lode, onesti professionisti. Unica nota dolente se vogliamo è il service, non proprio all’altezza.
Far beyond the sun, Trilogy, Black star fanno letteralmente impazzire i suoi fan e lui si esalta regalando virtuosismi a non finire facendo roteare la chitarra, suonando alcuni passaggi con i denti per scatenare sempre di più i deliranti fan. Smoke on the water è un dovuto omaggio ai Deep Purple e al suo mentore d’infanzia tale Ritche Blackmore…c’è spazio anche per il suo guitar solo, anche se praticamente tutto il concerto è un suo guitar solo…. e poi dopo un altro paio di brani e un noioso drum solo si parte con i bis, ben tre, con il pubblico in delirio che invoca a gran voce Malmsteen che regolarmente si ripresenta sul palco con la fedele Fender e il resto della band e delizia ancora con la sua funambolica tecnica la platea. Heaven tonight del 1988 fortunata hit è il brano finale della serata che si conclude dopo circa un ora e 45 minuti tra le urla dei discepoli del Dio vichingo della sei corde e gli inchini e i ringraziamenti del talento svedese, da anni residente a Los Angeles.
In conclusione una serata decisamente da ricordare con un Malmsteen in ottima forma e molto meno schivo rispetto al passato, padrone assoluto del palcoscenico e consapevole del suo talento e del suo carisma.

Viva Yngwie ,lunga vita a Malmsteen e alla sua inseparabile Fender stratocaster.

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